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Il Decadentismo
ebbe origine in Francia e
si sviluppò in Europa tra gli anni Ottanta dell'Ottocento e il primo decennio
del Novecento. Trova un corrispettivo nella corrente artistico-architettonica che prese nomi diversi
a seconda del paese in cui fiorì: Liberty in Italia, Art Nouveau in Francia, Jugendstil in Germania. Il Decadentismo
rappresenta una reazione decisa agli aspetti ideologici, morali e letterari del
Positivismo. Fu l'esasperazione di una delle due tendenze del Romanticismo,
quella rivolta alla contemplazione di un mondo di mistero e di sogno,
all'espressione di un soggettivismo estremo, mentre il realismo e il verismo ne
avevano sviluppato la tendenza oggettiva.
Il termine "decadente" ebbe, in origine, un senso negativo; fu infatti rivolto
contro alcuni poeti che esprimevano lo smarrimento delle coscienze e la crisi
di valori di fine Ottocento, sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai
conflitti di classe, da un progressivo scatenarsi degli imperialismi, dal
decadere dei più nobili ideali romantici. Questi poeti avvertirono il
fallimento del sogno più ambizioso del Positivismo: la persuasione che la
scienza, distruggendo le "superstizioni" religiose, sarebbe riuscita a dare una
spiegazione razionale ed esauriente del mistero della vita e avrebbe posto i
fondamenti di una migliore convivenza degli uomini.
Il Decadentismo fu, prima di tutto, uno stato d'animo di perplessità smarrita,
un sentimento di crisi esistenziale, che si è venuto progressivamente approfondendo
nella prima metà del nostro secolo, travagliata da tragiche esperienze di
guerre, dittature, rivoluzioni, e anche da scoperte scientifiche sconvolgenti.
Due sono gli aspetti fondamentali della spiritualità decadentista: il
sentimento della realtà come mistero e la scoperta di una nuova dimensione
nello spirito umano, quella cioè, dell'inconscio, dell'istinto, concepita come
anteriore e sostanzialmente superiore alla razionalità.
La nuova spiritualità si riallaccia a due motivi essenziali del Romanticismo:
il sentimento ossessivo del mistero e l'irrazionalismo. La ragione è
decisamente ripudiata non più in nome del sentimento, ma del disfrenarsi delle
forze oscure del subcosciente. In riferimento alla componente irrazionale del
comportamento umano, Henri Bergson concepì il tempo non come unità di misura
dello scorrere dei fatti ma come dimensione soggettiva e psichica, e Friedrich
Nietzsche diede risalto a quanto vi è di cieco, irrazionale, animale nel
comportamento umano.
Questa visione del mondo produce nell'arte una rivoluzione radicale, nel
contenuto e nelle forme, che potremmo riassumere nei termini di simbolismo e
misticismo estetico.
La poetica del Decadentismo
Ammessa l'impossibilità di
conoscere la realtà vera mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, il
decadente pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere di intuizione
irrazionale e immediata possa attingere il mistero, esprimere le rivelazioni
dell'ignoto. Essa diviene dunque la più alta forma di conoscenza, l'atto vitale
più importante; deve cogliere le arcane analogie che legano le cose, scoprire
la realtà che si nasconde dietro le loro effimere apparenze, esprimere i
presentimenti che affiorano dal fondo dell'anima. Per questo è concepita come
pura illuminazione. Non rappresenta più immagini o sentimenti concreti,
rinuncia al racconto, alla proclamazione di ideali; la parola non è usata come
elemento del discorso logico, ma per l'impressione intima che suscita, per la
sua virtù evocativa e suggestiva.
Nasce così la poesia del frammento rapido e illuminante, denso, spesso, di una
molteplicità di significati simbolici.
La nuova poesia non si rivolge all'intelletto o al sentimento del lettore, ma
alla profondità del suo inconscio, lo invita non a una lettura, ma a una
partecipazione vitale immediata. Essa si propone di darci una consapevolezza
più profonda del mistero.
