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IL CONTESTO STORICO TRA RIVOLUZIONE E RESTAURAZIONE
La rivoluzione esportata
L'ostilità dei sovrani europei alla rivoluzione esplosa in Francia portò alla formazione di una coalizione antifrancese che comprendeva quasi tutti gli stati europei. Il governo francese reagì creando un esercito molto numeroso e mosso dalla convinzione di combattere per gli ideali rivoluzionari.
Le vicende interne alla Francia trasformarono la guerra rivoluzionaria in guerra di conquista. Il generale Napoleone Bonaparte decise, scavalcando il governo, di firmare la pace con l'Austria, sottolineando la volontà espansionistica della Francia.
Nonostante ciò le armate francesi portarono svolte positive nella società e nella politica. In Italia le varie repubbliche portarono al governo la borghesia, che costituì un nuovo ceto politico che avrebbe guidato il paese. L'Italia poteva dirsi libera, ma i francesi la consideravano solo come terra di sfruttamento e di conquista.
Con il colpo di Stato del 1799, Napoleone trasformò la repubblica rivoluzionaria in un Impero. La stabilità interna consentì a Napoleone di espandere il suo dominio in Europa fino al 1807. L'anno successivo iniziò però il declino, fino alla sconfitta riportata nella campagna di Russia.
Nel 1814 Napoleone abdicò e si ritirò nell'isola d'Elba, mentre in Francia il Congresso di Vienna era riunito per dare un nuovo aspetto all'Europa. Napoleone, scappato, riuscì a riprendere potere in Francia per soli 100 giorni. Nel 1815 fu sconfitto definitivamente e inviato nell'isola di Sant'Elena.
Con la conclusione del congresso di Vienna cominciò l'età della restaurazione, con il ritorno al potere delle famiglie dinastiche europee.
Era impossibile però tornare a prima della rivoluzione, in quanto la rivoluzione aveva modificato la società diffondendo l'idea della sovranità popolare e dell'uguaglianza.
L'evoluzione del pensiero filosofico tra Illuminismo e Preromanticismo
Nel periodo a cavallo tra 700 e 800 si intrecciano tendenze molto diverse. Lo stesso Illuminismo era stato un fenomeno a più facce, dove alla fiducia alla ragione si affiancava la scoperta del sentimento. Questi erano gli aspetti sui quali si poggiava la nascente borghesia europea.
È l'illuminismo a determinare l'estetica in senso moderno. Nel corso del secolo all'idea che l'arte debba soddisfare sia bellezza che verità, si affianca una maggiore attenzione al concetto di piacere.
Secondo Edmund Burke, in base all'estetica del sublime, lo scopo dell'arte è suscitare emozioni violente. L'artista deve essere perciò un genio a cui sono richiesti entusiasmo e fantasia.
A sottolineare i rapporti tra l'Illuminismo ed il pensiero di fine 700 sono significativi i pensieri di Herder. Egli fu autore di due importanti saggi con i quali delinea una nuova concezione della storia.
Anche Herder era dell'idea che la storia sia caratterizzata da un'evoluzione, ma non crede che questa segua principi razionali: secondo lui la storia è la realizzazione di un ordine superiore; egli sostituisce alla ragione illuministica la fede in Dio. Quando Herder parla del genere umano dimostra una sensibilità pienamente romantica.
Un altro elemento di continuità con il periodo precedente è la difficoltà a separare filosofia, arte e letteratura. Infatti la biografia di Herder mostra i vari interessi dell'autore, che divenne il principale teorico del Preromanticismo.
Parallelamente al prevalere dell'idea di sublime, già dalla metà del 700 in Inghilterra, aveva cominciato a svilupparsi una lirica fondata su una visiona malinconica della realtà e caratterizzata da riflessioni sulla morte. Questo movimento prese il nome di ossianesimo. Autori inglesi del periodo furono Macpherson, Young e Gray. In Italia l'ossianesimo si diffonde grazie alle traduzioni dei testi inglesi, ma a darne l'interpretazione più originale sono Alfieri e Foscolo.
