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I PROMESSI SPOSI
-RIASSUNTI-
I° CAPITOLO
Il primo capitolo si apre con un'ampia e minuziosa descrizione dei luoghi dove si ambientano le prime fasi dei Promessi Sposi: il lago, i monti che lo circondano, il fiume Adda, la città di Lecco e i paesini circostanti. Successivamente l'autore passa alla descrizione della dominazione spagnola in queste terre: soldati stranieri che commettono violenze, furti e soprusi. In questo contesto, Don Abbondio passeggia, come d'abitudine, leggendo il breviario, ma ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, incontra i due bravi con una ricchissima dotazione di armi d'ogni tipo. Comprendendo che i bravi stanno attendendo lui, don Abbondio cerca vie di fuga o eventuali testimoni, ma poi, vista l'assenza delle une e degli altri, si avvicina ai due fingendosi tranquillo. I bravi gli sbarrano la strada e gli impongono, con le minacce, di non celebrare il matrimonio tra due giovani del luogo: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Don Abbondio, spaventato, si dichiara più volte disposto all'obbedienza, specie quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. Fatta la loro ambasciata i due si allontanano. Fin dalla fanciullezza, don Abbondio si rivela un debole e un timoroso, incapace di affrontare le difficoltà della vita in un'epoca tanto violenta. La sua scelta sacerdotale nasce allora dal desiderio di appartenere ad una classe privilegiata e protetta e non da una vera vocazione religiosa. Giunto a casa propria, il curato chiama Perpetua con cui si confida non ascoltando però i suoi consigli.
IV° CAPITOLO
Fra Cristoforo esce dal convento del paese di Pescarenico. Sebbene il paesaggio autunnale sia splendido, il cammino del frate verso casa di Lucia è rattristato dalle immagini di miseria che si vedono ovunque. Fra Cristoforo è un uomo vicino ai 60 anni, dalla lunga barba bianca, umile ma fiero al tempo stesso, con due occhi vivacissimi. Lodovico (questo è il nome di fra Cristoforo prima di prendere i voti), figlio di un ricco mercante con ambizioni da nobile, viene educato in maniera aristocratica. Non essendo però accettato nella cerchia dei nobili, il giovane inizia, quasi per vendetta, a difendere gli umili contro i signorotti prepotenti. Un giorno per strada, scoppia una disputa per futili motivi tra Lodovico ed un nobile arrogante. Nel corso della disputa che ne segue, il giovane, vedendo gravemente ferito Cristoforo, il suo più fedele servitore, uccide il signorotto. Lodovico viene condotto dalla folla nel vicino convento dei frati cappuccini, affinché possa trovare riparo dalla vendetta dei parenti dell'ucciso. Durante la sua permanenza in convento Lodovico matura la decisione di farsi frate. Dona tutti i suoi beni alla famiglia del servo Cristoforo che era morto per lui e assume il nome di fra Cristoforo. Intanto il padre guardiano del convento convince il fratello del nobile ucciso ad accettare come rivalsa la scelta monacale di Lodovico. Prima di partire per il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo chiede ed ottiene di domandare scusa alla famiglia dell'ucciso. In casa del nobile vengono convocati tutti i parenti per assaporare la vendetta, ma fra Cristoforo ottiene un sincero perdono da tutti. Quale segno di riconciliazione il fratello dell'ucciso dona un pane al frate; questi, mangiatane una metà, conserverà il resto quale ricordo dell'accaduto.
V° CAPITOLO
Il frate, giunto alla casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due donne. Viene informato del mancato matrimonio e si fa raccontare dalle donne l'accaduto. Esaminata la situazione decide di andare a parlare con don Rodrigo per distoglierlo dal suo proposito. Fra Cristoforo si incammina verso il palazzotto di don Rodrigo. Nel palazzotto stesso e nel villaggio sottostante tutto appare segnato da un clima di violenza e di malvagità. Dopo aver parlato con due bravi e con un servitore, fra Cristoforo viene introdotto nella stanza da pranzo. Attorno al tavolo, alcuni personaggi (don Rodrigo, il Podestà, il conte Attilio, Azzecca - Garbugli e altri) discutono animatamente su una questione di cavalleria. La disputa cambia tema e volge poi sulla guerra per il ducato di Mantova e sulle relative manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato. In questa circostanza il Podestà si spaccia per un fine conoscitore dei maneggi politici. Le discussioni vengono abbandonate per un attimo per lasciare posto a un brindisi, ma subito riprendono sul tema della carestia, evocato da Azzecca - Garbugli in un suo elogio al vino. È don Rodrigo a porre fine al dibattito congedando i commensali e conducendo infine fra Cristoforo in un altra stanza.