Da questi principi sono nate molte mode letterarie e anche di costume, a
cominciare dal simbolismo (rappresentato, ad esempio, dal Pascoli, espressione più conseguente e radicale
della nuova poetica), per continuare con l'estetismo(rappresentato, ad esempio,
dal D'Annunzio); difatti il decadentismo ha
aspirazioni aristocratiche, che si esprimono nel gusto estetizzante. Sul piano
artistico l'estetismo si traduce nella ricerca di raffinatezza esasperata ed
estenuata. L'idea della superiorità assoluta dell'esperienza estetica induce
l'artista a tentare di trasformare la vita stessa in opera d'arte, dedicandosi
al culto della bellezza in assoluta libertà materiale e spirituale, in polemica
contrapposizione con la volgarità del mondo borghese La svalutazione della moralità
e della razionalità, portarono, tra l'altro, ai vari miti del superuomo
Il decadentismo in Italia
In Italia, dove la trasformazione economica in senso capitalistico avvenne in
ritardo e in modo repentino, il Decadentismo non assunse il carattere radicale
e dirompente che ebbe nella vicina Francia. Diversa è soprattutto la concezione
della figura del poeta, il quale mantiene una funzione di guida culturale della
società, al contrario di quanto avviene in Francia, dove si riconosce
nell'isolamento la condizione del poeta, costretto ai margini di una società
che non gli permette di vivere. Esemplare è la figura di D'Annunzio, poeta e letterato, ma anche uomo
pubblico e straordinario precursore della moderna società dello spettacolo, che
si atteggia a vate e condottiero degli spiriti più nobili e arditi della
nazione. D'Annunzio crea il mito di se stesso,
l'intellettuale più celebre e chiacchierato dell'epoca in Italia. Tenne conto
con grande tempismo delle esperienze letterarie straniere contemporanee. La sua
poesia divenne in breve il modello di riferimento (sia in positivo che in
negativo) della generazione di poeti contemporanea e di quella successiva. La
sua sensibilità straordinaria investe il mondo dei sentimenti, quello della
natura e quello dell'arte, e la sua affascinante scrittura, ricca e suggestiva,
ne costituisce la più appropriata traduzione in termini letterari.
I maggiori scrittori decadenti furono, oltre a D'Annunzio, Pascoli e Fogazzaro. In particolare Pascoli possiede una sensibilità che gli
permette di entrare in contatto con il mondo che egli canta senza mediazioni
razionali o intellettuali, e la sua poesia rende conto di questa magica
sintonia. Lo fa con termini molto precisi, anche di uso comune, con versi
spezzati e interrotti, con una ricerca sul suono che vuole ridare la
suggestione degli oggetti di tutti i giorni e degli ambienti modesti che sono
la base della sua ispirazione.
Quindi la rottura col Positivismo è già sancita dallo sviluppo delle poetiche
decadenti e dall'opera sopra citata di Pascoli e D'Annunzio, ma c'è da dire che è proprio
all'inizio del secolo che l'offensiva contro la cultura che aveva dominato la
scena fino alla seconda metà dell'Ottocento si fa esplicita e imponente. La
nuova mappa dell'uomo contemporaneo, non più padrone di se stesso e del mondo
ma condizionato da quell'insieme di elementi che Freud, negli stessi anni,
veniva definendo come inconscio, è stata consegnata alla nostra letteratura
dall'opera geniale di Svevo e Pirandello.
Il decadentismo in Europa
I primi decadenti francesi (ricordiamo Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, incarnazione del "poeta
maledetto" che tradusse nelle sue forme più estreme l'opposizione alla società
circostante, Stephane Mallarmè) iniziano la discesa nei gorghi profondi e
inesplorati della psiche umana e svalutano la realtà oggettiva, dissolvendola
nelle intuizioni immediate o rivelazioni dell'inconscio. Un'opera in
particolare aveva suscitato grande scandalo in Francia a metà Ottocento: "I fiori del male" di Charles Baudelaire.
E' una rivolta antirealistica, che rifiuta gli aspetti oggettivi e quotidiani
dell'esistenza; nello stesso tempo esalta l'io soggettivo, creatore, nell'arte,
di quelle evasioni, di quei paradisi artificiali che ci consentono di sfuggire
alla miseria della condizione umana, e celebra l'abbandono alla suggestione dei
sensi all'istinto.
