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Giovanni verga




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GIOVANNI VERGA



L'esperienza e l'opera di Giovanni Verga hanno una loro particolare singolarità nello sfondo culturale del secondo Ottocento, per il modo in cui lo scrittore esprime sia nei contenuti che nelle forme la sua personale adesione al verismo.

Verga non è l'intellettuale che vuole assumere l'atteggiamento romantico del vate: la componente ideologica per lui è secondaria nella sua scrittura.

Verga entra in diretto contatto con le esperienze culturali più vivaci, quali la Scapigliatura e il Realismo, e riesce a mettere a fuoco in modo nuovo la sua personale esigenza della realtà, che era già emersa nelle opere giovanili.

Deluso dall'esito del Risorgimento, avverte presto che dietro la superficie soddisfatta e opulenta della emergente borghesia si nasconde la sopraffazione e l'ingiustizia.

Dal naturalismo francese Verga prende lo spunto per la sua teoria, secondo la quale, un autore deve togliere le sue idee per lasciar parlare i fatti, secondo una rigorosa oggettività.

In un periodo in cui la lingua usata per scrivere era raffinata e estetica, Verga usa, senza ricorrere al dialetto, un italiano più popolare, arricchito da espressioni tipicamente siciliane.

Diverso comunque il verismo del Verga da quello degli altri autori italiani, più inclini al bozzetto e al Naturalismo.

Nato nel 1840 a Catania da una famiglia di proprietari terrieri, compì i primi studi sotto l'osservazione di un sacerdote, che lo istruì secondo le sue vocazioni veriste. I suoi primi romanzi furono Amore e patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune, di chiara ispirazione romantico - patriottica. Altre opere scritte dal 1886 furono Una peccatrice, Storia di una Capinera, Eva, Tigre reale, Eros, e Nedda la prima, dopo Storia di una Capinera, ad avere un'impronta verista. Seguirono con lo stesso stile Vita dei Campi, I Malavoglia, Il marito di Elena, Novelle Rusticane, Libertà, Cavalleria rusticana, La lupa, Dal tuo al mio e Mastro don Gesualdo. Prima della morte, avvenuta nel 1922, Verga iniziò La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso.


Commento della novella La Roba, tratta dalle Novelle Rusticane.La novella che appare nelle Novelle Rusticane, scritte nel 1883, narra la storia di un misero contadino, di nome Mazzarò, che con la furbizia e l'intelligenza riesce ad accumulare ettari di terre, e ad raggiungere la ricchezza. Mazzarò però ha poi finito col fare della sua roba una sorta religione, che lo ha reso schiavo privandolo di ogni piacere. Per raggiungere ciò, spodestò il suo vecchio padrone, un vecchio barone, e si diede alla speculazione più o meno lecita. La novella imperniata sulla vita di Mazzarò, presenta un inizio che serve solo ad introdurre il protagonista dal punto di vista di un umile. Mazzarò in sostanza era un povero contadino, che non sopportando la sua condizione, decide di accumulare terre, non sapendo che farsene dei soldi, grazie al suo ingegno. Una volta che però raggiunse il suo obbiettivo, si rese conto che dopo la morte, avrebbe dovuto abbandonare i suoi tanto amati poderi. Il racconto ha il suo riferimento storico nei cambiamenti economici e sociali avvenuti in Sicilia negli anni conseguenti l'unificazione d'Italia, con l'avvento dei borghesi, con la frantumazione dei vecchi latifondi posseduti dai nobili (stesse condizioni verranno narrate dal Lampedusa, nel suo romanzo Il Gattopardo).


I MALAVOGLIA

Un tempo i Malavoglia prosperavano in diverse paesi intorno Catania. Le molte disavventure che li portarono in diversi posti, risparmiarono la famiglia di padron 'Ntoni, che possedeva la barca Provvidenza. Oltre a lui la famiglia era composta dal figlio Bastianazzo, la Longa, moglie del precedente, 'Ntoni il maggiore, nipote del capofamiglia, Luca, Mena, Alessi, e Lia.

L'andamento economico della famiglia era segnato dal carattere di padron 'Ntoni, la quale saggezza consisteva nel sapere accettare con coraggio e dignità la propria sorte. E' già chiara la prospettiva morale dei Malavoglia, la scelta che li separerà dal resto del paese, teso verso un'affannosa ricerca di miglioramento economico.

Nel dicembre del 1863, 'Ntoni era stato chiamato per il servizio di leva, e suo nonno andava chiedendo per l'autorità del suo paese un aiuto per riformarlo. Ma il ragazzo non aveva nessun difetto fisico e venne così arruolato. Con la partenza del giovane, la famiglia perse uno dei maggiori sostegni, e il vecchio 'Ntoni decide di acquistare un carico di lupini, per poi rivenderli. Ma la barca dove erano stati caricati affonda e con lei muore Bastianazzo, lasciando la famiglia nel dolore e nella rovina. Perdendo i lupini padron 'Ntoni è costretto a vendere la casa del nespolo, e nel frattempo Luca muore in battaglia.

