I Promessi Sposi
Riassunto dei capitoli 13, 14, 15
Il vicario aveva cominciato
a sentire le conseguenze della sommossa. Sulla sua tavola non era arrivato il
pane fresco e lui stava facendo una digestione brusca e sofferta. D'un tratto
sente venire delle voci, poi la voce possente della folla che si muove con il
ritmo di un torrente inarrestabile. I servitori provvedono a chiudere porte e
finestre e a barricarsi in casa: il vicario, preso da paura, si raccomanda a
tutti e crede di trovare salvezza in soffitta. Renzo che, ormai, è entrato
dentro la psicologia della folla si accorge che questa si muove per una
richiesta di giustizia,e decide di parteggiare per essa, ma non è d'accordo
quando sente alzarsi delle voci che chiedono la morte del vicario. E ad alta voce,
dichiara la sua disapprovazione. Scambiato per un partigiano del vicario, si
sottrae alla folla solo perché l'attenzione generale è attratta da una voce annunciante
l'arrivo del cancelliere Ferrer, l'amico del popolo: viene, dicono, a portare
in carcere il vicario. Ferrer si affaccia agli sportelli della carrozza
distribuendo sorrisi e gesti affettuosi di saluto: a tutti dà ragione, al
cocchiere in spagnolo consiglia fretta e prudenza. Renzo viene a sapere che
Ferrer è un uomo di giustizia, un persona che va bene anche per lui.Il
cancelliere, giunto alla porta del palazzo del vicario, si fa aprire e, senza
che la gente s'avveda, fa entrare nella carrozza il vicario ed inizia il
viaggio di ritorno. Stavolta le cose vanno più rapidamente: i sorrisi si sprecano,
la folla è più che mai certa che le cose stanno per cambiare. L'angoscia è
tutta concentrata nel vicario che, in fondo alla carrozza, dice che vuoi
tirarsi via dalla politica per andare a vivere in una montagna, in una grotta,
a far l'eremita
La folla ora non è più
compatta: si dirada e si ricompone in piccoli gruppetti a commentare e a fare
pronostici. Si parla dell'accaduto, delle ragioni che vi stanno sotto, si
manifestano propositi di ritorno per il giorno seguente. Renzo, eccitato per la
nuova e straordinaria esperienza vissuta in quelle ore, prende la parola al
centro di un gruppo di persone e, dal fatto milanese, risale al fatto
personale, parla ad alta voce di ingiustizie, di prepotenze di certi tiranni,
del tutto diversi da Ferrer, manifesta propositi di vendetta e di pulizia,
avanza una proposta rivoluzionaria sull'alleanza di tutto il popolo per la
restaurazione della giustizia. Tutti applaudono. Ma, ormai è buio, la gente si dispone
a tornare a casa. Renzo si fa accompagnare in una trattoria vicina da un tale
che si dimostra premuroso nei suoi confronti, ma, in realtà, questo è un
informatore della polizia. Lì può mangiare e dormire. A tavola, lo sbirro
riesce a fargli svelare le sue generalità con un tranello, favorito anche dal
fatto che Renzo, per il molto vino che bevuto, non è più lucido. Renzo, ormai
ubriaco, blatera e nelle sue parole torna l'immagine di don Rodrigo, il
persecutore, l'ingiusto e prepotente tiranno che lo ha indotto alla fuga dal
suo paese. Finalmente l'oste riesce a portarlo in camera e a buttarlo sul
letto.
L'oste, messo con fatica
Renzo a letto, evitato quindi il pericolo che la sua trattoria diventi un covo
di rivoltosi, si reca dalla polizia a fare denuncia di ciò che era successo e
della presenza di Renzo, descrivendolo come una delle teste più calde da
controllare ed arrestare. La mattina dopo,nonostante le proteste, Renzo viene ammanettato
da alcuni sbirri, che lo portano verso il carcere, accompagnati dal notaio
criminale. Ma, abilmente, attira su di sé l'attenzione della gente, che
circonda le guardie , e libera il prigioniero. Gli sbirri davanti al pericolo
di essere linciati non oppongono resistenza e se la squagliano. Renzo, a questo
punto libero, gira a vuoto per la città cercando la persona adatta che gli indichi
la strada per Bergamo, lì c'è il cugino Bortolo e, la città, inoltre non fa
parte dello Stato di Milano.