Per quanto riguarda il vasto e complesso panorama della letteratura straniera
dei primi decenni del Novecento emerge, per l'ambito culturale a cui
appartiene, per la particolarità dei temi trattati e per l'originalità delle
sue creazioni allusive e simboliche, l'opera di Kafka, testimonianza tra le più sofferte della
condizione esistenziale di solitudine e di angoscia dell'uomo moderno.
Nell'analisi della letteratura in lingua inglese occorre soffermarsi invece
sull'opera di Joyce, che ha avuto un ruolo rivoluzionario
nella letteratura novecentesca, diventando il simbolo del romanzo del Novecento
per l'adozione di nuove tecniche di racconto capaci di portare alla luce i
meandri più oscuri delle coscienze e di dar voce alla complessa e caotica
realtà del mondo interiore.
GIOVANNI PASCOLI |
LA VITA
Nasce a S.Mauro di Romagna nel 1955. Nel '62 entra nel collegio dei padri
Scolopi a Urbino, dove rimane fino al '71. E' il quarto di otto fratelli e il
padre è l'amministratore della tenuta "La Torre" dei principi Torlonia. Nel '67
accade l'episodio che segna indelebilmente la sensibilità del piccolo Pascoli:
viene assassinato il padre da ignoti, mentre ritorna a casa . Non si seppe mai
chi fu l'assassino, ma il Pascoli crede di individuarlo nell'amministratore che
successe a suo padre nell'amministrazione della tenuta dei Torlonia e nella sua
poesia lo rappresenta come il "cuculo", uccello che non si crea il suo nido, ma
che occupa quello degli altri. L'anno seguente muore una sorella, poi, di
seguito, la madre e due fratelli. La morte della madre viene considerata dal
Pascoli la tragedia maggiore, perché viene meno il nucleo familiare, il "nido".
D'ora in poi il suo proposito sarà sempre di riformare il nido originario.
Questa precoce esperienza di dolore e di morte sconvolge profondamente l'anima
del Pascoli; rimane una ferita non chiusa, che si traduce in un senso sgomento
del destino tragico e inesplicabile dell'uomo, e segna il crollo di un mondo
d'innocenza e di infanzia serena a cui sempre il poeta aspirerà con immutata
nostalgia. Nel '73 il Pascoli vince una borsa di studio all'università di
Bologna, dove si iscrive alla facoltà di lettere. Il periodo bolognese lo mette
in contatto con il movimento anarchico e si avvicina così agli ideali
socialisti. Aderisce all' Internazionale e inizia a frequentare Andrea Costa,
capo dell'anarchismo romagnolo. Nel '79, in seguito a dimostrazioni connesse
all' attentato dell'anarchico Passannante contro il re Umberto I, subisce
alcuni mesi di carcere preventivo; quando vi esce riprende gli studi e da
questo momento in poi non si occuperà più di politica, essendone rimasto
evidentemente spaventato. Non è più un ribelle, ma un uomo che china il capo
davanti all'oscuro destino. L'unico rimedio al male gli appare ora la pietà e
l'amore fraterno fra gli uomini, solo conforto al mistero insondabile della
vita. Nello stesso tempo, nasce in lui l'ideale di ricostruire il proprio
focolare domestico, con le due sorelle superstiti, Ida e Maria, di ritrovare
così nella quiete appartata e nell'intimità degli affetti la pace. Laureatosi
nell'82, ottiene una cattedra presso il liceo di Matera, Massa e Livorno. Nel
frattempo, per più anni, partecipa a concorsi di poesia latina ad Amsterdam,
vincendoli. Lo troviamo presso varie università: a Bologna, dove inizialmente
insegna latino e greco, a Messina ed infine, nel 1906, succede al Carducci
nella cattedra di letteratura italiana all'università di Bologna, dove muore
nel 1912. Viene sepolto a Castelvecchio, in una casa di campagna che dal '95
era stata il suo rifugio più caro insieme alle sorelle.
