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Gli Ebrei
Gli Ebrei, popolo di stirpe semitica, abitavano la Terra di Canaan, (o Palestina).
La Bibbia, che è il libro sacro degli Ebrei, ricollega la storia di questo popolo con le origini del mondo, con la creazione del primo uomo e della prima donna, col diluvio universale, ecc.
Il patriarca Abramo (2100 a.C) - La Bibbia narra che il patriarca Abramo, il quale viveva con i suoi figli a Ur, nella Caldea meridionale, ricevette un giorno da Dio l'ordine di partire per la lontana terra di Canaan, cioè verso la Palestina.
Abramo, dopo aver affrontato potenti monarchi, occupò la regione ad occidente del Giordano, per cui il suo popolo ebbe da allora il nome di Ebrei, che significa <Gente al di là del fiume >.
Egli ebbe dalla schiava Agar un figlio, di nome Ismaele, che fu il progenitore delle tribù arabe, e un secondo figlio, Isacco, che fu il secondo patriarca del popolo ebreo. Isacco, a sua volta, ebbe dalla moglie Rebecca due figli, Esaù e Giacobbe, che fu il terzo patriarca del popolo ebreo.
Giacobbe ebbe dalla sua sposa Rachele dodici figli, che sono considerati capostipiti delle tribù ebraiche. In conseguenza di una carestia, intorno al secolo XVI, gli Ebrei dovettero trasferirsi in Egitto.
L'esodo dall'Egitto.(1300 - 1250 circa)Gli Ebrei si moltiplicarono in Egitto, ma non si confusero con il popolo egiziano: conservarono anzi la lingua, la religione, i costumi dei loro avi, rimanendo stranieri al paese che li ospitava.
Perciò, dopo la cacciata degli Hyksos, durante quel risveglio di nazionalismo egiziano che portò l'Egitto all'apogeo della sua potenza (XVIII e XIX dinastia), gli Ebrei vennero in odio ai faraoni, che li tennero come schiavi e li sottoposero ai più duri lavori.
Essi furono liberati da tale oppressione per opera di Mosè, un ebreo della tribù di Levi, il quale, per ispirazione divina, si propose di ricondurre i suoi connazionali nella terra degli antenati. Mosè, nonostante l'opposizione del faraone, raccolse tutti gli Ebrei stanziati in Egitto, e, anche se inseguito da un poderoso esercito egiziano, riuscì attraverso il Mar Rosso ad abbondare il paese.
Egli non volle tuttavia ricondurre subito gli Ebrei nella Palestina, ritenendo giustamente che un popolo, avvinto da una secolare schiavitù, aveva bisogno di una completa rigenerazione spirituale e politica, prima di affrontare le bellicose popolazioni cananee.
Errò pertanto durante quarant'anni nel deserto del Sinai, dove, salito sul monte che dà il nome alla regione, ebbe da Dio le famose Tavole della Legge, cioè i Dieci Comandamenti, che contengono le norme fondamentali della vita morale e civile del popolo ebreo.
Quando infine Mosè ritenne che fosse giunto il tempo di proseguire l'impresa, avanzò fin nella valle del Giordano.
Gli Ebrei in Palestina.(1250 - 1230 circa).Dopo la morte di Mosè, il popolo ebraico passò sotto il comando di Giosuè, il quale, dopo una terribile lotta contro i Cananei, riuscì ad occupare gran parte della Palestina. Egli divise la regione fa le dodici tribù che componevano il popolo ebraico, ma escluse da ogni possesso la tribù di Levi.
Dopo la morte di Giosuè, le dodici tribù, secondo il vecchio costume dei popoli nomadi, si governarono ciascuna per proprio conto, con un consiglio di anziani, mantenendo soltanto fra esse i vincoli religiosi.
I Giudici (1230 - 1020). Ma le tribù dovettero lottare duramente contro i popoli confinanti, per cui sentirono presto il bisogno di una maggiore unità.