VI° CAPITOLO
Fra Cristoforo chiede a don Rodrigo di far cessare le persecuzioni contro Lucia e di permettere il matrimonio tra i due promessi sposi. Il nobile reagisce però violentemente accusando il frate di nutrire un equivoco interesse per la ragazza. Il colloquio si trasforma così in un duello verbale nel quale fra Cristoforo predice al suo antagonista il compiersi della giustizia divina (verrà un giorno). Al termine il frate viene cacciato. La sua missione è fallita, ma don Rodrigo rimane scosso dalle minacciose profezie del cappuccino. Agnese propone a Renzo e Lucia, di effettuare il matrimonio di sorpresa, di presentarsi cioè davanti al parroco con due testimoni e di pronunciare la formula del matrimonio. Renzo si mostra entusiasta, ma Lucia è contraria. Renzo, in cerca dei testimoni per il matrimonio di sorpresa, si reca a casa di Tonio, conduce l'uomo all'osteria e lì gli chiede di far da testimone al matrimonio. In cambio del favore, Renzo gli offre del denaro per pagare un debito contratto con don Abbondio.
IX° CAPITOLO
I tre fuggitivi approdano sulla sponda del lago opposta a Pescarenico. I tre giungono fino a Monza su di un carro. Qui possono riposarsi e rifocillarsi in una locanda. Dopo un breve pasto Renzo dà l'addio alle due donne che si recano prima al convento dei cappucini e poi, accompagnate dal padre guardiano, al monastero di monache nel quale sperano di trovare ospitalità. Il frate chiede per loro la protezione di Gertrude, una suora di nobile e potente famiglia. La giovane monaca ha circa venticinque anni e il suo viso mostra una bellezza sfiorita. Gertrude interroga le due donne e il padre guardiano a proposito delle vicende di Lucia. Al termine del colloquio concede ospitalità ad Agnese e Lucia. Viene descritta la famiglia di Gertrude e la regola in essa vigente, secondo la quale, tutti i figli, ad esclusione del primogenito, dovevano entrare in convento. Fin dalla prima infanzia, i genitori e i parenti di Gertrude cercano, anche con subdoli espedienti, di inculcarle l'idea della vita consacrata. L'infanzia e l'adolescenza di Gertrude trascorrono nel convento di Monza, dove viene educata in vista di una sua futura scelta monacale. Nei suoi rapporti con le compagne la bambina manifesta la sua innata superbia, ma anche i primi cenni di rifiuto della vita religiosa. Prima di prendere definitivamente i voti, Gertrude è ricondotta nella casa paterna. Qui viene trattata con indifferenza ed isolata al fine di metterla a disagio e di farle desiderare il convento. Scoperto il suo innamoramento per un paggio, Gertrude viene imprigionata in una stanza: per uscire da quella segregazione, ella si dichiara disposta a scegliere la vita consacrata.
X° CAPITOLO
Colta in un momento di debolezza, Gertrude, forzata dal padre, accetta di entrare in monastero. Viene dato l'annuncio della decisione della ragazza e iniziano i festeggiamenti. Dopo le ultime raccomandazioni sul contegno da tenere e sulle risposte da dare alla badessa, Gertrude viene condotta in monastero a Monza per la presentazione della domanda di ammissione. Anche in convento vengono organizzati grandi festeggiamenti. Tra il principe padre di Gertrude e la badessa si svolge un colloquio molto formale volto a stabilire la sincerità della vocazione della ragazza. Il sacerdote incaricato di valutare la sincerità della vocazione di Gertrude interroga la fanciulla, la quale, per timore del padre, mente e dichiara di scegliere liberamente la vita claustrale. Gertrude diviene monaca per sempre e maestra delle educande. La vita del chiostro non allontana però la giovane dalle passioni terrene: i suoi primi anni in monastero sono dunque segnati dall'odio verso le altre suore e da improvvisi cambiamenti d'umore. La giovane monaca si lascia sedurre da Egidio, un nobile che abita in un palazzo attiguo al monastero: sotto la sua nefasta influenza Gertrude si lascia trascinare dalle passioni più violente e giunge all'omicidio di una conversa che minacciava di svelare la tresca dei due.
XX° CAPITOLO
Il Capitolo XX si apre con la descrizione del castello dove l'Innominato conduce la sua vita solitaria: un luogo elevato selvaggio e aspro nel quale solo i suoi amici e i suoi uomini osano avventurarsi. Al castello si accede attraverso una ripida strada in salita, all'inizio della quale, quasi fosse un posto di guardia, si trova la taverna della Malanotte. Don Rodrigo dopo aver deposto le armi, viene accompagnato al castello dai bravi dell'Innominato, mentre i suoi accompagnatori, ad eccezione del Griso, devono rimanere alla taverna. Don Rodrigo gli chiede di far rapire Lucia. Seppure a malincuore, l'Innominato accetta, sapendo di poter contare sull'aiuto di Egidio, l'amante di Gertrude. Nella sua solitudine tremenda, l'Innominato ripensa ai suoi crimini e appare terrorizzato dall'idea della morte e del giudizio divino. Anche il pensiero del rapimento di Lucia lo turba; ma per non ascoltare la voce della propria coscienza, egli invia subito il Nibbio, il capo dei suoi bravi, da Egidio, per predisporre il piano criminoso. Convinta da Egidio a farsi complice del rapimento, Gertrude riesce ad inviare Lucia fuori dal convento. Giunta in una strada solitaria, Lucia viene avvicinata con l'inganno dai bravi dell'Innominato e caricata a forza su una carrozza. Durante il viaggio verso il castello dell'Innominato, il Nibbio cerca di rassicurare la ragazza. Lucia, intanto, prega i suoi rapitori che la lascino andare. L'Innominato è tentato di sbarazzarsi rapidamente di Lucia e di farla condurre direttamente da don Rodrigo. Ma un no imperioso della sua coscienza gli consiglia di tenere ancora la fanciulla presso di sé. Il nobile manda dunque a chiamare una vecchia serva e le ordina di raggiungere la carrozza e di fare coraggio a Lucia.