LA POETICA
Il carattere dominante della poesia del Pascoli è costituito dall'evasione
della realtà per rifugiarsi nel mondo dell'infanzia, un mondo rassicurante,
dove l'individuo si sente isolato ma tranquillo rispetto ad una realtà che non
capisce e quindi teme.
Il Pascoli esprime questa sua poetica in uno scritto che intitola "Il
fanciullino". Egli afferma che in tutti noi c'è un fanciullo che durante
l'infanzia fa sentire la sua voce, che si confonde con la nostra, mentre in età
adulta la lotta per la vita impedisce di sentire la voce del fanciullo, per cui
il momento veramente poetico è in definitiva quello dell'infanzia. Di fatti il
fanciullo vede tutto per la prima volta, quindi con meraviglia; scopre la
poesia che c'è nelle cose, queste stesse gli rivelano il loro sorriso, le loro
lacrime, per cui il poeta non ha bisogno di creare nulla di nuovo, ma scopre
quello che già c'è in natura. Il fanciullino è quello che parla alle bestie,
agli alberi, alle nuvole e scopre le relazioni più ingegnose che vi sono tra le
cose, ride e piange per ciò che sfugge ai nostri sensi, al nostro intelletto.
La poesia si presenta quindi con un carattere non razionale, ma intuitivo e
alogico. L'atteggiamento del fanciullo gli permette di penetrare nel mistero
della realtà, mistero colto non attraverso la logica, ma attraverso l'intuizione
ed espresso con linguaggio non razionale ma fondato sull'analogia e sul
simbolo. La funzione del simbolo è proprio quella di far comprendere il senso
riposto nella realtà, per mezzo di collegamenti apparentemente logici fra
oggetti diversi, attraverso l'associazione di colori, profumi, suoni di cui si
può percepire la misteriosa affinità, attraverso la scelta delle parole non per
il loro significato concreto ed oggettivo, ma per le suggestioni che sono in
grado di evocare. La poesia quindi può avere una grande utilità morale e
sociale; il sentimento poetico che è in tutti gli uomini gli fa sentire
fratelli nel comune dolore, pronti a deporre gli odi e le guerre, a corrersi
incontro ed abbracciarsi. Da un lato egli concepisce la poesia come ispiratrice
di amore umano, le assegna il compito di rendere gli uomini più buoni, ma il
poeta non deve proporselo come fine, perché non è un oratore o un predicatore,
ma ha unicamente il dono di pronunciare la parola nella quale tutti gli altri
uomini si riconoscono. In definitiva il poeta è l'individuo abbastanza
eccezionale che, pur essendo cresciuto, riesce ancora a dare voce al quel
fanciullo che c'è in ogni uomo.
La situazione tipica della poesia pascoliana è quella del poeta solitario,
immerso nella campagna vasta e silenziosa ed inteso a descrivere le rivelazioni
delle cose. Di fatti gli eventi tragici della vita del Pascoli ne condizionano
la vita stessa ed anche la poesia, creando vari miti; tra questi vediamo il
"nido", che rappresenta la famiglia , che lo preserva dalla vita violenta e
difficile da affrontare, solo nel nido può trovare tranquillità e serenità. Al
di là del nido troviamo la "siepe", che recinge uno spazio che dà autarchia.
Con il mito della siepe il Pascoli rappresenta la situazione o il desiderio
della piccola borghesia contadina che mira ad una vita indipendente
dall'esterno e quindi autarchica. Oltre la siepe vi troviamo il "campo santo":
una strada dritta porta dal podere al campo santo, ove giacciono i morti,
presenze costanti nella vita del Pascoli e che ritornano continuamente
confondendosi con i vivi. A questi tre elementi di fondo il Pascoli circoscrive
tutta quanta la sua esistenza.