Esse scelsero, nei momenti di maggiore pericolo, dei capi militari, detti Giudici, i quali riportarono numerose vittorie contro i nemici di Israele, ma non riuscirono a batterli definitivamente.
I Re.(1020 - 928). Le tribù, di fronte alla crescente minaccia, si diedero allora una maggiore unità, costituendosi a monarchia.
Il primo re fu Saul (1020 - 1000), il quale all'inizio riuscì a vincere i Filistei, ma, alla fine, sconfitto da questi, si uccise.
Il secondo re fu Davide,(1000 - 961) il più grande di tutti i re d'Israele. Egli vinse definitivamente i Filistei e gli altri nemici d'Israele, estendendo i confini del regno a settentrione fino alla Siria, ad oriente fino all'Eufrate, e a mezzogiorno fino al Mar Rosso. Riuscì ad entrare anche in Gerusalemme, che fece subito capitale del regno, procurando alla nazione il suo centro politico e religioso.
Il terzo re fu Salomone,(961 - 922) figlio di Davide, che, grazie alle imprese belliche del padre, poté dare al popolo ebreo un periodo di prosperità e splendore.
Ma il regno di Israele cominciò con questo re la sua decadenza, perché i fortissimi tributi, imposti al popolo per il fasto della corte e per i grandiosi lavori pubblici, procurarono un diffuso malcontento.
Il regno di Israele (922 - 721) e Il regno di Giuda (922 - 587). Alla morte di Salomone il regno passò a suo figlio Roboamo, contro cui insorse un alto funzionario, Geroboamo, con il quale si schierarono dieci delle dodici tribù. Si ebbero in tal modo due regni: il Regno d'Israele, a nord, con capitale Samaria; il Regno di Giuda, a sud, con capitale Gerusalemme.
La divisione fu fatale al popolo ebreo, sia perché i due regni non fecero che guerreggiarsi a vicenda, sia perché la loro indipendenza venne minacciata a sud dall'Egitto e ad est dal potente impero degli Assiri.
Il Regno di Israele, se riuscì in un primo tempo a scampare all'occupazione assira, pagando un forte tributo, cadde infine sotto il re Sargon II, che prese a forza la città di Samaria, e, secondo il costume assiro, deportò gran parte della popolazione (721).
Il Regno di Giuda, fu assoggettato successivamente dal re Nabucodonosòr, che occupò Gerusalemme,e dieci anni più tardi deportò gran parte della popolazione a Babilonia, dopo aver dato alle fiamme il tempio di Salomone.
L'esilio, o cattività babilonese, non durò a lungo, perché cinquant'anni dopo, Ciro, re di Persia, distrutto il regno di Babilonia, permise agli Ebrei, con un famoso editto, di tornare in Palestina (538). Essi ricostruirono Gerusalemme e il tempio, ma non riuscirono più a recuperare stabilmente la loro indipendenza.
Caduto l'impero persiano sotto Alessandro Magno, essi passarono successivamente sotto il dominio della Macedonia, dell'Egitto, della Siria, e infine, quando l'Asia Minore fu conquistata dai Romani, sotto il dominio di costoro.
La dispersione o diaspora degli Ebrei per il mondo. Nel 66 d. C., quando la Palestina era sotto il dominio romano, gli Ebrei si ribellarono, ma vennero domati da Vespasiano (allora generale di Nerone) e da Tito (sotto l'impero di Vespasiano).
Gerusalemme fu occupata, il tempio incendiato e distrutto, i ribelli sterminati (70 d.C.) Gli Ebrei,allora, si sparsero per il mondo, iniziando quella tipica dispersione che dura ancora ai tempi nostri.
Essi, legati dal vincolo della razza e della religione, rimasero tuttavia rigidamente attaccati alle tradizioni dei loro padri, considerandosi stranieri nei paesi che li ospitavano, e subendo spesso, per questo, odio e persecuzione.