Contemporaneamente in Germania si sviluppava il movimento Sturm und Drang che mise in discussione l'ottimismo dell'Illuminismo. I maggiori esponenti furono Schiller e Goethe.
Il classicismo rappresentò l'elemento dominante dell'esperienza letteraria e artistica. Questo modello tradizionale si arricchisce però di esperienze nuove, contribuendo all'affermarsi nel Neoclassicismo.
Per un intellettuale di quel periodo il classicismo rappresenta l'arte in assoluto come unico patrimonio di cultura. L'arte classica non è soltanto l'arte dell'antichità, ma il principio capace di portare alla perfezione la natura umana e la sua espressione artistica. In questo senso il gusto neoclassico si presenta come gusto moderno, in quanto eternamente attuale.
I fondamenti dell'estetica neoclassica si devono allo storico tedesco Winckelmann, il quale pone la Grazia come supremo ideale estetico, per rappresentare i sentimenti in modo armonico ed elevato.
Intellettuali e potere nell'Italia napoleonica
Soprattutto in Italia il quadro culturale dell'età napoleonica è legato agli eventi storici. L'Italia subisce profondi sconvolgimenti dagli eventi europei, che fanno di questo periodo uno dei più significativi per la formazione della cultura italiana moderna.
La Rivoluzione mette in crisi l'idea che si potesse rinnovare la società senza eliminare la vecchia gerarchia, e cessa l'attività dei sovrani assoluti.
Ne consegue un distacco tra gli intellettuali e l'autorità politica; questo distacco ebbe 2 forme principali:
Da una parte ci sono coloro che sviluppano gli insegnamenti illuministici in senso democratico: sono i politici e gli intellettuali giacobini che fecero le basi della società napoleonica.
Dal punto di vista organizzativo essi sono affiliati alle logge massoniche, portatori di idee di libertà e indipendenza, come Filippo Buonarroti.
Dall'altra parte vi sono coloro che sviluppano la critica contro gli aspetti reazionari dell'assolutismo. Essi esprimono forti critiche anche contro l'esperienza politica delle repubbliche democratico-giacobine.
A questo proposito è significativa l'esperienza di Vincenzo Cuoco, un intellettuale formatosi sui testi illuministici, ma approdato ad una critica dell'astrattismo politico. Egli infatti crede che per avere successo con una rivoluziona bisogna coinvolgere il popolo, e perciò smuoversi su ciò di cui la gente ha bisogno.
La crisi dei valori illuministici e le specificità della società si sono riflessi sull'attività letteraria: accanto ai temi illuministici si fanno strada quelli misteriosi della notte e del mistero.
Sulla questione della lingua si fanno strada posizioni più moderate rispetto ai decenni precedenti: Cesarotti sostiene, ad esempio, la necessità di mediare tra le novità e i modelli letterali perché nessuna lingua è perfetta.
Egli propone una soluzione concreta al problema di definizione di una lingua nazionale: la creazione di un Consiglio nazionale di letterati italiani per discutere della questione.
Nel domini napoleonico però, l'italiano viene contaminato dal francese, e a questo reagiscono i puristi, i quali, guidati da Cesari, propongono un ritorno alla lingua del 300. più moderata è la reazione dei classicisti guidati da Monti che propongono una lingua aristocratica ma aperta alle innovazioni.
L'Italia che fino al 16 secolo era stata divisa in staterelli dominati dalle altre nazioni comincia ad essere un'entità intellettuale nella quale si riconosce gran parte degli studiosi. Il concetto di nazione nasce dall'insieme della storia, della lingua e della cultura.
I grandi autori del 700 Parini, Alfieri, Foscolo propongono una letteratura civilmente impegnata che auspica l'unità della penisola. Questa letteratura precede la nascita della nazione come organismo politico, e perciò si spiegano i tratti astratti della prima fase del nazionalismo letterario.
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