IL LINGUAGGIO
Fu completamente nuovo, soprattutto per la letteratura italiana, in cui
persiste ancora la tradizione classica. Qui la frase si spezza; il soggetto è
spesso da solo, senza bisogno di un verbo che lo specifichi. Il tutto è
affidato a parole che riproducono suoni (frequentissime sono le onomatopee)
oppure a immagini che evocano sentimenti. Possiamo quindi definirlo un
linguaggio completamente innovativo nella letteratura italiana, che nel Pascoli
forse è più intuitivo che non una semplice imitazione del Decadentismo; è
qualcosa di istintivo, che risponde perfettamente al suo modo di esprimersi e
alla sua visione della vita. Possiamo definirlo inoltre un linguaggio
pittorico: si affida molto al colore, come anche alla musicalità e unendo
queste due componenti realizza spesso delle sinestesie (mescolando sensazioni
che provengono da sensi diversi).
Il Pascoli influisce fortemente sulla letteratura italiana proprio per la
particolare innovazione del linguaggio. Mentre D'Annunzio influisce molto con
la sua esperienza personale, quindi sul costume italiano, il Pascoli è un
importante innovatore del linguaggio poetico.
CHARLES BAUDELAIRE |
LA VITA
Ebbe un'infanzia difficile, segnata dalla morte del padre e dall'insofferenza
per il patrigno. Difatti la madre Caroline, rimasta vedova, espande sul figlio
tutta al sua ricchezza affettiva. Ma neppure due anni più tardi Caroline si
risposa con Aupick, un ufficiale ben avviato nella carriera. Baudelaire non
perdonerà mai alla madre questo tradimento e da allora il rapporto tra i due
diventa tormentoso, nutrito dagli impulsi di vendetta del figlio, che non
dissocia più l'amore dal bisogno di farla soffrire e dai lamenti e rimproveri
di lei che al figlio sono altrettanto necessari. Rimasta vedova del secondo
marito si ritira a Honfleur, ma è troppo tardi per eliminare i veleni
accumulatisi nell'animo del figlio. Questi si rifugia qualche volta da lei, ma
ne riparte annoiato e irritato. Aupick è l'avversario di Baudelaire. Ogni suo
provvedimento educativo è accolto come una punizione intollerabile. La
vocazione poetica, che si manifestò precocemente, fu avversata dai genitori, i
quali, per sottrarlo alla vita disordinata che conduceva, nel 1841 lo indussero
a compiere un viaggio in India, dal quale il giovane Baudelaire fece ritorno
ancor prima di essere giunto a destinazione. Riprese allora la sua vita di
dandy ed esteta, sperimentando i "paradisi artificiali" dell'hashish,
dell'oppio e dell'alcool, insidiosi rimedi al tedio e alla frustrazione,
procurandosi fama di eccentrico e immorale e dissipando ben presto il
patrimonio paterno, cui aveva avuto accesso con la maggiore età. Questo periodo
di libertà assoluta e di ricerca del piacere coincise con una fase creativa
estremamente feconda, da cui nacquero le sue poesie più celebrate. Costretto
dalle preoccupazioni finanziarie, intraprese l'attività giornalistica. Il
riconoscimento della sua abilità di scrittore, giunse nel 1848, quando furono
pubblicate le traduzioni di opere di Edgar Allan Poe, scrittore con il quale
Baudelaire condivideva una profondo inquietudine.
Nel giugno del 1857 egli fece pubblicare la raccolta "I fiori del male", che affiancava inediti a
poesie già comparse in riviste. In agosto l'opera fu sequestrata e all'autore
fu intentato un processo per oltraggio alla morale pubblica; il pubblico
ministero comminò a Baudelaire una pena pecuniaria e ordinò la soppressione di
sei componimenti, che furono riabilitati solo nel 1949. Dopo lo scandalo,
continuò a pubblicare sulle riviste testi critici e traduzioni di Poe, a cui si
aggiunsero dei poemetti che sarebbero stati pubblicati con il titolo "Lo spleen
di Parigi" e con i quali l'autore riprendeva i temi e i motivi de "I fiori del
male". Nel 1866, colpito da un attacco di paralisi morì a Parigi. Il lavoro di
Baudelaire rimaneva in gran parte disseminato in giornali e riviste fino a
quando, morto il poeta, Lèvy non acquistò all'incanto i diritti su tutta la sua
opera e provvide a ordinarla in sette volumi.