Gli Ebrei, a differenza degli altri poli semitici, presso i quali prevaleva il politeismo naturalistico, furono monoteisti, cioè adorarono un solo dio.
Dio, essendo puro spirito, non poteva essere circoscritto nei limiti di una forma, e, quindi, nessuno poteva pronunciarne il nome o riprodurne con arte l'immagine.
Gli Ebrei credettero inoltre nel peccato originale, nella rivelazione di una legge divina fatta a Mosè, e nella speranza di un Messia, che avrebbe dovuto far trionfare la pace e la giustizia nel mondo. Il culto consisteva in preghiere, in sacrifici ed in offerte fatte al tempio, ma imponeva anche alcuni obblighi caratteristici, come ad esempio quello della circoncisione, che consisteva in un taglio speciale che si faceva ad ogni neonato e che doveva servire come segno di distinzione degli Ebrei dai popoli di altra razza.
Il culto aveva il suo centro nel Tempio di Gerusalemme, unico tempio per tutti gli Ebrei, che era illuminato da candelabri a sette braccia, e che, nella parte più interna, detta il Santo dei Santi,conteneva l'Arca dell'Alleanza, cioè un tabernacolo in cui erano custodite le Tavole della Legge.
Le principali feste religiose erano: la Pasqua, che si celebrava in primavera col sacrificio degli agnelli, e che ricordava la partenza del popolo ebreo dall'Egitto sotto la guida di Mosè; la Pentecoste, che si celebrava sette settimane dopo la Pasqua, e che ricordava la legge data da Dio a Mosè sul Monte Sinai; la Festa dei Tabernacoli, che si celebrava in autunno, e che ricordava la vita passata nel deserto; il Sabato, che ricorreva ogni settimana, e che ricordava il riposo di Dio nel giorno della creazione; l'Anno Sabbatico, che ricorreva ogni sette anni, e durante il quale si lasciava riposare la terra, si annullavano i debiti, e gli schiavi ebrei dovevano riacquistare la libertà; l'Anno giubilare, durante il quale la terra poteva essere riscattata dai primi possessori, ecc.
Con l'ascesa al potere del regime nazista in Germania iniziò una sistematica persecuzione contro gli Ebrei, prima emarginati, poi privati dei diritti civili e della stessa cittadinanza tedesca, infine internati nei lager e sterminati. Sei milioni, dei dieci che vivevano complessivamente sui territori occupati dal Terzo Reich, furono così massacrati.
E' naturale chiedersi perché la ferocia nazista si sia impuntata proprio contro gli Ebrei.
In realtà, i nazisti portarono all'estremo della barbarie, ma non < inventarono >, poiché questo era un atteggiamento presente in Germania e in Europa da tempi remoti.
L'ostilità, o diffidenza, o pregiudizio negativo nei confronti degli Ebrei, si chiama comunemente antisemitismo.
Gli Ebrei hanno vissuto di generazione in generazione, per quasi duemila anni, disseminati per i vari paesi d'Europa, sempre come minoranze di religione ebraica in mezzo alla maggioranza di religione cristiana.
Questa dispersione, che si chiama - diaspora - risale al tempo dell'impero romano, quando gli Ebrei si ribellarono al dominio romano e furono sconfitti dall'imperatore Tito, che mise a ferro e fuoco Gerusalemme, incendiando il tempio, centro spirituale dell'ebraismo. Conservarono la propria identità culturale anche nella diaspora, appunto perché la religione continuò a costituire per loro un potente motivo di unione al loro interno e, contemporaneamente, di separatezza rispetto agli altri popoli politeisti, ma anche rispetto al cristianesimo.Quando il mondo occidentale, gradualmente, divenne cristiano, gli ebrei rimasero fedeli alla loro religione.
Nel Medioevo la libertà religiosa di massima non esisteva. Per i cristiani medievali era del tutto ovvio che i seguaci di altri religioni, gli < infedeli >, andassero combattuti.
