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I POETI - FILOSOFI: PARMENIDE E LA SCUOLA DI ELEA
Parmenide nacque ad Elea, colonia greca in Lucania, dove morì nel 450 a. C. Fu legislatore della sua città, accostando la vita politica all'esercizio della filosofia, com'è tipico di molti pensatori dell'Italia meridionale.
Di lui rimangono 154 versi del poema in esametri Sulla natura, in cui associa un'argomentazione rigorosa al tono sapienziale della rivelazione religiosa. Di certo la sua opera si distingue da quelle di autori precedenti, influenzando il pensiero successivo, fino ai nostri giorni.
PROEMIO: descrive in tono poetico la rivelazione divina della verità al giovane Parmenide dalle case della Notte, il pensatore è condotto su un carro guidato da giovani fanciulle verso i sentieri della Notte e del Giorno dove viene accolto dalla dea Giustizia che, nelle case del Giorno, gli fa conoscere la ben rotonda verità e le opinioni dei mortali in cui non è vera certezza. Il viaggio può celare più significati e si apre a molteplici interpretazioni.
Le Case della Notte sono simbolo dell'ignoranza dell'uomo, mentre le case del Giorno rappresentano la conoscenza, il sapere e la verità simbologia della luce e del buio è di derivazione omerica: rivelazione di Parmenide rappresenta una svolta nel pensiero occidentale ma si muove nel solco della tradizione religiosa antica.
La dea presenta a Parmenide due vie di ricerca della verità: una è la strada giusta, l'altra conduce ad un mondo di illusioni e contraddizioni.
Il primo problema analizzato è quello dell'essere: cosa significa dire che qualche cosa (l'uomo, la natura, le cose) c'è? Nel mondo ci sono tantissime cose che nel tempo si trasformano: ciò significa che cio che è dapprima, nel tempo non lo è più? L'essere si è trasformato nel non essere? Ammetterlo sarebbe impossibile perché per affermarlo occorrerebbe dire che il non essere esiste, che il nulla esiste è qualcosa di contradditorio, come affermare al contrario che qualcosa che alla nascita non c'era, ora c'è: bisogna affermare quindi che si può passare dal non essere all'essere? Anche questo è contradditorio perché per affermarlo bisogna ammettere che il non essere esiste e questo è contradditorio.
Parmenide nell'argomentare usa il PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE: è insensato affermare di una stessa realtà un carattere ed il suo contrario, non posso dire che allo stesso tempo una cosa c'è e una cosa non c'è perché si cadrebbe in un errore logico, in un non-senso.
Per questo per comprendere l'essere occorre affermare che l'essere è e il non essere non è: mai affermare che l'essere è e non è insieme.
Da questo si possono trarre alcune conseguenze logiche:
L'essere è uno: non posso affermare di due cose come cose che ci sono ma che una è diversa dall'altra perché sarebbe come affermare che il non essere c'è, per cui si ricadrebbe nella contraddizione
L'essere è eterno ed immobile: eterno perché ammettere che ci sia qualcosa prima o qualcosa dopo significa ammettere che dapprima il non è si è trasformato in è e viceversa per cui contradditorio; immobile perché una trasformazione implica un passaggio da non è ad è per cui sarebbe contradditorio
L'essere è indivisibile e non composto da parti: se l'essere fosse diviso in parti, tra di loro ci sarebbe il non-essere per cui l'essere è indivisibile
Cosa significa che l'essere è uno ed indivisibile? Che non c'è nascita, né morte? Suonano strane le affermazioni di Parmenide alla luce dell'esperienza quotidiana che ognuno compie quotidianamente. Per rispondere a questo, il pensatore contrappone sin dall'inizio due vie: la via della ragione e la via dell'esperienza sensibile.
La via della ragione è quella dell'essere elencata sino ad ora ed è quella che non può sbagliare apre la strada ad una profonda comprensione dell'essere che porta all'alétheia, la verità; la via dell'esperienza sensibile è quella che ci permette di acquisire le informazioni dal mondo esterno attraverso i sensi per cui sono illusorie e ci porta alla doxa, cioè al regno delle opinioni soggettive, mutevoli ed erronee. Per cercare la verità bisogna andare oltre la doxa e penetrare nel profondo dell'essere.
Dopo Parmenide i pensatori successivi si interrogheranno su due ordini di problemi:
Come si può conciliare l'essere delle cose con il divenire senza cadere in contraddizione?
Si può conciliare ragione e senso o si deve abbandonare una delle due vie come suggerisce Parmenide?
Fonte: Trombino M., Panaccione E., Villani M. (a cura di), Filosofia - Testi e Percorsi, Vol. 1.1, Ed. Poseidonia, Bologna, 1997, pg. 236-240
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