Dopo che la barca venne ripescata, la famiglia si rimise a pescare, ma 'Ntoni, tornato dal servizio militare, si lamenta per le sue condizioni di vita, e da qui nascono litigi con sua madre e il nonno.

Poco dopo, la Longa muore di colera, e il giovane 'Ntoni se ne va dal paese. Ritornò dopo pochi mesi internamente cambiato. Una notte ferì con una coltellata don Michele: di conseguenza finì processato e condannato a cinque anni di lavori forzati.

Alessi prese il posto del nonno, ormai morto di vecchiaia in ospedale. Ormai dei Malavoglia restano soltanto Alessi sposato con la Nunziata, e la Mena.

Passati cinque anni 'Ntoni ritorna una notte al paese, ma solo per una visita veloce, per poi dare l'addio ad una vita passata e incominciarne un'altra nell'ignoto.




GIOSUÈ' CARDUCCI

Giosuè Carducci avverte il disagio di fronte alla realtà contemporanea che lo lascia deluso e insoddisfatto, ma egli trova una soluzione su piano formale e su quello delle idee fortemente diversa dalle scelte di tutte le altre correnti. D'altronde rifiuta le proposte degli scapigliati, di cui non condivide la contestazione dei valori morali, evita il Naturalismo, che gli si presenta come una degradazione della letteratura, e scansa il Romanticismo. La figura del Carducci ha un notevole rilievo sia per il modo in cui egli interpreta la sua epoca, sia per il valore della sua elaborazione formale. Formatosi attraverso uno studio dei classici, egli vede come primo obiettivo della sua opera di poeta la restaurazione della tradizione.

Carducci assume il ruolo di intellettuale polemico nei riguardi della società di cui denuncia le diffuse mancanze. Da questo atteggiamento trae origine la sua indignazione anche nei confronti della situazione politica italiana e in particolare per l'irrisolta questione della capitale romana.

Accanto alla poesia di ispirazione storica ha parallelo rilievo per il Carducci la poesia delle memorie personali, composta da nostalgie verso la giovinezza, dal rapporto con la natura. Nel Carducci si fondono esperienze diverse: il classicismo, l'eredità del romanticismo e il realismo.

Giosuè Carducci nato nel 1835 a Val di Castello, trascorse la giovinezza in Maremma. L'iniziazione agli studi gli venne fatta dal padre, medico condotto, che poi proseguì dagli Scolopi di Firenze, e dalla scuola normale di Pisa. Nel 1858 fondò il gruppo degli "amici pedanti"; scrisse in questi anni Juvenilia e Levia Gravia.

Ispirato al positivismo, nel 1863 scrisse l'inno A Satana. Si iscrisse in seguito alla massoneria e appoggiò apertamente Garibaldi; cominciata la repressione dei repubblicani, anche Carducci venne inquisito.

In questo tempo il poeta scrisse I Giambi ed Epodi, Ode alla regina d'Italia, Rime Nuove, Odi Barbare.

Morì nel 1907 a Bologna, dopo aver ricevuto il Nobel e il titolo di senatore d'Italia.




SAN MARTINO

Prosa


la nebbia a gl'irti colli

piovigginando sale,

e sotto il maestrale

urla e biancheggia il mar;


La nebbia si dirada tra le cime svettanti, e il mare si agita per effetto del maestrale.


ma per le vie del borgo

dal ribollir de' tini

va l'aspro odor de i vini

l'anime a rallegrar.


ma per le vie del paese, l'odore del vino, dal bollire dei tini, va a far gioire gli animi.


Gira su' ceppi accesi

lo spiedo scoppiettando:

sta il cacciatore fischiando

su l'uscio a rimirar


Lo spiedo scoppiettando viene girato sui tronchi di legno accesi: fuori sull'uscio, il cacciatore guarda fischiettando


tra le rossastre nubi

stormi d'uccelli neri,

com'esuli pensieri,

nel vespero migrar.


stormi di uccelli neri, tra le nuvole rossastre, come pensieri che se ne vanno nel tramonto.



PIANTO ANTICO

Prosa


L'albero a cui tendevi

la pargoletta mano,

il verde melograno

da' bei vermigli fior,


L'albero a cui tendevi la mano giovane, un verde melograno dai bei rossi fiori,


nel muto orto solingo

rinverdì tutto or ora,

e giugno lo ristora

di luce e di calor.


nel silenzioso orto rinverdisce fino ad ora, e il bel tempo di giugno lo risana.