Il trovarsi tutti, in quanto ebrei, in condizioni di inferiorità sociale ed esposti al rischio permanente di persecuzioni, rafforzava la solidarietà all'interno delle diverse comunità ebraiche sparse per l'Europa. La necessità di conoscere i loro testi sacri fece mantenere la conoscenza dell'ebraico; la necessità di istruire i loro figli nella conoscenza della religione dei padri comportava che i rabbini facessero anche da maestri di scuola, e quindi favorì presso gli Ebrei un livello medio di cultura superiore a quello dei Cristiani, negli anni bui del Medioevo. A differenza della grande maggioranza dei Cristiani, infatti, molto spesso gli Ebrei sapevano leggere, scrivere e far conto. Queste capacità da un lato, e dall'altro il fatto che molte attività a funzioni sociali fossero loro vietate spinse gli Ebrei a dedicarsi al commercio, all'artigianato, a quelle che oggi chiamiamo libere professioni, come quella di medico.
Queste loro attività e capacità erano spesse preziose per i paesi in cui esse risiedevano e perciò accadeva che gli Ebrei potessero svolgervi un ruolo importante dal punto di vista economico, e anche culturale; potevano guadagnare e diventare ricchi.
Ma accadeva, periodicamente, che un cambiamento di governo, lo scoppio di una guerra, facesse divampare contro di loro una nuova persecuzione. Allora, potendo, si spostavano in un altro paese; chi non poteva, restava e subiva violenze, incendi e saccheggi. Dall'inizio del cinquecento ,poi essi furono costretti a vivere nei < ghetti >, il ghetto era un quartiere cittadino chiuso, di solito nelle zone peggior della città, con porta sorvegliata da guardie cristiane a cui si doveva chiedere il permesso di uscita e di ingresso. Nei casi di emergenza gli Ebrei restavano chiusi nel ghetto come in trappola.
Quando, sul finire del Medioevo, si consolidarono le monarchie nazionali in Francia, in Inghilterra, nella penisola iberica, i sovrani vollero che tutti i loro sudditi professassero la stessa religione, e cominciarono perciò a decretare che gli ebrei fossero espulsi dal regno, se non si convertivano. Alcuni si fecero cristiani e gradualmente si fusero con la popolazione cristiana; altri finsero soltanto di convertirsi; molti emigrarono dai paesi dell'Europa occidentale verso i paesi dell'Europa orientale. La percentuale maggiore rimase concentrata in paesi come la Polonia, la Russia, la Bulgaria, la Romania, l'Ungheria.
Con la Rivoluzione francese, nei paesi dell'Europa occidentale la situazione degli Ebrei cambiò profondamente. Si impose il principio dell'eguaglianza dei diritti tra gli uomini. I ghetti vennero aboliti, gli ebrei si videro aprire possibilità, professioni e carriere prima impensabili. Ebbe inizio per loro un processo di integrazione col resto della popolazione o, come si diceva, di assimilazione.
Gli Ebrei dell'Europa orientale, invece, si assimilarono poco perché continuavano a essere tenuti in condizioni di non parità.
Essi continuarono, fino alla prima guerra mondiale e oltre, a vivere sotto l'incubo dei pogrom. Il pogrom era lo scatenarsi della violenza antisemita di massa. Folle inferocite, ignoranti e fanatizzate, assalivano i quartieri e i villaggi degli ebrei assassinando, devastando, saccheggiando, incendiando. Le autorità non facevano nulla per impedire queste periodiche violenza popolari, e anzi le incoraggiavano direttamente. Le masse popolari, infatti, erano esasperate dalle condizioni di miseria e di oppressione in cui vivevano e alle autorità riusciva utile che il malcontento si scaricasse contro un falso obiettivo, gli Ebrei, piuttosto che contro quello vero, la tirannide di chi governava.
Episodi di questo genere in Europa occidentale e in Germania erano ricordi ormai lontani da secoli.