Il poeta francese è un personaggio unico nella letteratura europea per la
complessità psicologica e artistica. Per l'esperienza esistenziale rappresenta
l'esponente più tipico del "maledettismo" simbolista. Nell'opera poetica
Baudelaire analizza il male fisico e psicologico, mettendo a nudo il profondo
sentimento di disperazione che incombe sull'uomo e sul poeta. La poesia di
Baudelaire colpisce prima di tutto per la purezza e l'intensità delle emozioni,
tanto più sorprendenti in quanto nascono da un doppio ordine di degradazioni: il
primo è quello della natura colpevole, il secondo quello della realtà decaduta.
Egli vive la città e la propria amarezza con solitudine e introversione:
emozioni pure e intense perchè il poeta vive acutamente nel mondo essendone
allo stesso tempo dissociato. Per Baudelaire l'infinito è una promanazione
dello stesso finito e viene reclamato dalla forza stessa del limite, vissuto
fino in fondo dall'uomo e accettato dall'artista. Dopo l'opera di Baudelaire
l'uomo non può più ignorare di trovarsi in preda all'arbitrio di una legge
vacante dissimulata dalla menzogna e dalla violenza.
"Spleen" è una parola inglese che significa milza, l'organo che, nella teoria
degli umori di Ippocrate, secerne la bile nera, responsabile del carattere
malinconico. Lo "spleen" è male esistenziale e fisico assieme; in esso si
fondono la noia, l'angoscia e i turbamenti profondi del poeta. Per Baudelaire
il centro da cui si irradia l'angoscia è la città moderna con la sua folla
rumorosa, con l'alienazione metropolitana; tra le cose esistono corrispondenze
che solo il poeta può cogliere nel frastuono cittadino, per cui svelare il
segreto messaggio delle cose rappresenta l'unica salvezza al grigiore del
vivere quotidiano. Gli scritti su Poe ceh avevano tradotto criticamente
l'emozione della scoperta e accompagnato lo splendido lavoro della traduzione,
mostravano quanta coerenza ci fosse nella acquisizione spontanea e ideologica
delle ragioni dell'arte moderna. Anche gli scritti che aveva pubblicato su tema
degli stupefacenti, perdevano, una volta riuniti nei "Paradisi artificiali",
ogni eccentricità e rientravano in una acuta e grave filosofia, insistente
sulla contesa tra natura e spirito, tra finito e infinito.
Visto nel suo insieme l'opera di Baudelaire s'impone come quella di uno scrittore
dotato di eccezionale organicità che paradossalmente aveva lavorato in modo
disorganico sulla spinta delle poche e disuguali opportunità che gli venivano
offerte.
"I fiori
del male"
Capolavoro di Baudelaire, la raccolta poetica reca fin dal titolo il segno di
un'estetica nuova, moderna in cui, grazie alla poesia, le realtà più banali o
volgari della natura e della carne (il male), possono acquistare bellezza ed
elevarsi al sublime (i fiori). L'opera allude ad una sorta di romanticismo
negativo, dove il poeta sperimenta dolorosamente la condizione dell'individuo
moderno costretto a sopravvivere in un mondo privo di ideali. Non più vate
capace di dare voce alle esigenze comuni, il poeta diventa un solitario, un
emarginato destinato ad esprimere la propria angoscia attraverso il rigore
formale, pur continuando a sognare un'irraggiungibile bellezza. Si crea così
una scissione tra vita, groviglio impazzito di eventi meschini e casuali, e
arte, estremo rifugio dall'abiezione della realtà per un mondo di forme
perfette e autosufficienti. Baudelaire enuncia con estrema lucidità la sua
poetica negativa. L'uomo è irrimediabilmente preda di istinti abietti, di
desideri inconfessabili, di comportamenti ipocriti. Lo stesso dolore non ha
nulla di nobile, perché è l'effetto di un ineliminabile senso di colpa. Non c'è
salvezza quindi se non nel rigore delle forme, unica perfezione e bellezza a
cui il poeta può aspirare.
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