XXI° CAPITOLO
Lucia viene caricata su una portantina e trasportata al castello. Il Nibbio intanto corre dal suo signore per riferirgli l'esito della missione e confida al suo padrone di aver provato compassione per Lucia. Sorpreso dalle dichiarazioni del bravo, l'Innominato decide di vedere di persona la fanciulla. Lucia prega il nobile di liberarla. L'Innominato, sempre più turbato dalle preghiere della giovane, lascia intuire che la libererà l'indomani. Lucia rimane sola con la vecchia servitrice dell'Innominato, la quale cerca di farle coraggio. La fanciulla rifiuta però il cibo e il letto preparati per lei e rimane accucciata a terra. Lucia resta in una condizione di dormiveglia e nella sua mente si affollano le immagini terribili della giornata. Risvegliatasi poi completamente, ella inizia a pregare e, in cambio della liberazione da quella prigione, fa voto di castità alla Madonna. Dopo il colloquio con Lucia, l'Innominato non riesce a liberarsi dall'immagine della fanciulla. Giunto ormai alla disperazione, si appresta al suicidio, ma l'eventualità che esista una vita eterna lo induce a desistere. Il ricordo delle parole di Lucia sul perdono divino riaccende però in lui la speranza. L'Innominato decide che libererà la fanciulla il giorno successivo. All'alba, il nobile sente un suono allegro di campane e vede gente festosa nella valle. Incuriosito egli incarica un suo bravo di verificare le ragioni di tanta animazione.
XXXIII° CAPITOLO
Una notte, don Rodrigo, tornando a casa da una festa con tre amici suoi e il Griso, inizia ad avvertire uno strano malessere. Arrivato a casa, se ne va a letto e tenta di dormire, ma il malessere cresce fino a quando scopre un bubbone. Chiede aiuto al Griso perché chiami un chirurgo che per denaro tiene nascosti i malati: il Griso chiama invece i monatti che lo portano al lazzaretto. Ma prima del padrone muore di peste anche il Griso. Anche Renzo si ammala di peste, ma guarendo, decide di andare a cercare Lucia. Verso sera arriva al suo paese e per primo incontra Tonio, inebetito dalla peste. Renzo gli parla, ma Tonio non lo riconosce. Incontra dopo don Abbondio che ha perduto Perpetua. Renzo apprende che Agnese è a Pasturo. Per la notte trova rifugio in casa di un amico. L'indomani decide di recarsi a Milano in cerca di Lucia.
XXXV° CAPITOLO
Renzo entra nel lazzaretto: un insieme di capanne e di fabbricati. Il luogo è orribile, e l'orrore è accresciuto dall'aria afosa e dal cielo plumbeo. Si va avvicinando un temporale. La visione generale è quella che insorge da un luogo che è un condensato di grandi sofferenze su cui incombe l'aria ed il cielo nebbioso. Il primo gruppo di malati, collocati a parte, dentro un recinto, è quello dei bambini allevato da nutrici e da capre: alcuni sono neonati ed hanno bisogno di costante cura ed attenzione. Tutto commosso Renzo riprende a camminare. Ed ecco un'apparizione improvvisa: il padre Cristoforo. Renzo gli fa un succinto riassunto delle sue avventure e dice di essere nel lazzaretto in cerca di Lucia. Potrebbe essere, se è ancora viva, nel recinto assegnato alle donne: è proibito entrarvi. Ma il padre lo autorizza. Renzo si dice pronto a fare vendetta su don Rodrigo, che è all'origine di tutte le disavventure sue e di Lucia. E a questo punto padre Cristoforo lo rimprovera e alla legge di vendetta contrappone la legge cristiana del perdono e della carità. Renzo convinto si dice disposto al perdono del suo avversario. E il frate lo conduce in una capanna dove gli mostra don Rodrigo moribondo Esortato dal padre, Renzo china il viso e prega Dio per il suo persecutore. Purificato da quell'atto di perdono, Renzo può ora tornare a cercare la sua Lucia.
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