In particolare, fin dagli ultimi decenni del XIX secolo, tra le comunità ebraiche sparse in tutto il mondo, si affermò un movimento mirante a riunificate gli Ebrei, che quasi due millenni prima erano stati costretti ad abbandonare la Palestina per sottrarsi al duro dominio imposto dai Romani. Tale riunificazione doveva avvenire in un territorio in cui essi dovessero non solo praticare liberamente la loro religione, ma ritrovare anche una propria unità nazionale.Dopo qualche tentativo di creare colonie ebraiche in Argentina e in Uganda, l'attenzione dei capi del movimento sionista (così chiamato perché si rifaceva all'antico nome di Gerusalemme: Sion) si concentrò sulla Palestina, da essi considerata la terra d'origine del popolo ebraico.
Coloni ebrei, provenienti da tutti i paesi europei e soprattutto dalla Russia, dove erano perseguitati, avevano cominciato a stabilirsi in Palestina sin dalla fine dell'Ottocento. Essi acquistavano terre dai proprietari arabi, spesso con l'aiuto delle comunità israelitiche di paesi occidentali (come USA, Gran Bretagna e Francia) dove gli Ebrei avevano acquistato posizioni di rilievo nel mondo economico e professionale. Proprio per questa influenza degli ambienti ebraici, le maggiori potenze consideravano favorevolmente la prospettiva dell'insediamento di forti comunità israelitiche in Palestina: essendo per la maggior parte di origine europea, infatti, i coloni avrebbero rafforzato le posizioni dell'Occidente nella regione.
Nel 1917, in pieno conflitto mondiale, il ministro degli esteri britannico Balfour si impegnò a favorire in Palestina la creazione di una <sede nazionale > per gli Ebrei di tutto il mondo che volessero emigrarvi. I rapporti tra ebrei immigrati e arabi palestinesi rimasero generalmente buoni fino all'inizio degli anni Trenta: i primi, ben provvisti di capitali e di competenze tecniche, avevano valorizzato terreni fino ad allora rimasti incolti, e di ciò aveva beneficiato l'economia dell'intero paese. L'afflusso di immigrati israeliti in Palestina aumentò dopo l'avvento al potere del regime nazista in Germania (1933).
Il punto centrale del nazismo era l'idea che la razza ariana fosse superiore a tutte le altre. Il compito di quest'ultima era quindi sottomettere le razze <inferiori >, formate da <sottouomini >. In questo modo gli Ariani avrebbero edificato una comunità superiore, <purificata > da ogni elemento esterno. In particolare, gli Slavi andavano ridotti in schiavitù mentre gli Ebrei dovevano essere eliminati.Erano gli Ebrei, infatti i veri nemici della Germania: gli Ebrei avevano indebolito la resistenza del popolo tedesco durante la guerra: molti dei capi comunisti e lo stesso Marx, infatti, erano Ebrei. Il fondatore del partito nazista, A. Hitler, aveva dato in un'opera famosa, Mein Kampf, i fondamenti del pensiero e dell'azione nazisti: negli ebrei sono concentrati tutti i mali della società; l'ebreo trama contro la nazione tedesca, e cerca di soffocarla; dall'ebraismo nascono le ideologie dannose e perverse come liberalismo, democrazia, socialismo.
In particolare la persecuzione degli Ebrei si fece aspra a partire dal 1935, quando vennero approvate le leggi razziali (leggi di Norimberga).
Gli Ebrei furono espulsi legalmente dalle cariche pubbliche, dalle scuole, dai giornali. Avere anche un solo nonno ebreo bastava per non poter esercitare la professione di avvocato o di insegnante. I matrimoni misti vennero proibiti. Qualsiasi frequentazione di un ebreo poteva essere pericolosa.
Dopo la fine della II guerra mondiale l'afflusso di immigrati in Palestina aumentò ancora di più.
