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I caratteri del romanzo cavalleresco




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I caratteri del romanzo cavalleresco


Il termine "roman", parola francese utilizzata per denominare uno specifico genere letterario, significa, oltre che 'francese antico', anche narrazione poetica (in versi ottonari e rima baciata) ed indica appunto le antiche composizioni della letteratura bretone medievale, che si possono considerare le prime forme di narrazione articolata di carattere avventuroso apparse nel panorama letterario europeo dopo il Mille.

Tra l'XI e il XIII secolo si sviluppò in tutta Europa, e in modo particolare in Francia appunto, un genere letterario noto come "romanzo cavalleresco". L'origine di questo tipo di romanzo è riconducibile a due filoni: il primo è quello derivante dal ciclo epico-carolingio delle canzoni di gesta, di cui la Chanson De Roland (XI secolo) è il massimo esempio. Le canzoni di gesta sono poemi epici in versi che narrano il compimento di importanti imprese con lo scopo di legittimare almeno ideologicamente il potere feudale in crisi; mentre nelle canzoni di gesta i cavalieri compivano gesta più o meno eroiche per ideali elevati ed austeri quali l'onore, la patria e la religione, l'epica cavalleresca si incentra maggiormente sull'amore, l'avventura e la ricerca. Il secondo filone è quello del cosiddetto Ciclo Bretone, ciclo che tratta della leggenda di Re Artù, dei cavalieri della Tavola Rotonda e delle loro avventure.

Come conseguente sviluppo e fusione di questi generi, e grazie ad un notevole ingentilimento dei costumi, nacque il romanzo cortese. Questo tipo di racconto combina i contenuti dei due precedenti incentrandosi però maggiormente sul tema dell'amore.

Gli autori del romanzo cavalleresco erano principalmente chierici che, vivendo all'interno di corti feudali, scrivevano per dilettare e compiacere il proprio signore. Tutte le loro opere furono scritte, al contrario delle canzoni di gesta che erano tramandate oralmente, e venivano lette pubblicamente a dame e cavalieri, proprio perché il loro fine ultimo era intrattenere quella società raffinata. Spesso all'interno dei racconti veniva data un'immagine della società cortese idealizzata rispetto a quella reale, che effettivamente non corrispondeva esattamente a tutti quegli obiettivi di cortesia che si proponeva di rispettare.

I "Romanzi cortesi" di Chrètien De Troyes sono il più alto e significativo esempio della cultura cavalleresca. Si tratta di una raccolta di cinque libri ognuno dei quali racconta la storia di cinque eroi medievali: Perceval, Ivano, Lancillotto, Cligès e Erèc ed Enide. De Troyes visse alla corte di Maria di Champagne nel XII secolo. Egli fu il più grande interprete degli ideali cavallereschi di lealtà, prodezza, generosità nel mondo raffinato delle corti feudali, dove una parte predominante avevano le figure femminili come quelle di Eleonora d'Aquitania, Maria di Champagne e Maria di Francia, che venivano assimilate, nell'immaginario collettivo, a protagoniste dei romanzi cortesi come Ginevra e Isotta.

L'amore in particolare, vissuto come amore cortese, è l'elemento centrale del romanzo. Ogni azione del cavaliere è volta ad ottenere il rispetto e l'attenzione di una dama (o Domina). Il cavaliere, vivendo nell'ambito della corte, è soggetto all'autorità e alla magnanimità del signore, il quale si occupa del suo mantenimento. Egli perciò si trova a dover dimostrare la propria nobiltà d'animo facendo valere il proprio onore; proprio la nobiltà d'animo, nella letteratura cortese, assume una notevole importanza nell'elevare lo spirito del semplice cavaliere: si attenuano così le differenze fra la ricca nobiltà cortese e la corporazione di quei guerrieri di professione denominati cavalieri.

Con la nascita della società cortese inoltre si da più spazio a virtù come la liberalità, cioè il totale distacco da cose materiali come il denaro; addirittura secondo le teorie del tempo la vera e propria prodigalità consisterebbe nel donare prima ancora che qualcosa sia richiesto. Anche la già forte differenza tra "cortese" e "villano" si accentua, e i villani vengono ritenuti la personificazione della grettezza e della limitatezza, al contrario dei nobili che si ritengono possessori delle qualità morali necessarie alla ricerca della perfezione spirituale e culturale. Nascono poi il culto della misura, nessun cortese potrebbe mai abbandonarsi a eccessi considerati volgari, e dell'amore verso oggetti e beni gradevoli di ogni tipo adatti proprio a coloro che ritengono di avere la purezza d'animo necessaria a possederli. Come già detto è però la donna il nucleo di tutte le attenzioni: essa rappresenta il centro di ogni virtù perché ne è l'origine, infatti nobilita i modi e l'animo di tutti coloro che vengono a contatto con lei, tutto questo anche solo tramite un sorriso o un saluto (è infatti riprovevole qualsiasi tipo di contatto fisico tra la nobildonna e il cavaliere). Questo tipo di culto è rappresentativo del nuovo e importante ruolo delle dame nella società feudale.