Cominciò allora un periodo di lotte, che sfociò in una vera e propria guerra quando la Gran Bretagna nel Maggio 1948, rinunciò al mandato sulla Palestina, dopo che l'ONU aveva deciso di spartire il paese in due stati, uno ebraico e uno arabo (novembre 1947). Gli stati arabi attaccarono il nuovo stato d'Israele, proclamato il 14 Maggio 1948, ma la guerra si concluse con la vittoria degli Israeliani. Ciò indusse centinaia di migliaia di profughi palestinesi a rifugiarsi nei paesi arabi vicini, da dove organizzarono le forze di guerriglia contro Israele.
Nel 1956, in seguito alla decisione egiziana di nazionalizzare il canale di Suez, gli Israeliani occuparono la striscia di Gaza e quasi tutta la penisola del Sinai, che però dovettero abbandonare. Nel 1964 si costituì al Cairo l'OLP(Organizzazione per la liberazione della Palestina), che intendeva riconquistare con le armi il territorio occupato da Israele per fondarvi uno stato palestinese indipendente. Nel 1967, con la <guerra dei sei giorni >, Israele attaccò Egitto, Siria e Giordania, estendendo le frontiere dello stato al Giordano, al canale di Suez e alle alture del Golan. Le tensioni riesposero nel 1967 con la <guerra del Kippur >, dopo la quale iniziarono le trattative di pace con l'Egitto. Nel 1979, con la mediazione degli USA, Egitto e Israele firmarono gli accordi Camp David., che riaprivano le relazioni diplomatiche tra i due paesi e riconsegnavano il Sinai agli Egiziani.
Rimaneva però irrisolta la questione dei Palestinesi, si di quelli che abitavano nei territori occupati da Israele, sia di quelli accolti nei campi profughi situati nei paesi arabi vicini, per lo più tollerati come ospiti turbolenti e in alcuni casi addirittura perseguitati. Nel 1988 il malcontento della popolazione palestinese in Cisgiordania e nella striscia di Gaza è sfociato in aperta ribellione con l'Intifada, la <rivolta delle pietre >, scatenata dall'OLP duramente repressa da Israele. Le mediazioni internazionali per arrivare alla pace si sono concretizzate nel 1993 con il reciproco riconoscimento di Israele e dell'OLP e con la <dichiarazione di principio > firmata a Washington dal primo ministro israeliano Rabin e dal leader dell'OLP Arafat. E' seguito nel 1994 l'accordo sull'autonomia dei territori palestinesi di Gaza e Gerico, evacuati dalle truppe israeliane.
Yassir Arafat
Dal Maggio 1994, in seguito all'accordo stipulato a Washington nel Settembre 1993 tra il primo ministro israeliano Rabin e il leader dell'OLP, Yasser Arafat, l'esercito israeliano, dopo 27 anni di occupazione, si è ritirato dalla striscia di Gaza (378 Km2, circa 750.000 abitanti) e dalla città di Gerico, un'area di poco più di 50 Km2, abitata da circa 14.000 Palestinesi. Il 4 Luglio 1994 è ufficialmente entrato in carica il primo governo autonomo palestinese, con sede a Gerico, il cui capo è il leader dell'OLP.
E' questo il primo passo verso un futuro stato palestinese che dovrebbe comprendere anche tutto il territorio, ancora occupato, della Cisgiordania, con i suoi quasi 6.000 Km2 e oltre un milione di abitanti.
Per finanziare l'amministrazione palestinese a Gaza e Gerico sono giunti contributi da Kuwait, Emirati Arabi e Arabia Saudita. Particolarmente critica è la situazione nella striscia di Gaza, che ha una densità tra le più alte del mondo. Le condizioni economiche sono precarie e la disoccupazione è altissima.
I Palestinesi non dispongono di porti commerciali (sono costretti a usare quelli di Haifa e Ashod) né di aeroporti. Le uniche fonti di reddito sono state finora le modeste attività agricole, i salari dei Palestinesi che lavorano in Israele e le rimesse degli emigrati nei paesi del Golfo. Molte speranze sono riposte nel rilancio turistico della costa.
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