I romanzi di Chrètien De Troyes trattano di tutti questi aspetti, presentando però anche delle differenze dai romanzi cavallereschi tipici; infatti nell' "Erèc ed Enide", Erèc trasgredisce due importanti regole dell'amor cortese, prima con l'inadempienza ai suoi compiti di cavaliere, che gli causa il biasimo dell'intera corte, poi con la mancanza di rispetto nei confronti della moglie Enide nell'imporle di parlare solo se interrogata. In questo caso si vede infine il trionfo dell'amore e dell'armonia coniugale; in altri opere si mostra invece come la concezione amorosa dell'epoca fosse alquanto antimatrimoniale, anche se non volta al libertinaggio, come dimostrato dal "De Amore" di Andrea Cappellano, scritto nell'ultimo quarto del XII secolo. In esso sono contenute le principali norme del comportamento amoroso ideale, e si indica che solo l'amore libero è considerabile vero amore, ma che il rapporto d'amore matrimoniale raggiunge un massimo di perfezione spirituale. E' contraddittorio però quanto narrato nel "Cligès" e nel "Tristano", romanzi in cui De Troyes mostra come il mancato raggiungimento dell'oggetto del vero amore extraconiugale sia causa di afflizione morale e addirittura possa portare al desiderio di trovare la morte per placare il proprio dolore, o come un'innamorata sia disposta a tradire la fiducia dello sposo proprio per stare con l'amante.

L'opera che più si attiene a tutte le caratteristiche del romanzo cavalleresco è il "Lancillotto": in questo romanzo De Troyes tocca tutti i punti ideali dell'amore cortese; innanzitutto è resa evidente l'importanza della vista e più in generale dei sensi, fondamentali perché il rapporto d'amore si sviluppi su un piano di concretezza. Anche il saluto, come primo elemento di contatto, ha la sua importanza, e così pure la contrapposizione fra ambito cortese e villania. Vi è poi la contrapposizione fra equilibrio, come valore cortese, e dismisura, negativo come ogni eccesso.

E' attribuita una rilevante importanza soprattutto alla subordinazione del cavaliere alla dama, condicio sine qua non l'amore cortese non avrebbe luogo. Infatti il rapporto uomo-donna nell'ambito della corte è paragonabile, in ambito politico, al rapporto vassallo-signore, proprio perché la sottomissione dell'amante alla dama ricalca la forma dei rapporti feudali di vassallaggio, e ogni cosa dipende dalla volontà di lei.

L'amor cortese ha poi effetti taumaturgici sull'uomo, tanto da impedirgli di sentire il dolore di una ferita anche piuttosto grave (come nel "Lancillotto"), e c'è una certa esaltazione mistica della "gioia", parola che ricorre più volte in pochi versi secondo la replicatio, tecnica di ripetizione volta a sottolineare una parola chiave.

Addirittura l'alba, nel "Lancillotto", ha rilievo come momento di distacco fra gli amanti.

Così come nelle altre opere sopra esaminate anche il "Lancillotto" contiene delle incoerenze con i precetti dell'amor cortese: inizialmente gli amanti sono posti sullo stesso piano, e il desiderio è reciproco e c'è poi il raggiungimento dell'oggetto del desiderio da parte di Lancillotto, contraddittoriamente a quanto prescritto nel "De Amore".

Come visto, la vita dei cavalieri era completamente incentrata sull'amore, ma esso era vissuto attraverso ricerca ed avventura: infatti, per conquistare il rispetto, l'onore, e l'attenzione di una nobildonna, il cavaliere andava alla ricerca di avventure in luoghi remoti e sconosciuti dove finiva col dimostrare la propria abilità e prestanza. Nel "Perceval" di De Troyes non è la dama il fulcro, bensì le peripezie e le avventure attraverso cui Perceval effettua una ricerca mistica totalmente individuale. Nell'"Erèc ed Enide" l'elemento dell'avventura è propedeutico alla riconciliazione tra i coniugi, mentre Lancillotto e Tristano attraversano varie peripezie; l'uno giunge persino a rinunciare al proprio onore per amore di Ginevra, l'altro a dimenticare la devozione e la lealtà nei confronti dello zio per amore di Isotta.



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