Tu fior de la mia pianta

percossa e inaridita,

tu de l'inutilvita

estremo unico fior,


Tu fiore della mia pianta, senza più energia, tu della vita inutile sei l'unico fiore,


sei nella terra fredda,

sei nella terra negra,

né il sol più ti rallegra

né ti risveglia amor.


lo sei nella terra fredda, lo sei nella terra scura, il sole più non ti giova, né ti ridà amore.



IL COMUNE RUSTICO

Prosa


O che tra faggi e abeti erma su i campi

smeraldini la fredda ombra di scampi

al sole del mattin puro e leggero,

o che foscheggi immobile nel giorno

morente su le sparse ville intorno

a la chiesa che prega o al cimitero


La fredda e solitaria ombra si dipinge su i verdi campi, tra i faggi e gli abeti, al sole, puro e leggero, del mattino, e che incupisca immobile nel tramonto, sulle sparse case intorno alla chiesa o al cimitero


che tace, o noci de la Carnia, addio!

Erra tra i vostri rami il pensier mio

sognando l'ombre d'un tempo che fu.

Non paure di morti e in congreghe

diavoli goffi con bizzarre streghe,

ma del comun la rustica virtù


silenzioso, vi saluto noci della Carnia. Cammina tra i vostri rami il mio pensiero, immaginando il passato di un tempo che è passato. Non penso ai morti o ai diavoli o alle streghe, ma al comune, pregiato dalla sua rusticità,



accampata a l'opaca ampia frescura

veggo ne la stagion de la pastura

dopo la messa il giorno de la festa.

Il consol dice, e poste ha pria le mani

sopra i santi segnacoli cristiani:

- ecco, io parto fra voi quella foresta


insieme all'indefinita  grossa frescura

che vedo durante la stagione della pastura, dopo la messa di Domenica.

Il console dice, ponendo le mani sul libro sacro: Ecco, io parto con voi in quella foresta


d'abeti e pini ove al confin nereggia.

E voi trarrete la mugghiante greggia

e la belante a quelle cime là.

E voi, se l'unno o se lo slavo invade,

eccovi, o figli, l'aste, ecco le spade, morrete per la nostra libertà. -


di abeti e di pini dove il confine inizia.

E voi prenderete le mandrie dei bovini e degli ovini, in quelle cime.

Inoltre, se lo straniero vi attacca, eccovi le armi con cui se morrete, sarà per la nostra libertà.


Un fremito d'orgoglio empieva i petti,

ergea le bionde teste; e de gli eletti

in su le fronti il sol grande feriva.

Ma le donne piangenti sotto i veli

invocavan la madre alma de' cieli.

Con la mano tesa il console seguiva:

- Questo, al nome di Cristo e di Maria,

ordino e voglio che nel popolo sia. -

A man levata il popol dicea Sì.

E le rosse giovenche di su'l prato

vedean passare il piccolo senato,

brillando su gli abeti il mezzodì.


Un fremito d'orgoglio riempiva i petti,

tra le teste bionde; e le fronti dei prescelti venivano illuminate dal sole.


Ma le donne piangevano sotto i loro veli, pregando la vergine.

Con la mano tesa il console seguitava: Tutto questo ordino che avvenga, per Cristo e Maria. -

E con la mano alzata il popolo diceva si.

E le rossastre mucche sul prato vedevano passare il piccolo gruppo, rilucendo su gli abeti verso mezzogiorno.



Commento

Per la poesia "Il comune rustico", il Carducci ne trasse l'ispirazione durante un soggiorno in Carnia. Questa sua opera, considerata a maggior ragione una delle sue più celebri e belle composizioni, è caratterizzata da un'atmosfera semplice e felicemente armonizzata con la natura. Essa narra i pensieri di Carducci, partendo da una descrizione del luogo in cui si trova il poeta, che lascia lavorare la sua fantasia, trasportandosi nel medioevo, ma non nell'era che c'immaginiamo remota e oscura, ma in un medioevo rinascimentale, con i comuni che lottavano per la loro indipendenza, e gli uomini amavano la loro patria. La piccola comunità montanara è minacciata dal pericolo di un invasione: per cui il console del paese, richiama i giovani, suscitando in loro l'onore e l'orgoglio per la loro libertà. Nonostante la povertà di quei contadini, il Carducci ne immagina il loro orgoglio, non da meno degli abitanti dell'antica Roma; essi sono modello di alti valori civili e morali: dignità, uguaglianza, giustizia, patriottismo.

L'ultima immagine ricollega la gente alla natura, in un legame armonioso, che il poeta prende ad esempio per l'era contemporanea.


Il quadro storico


Economia e società alla fine dell'ottocento

Dopo il 1870 l'Europa conobbe un quarantennio di pace e una seconda rivoluzione tecnologica. Lo sviluppo del sistema capitalistico fu tuttavia turbato da una lunga depressione, che colpì soprattutto l'economia europea per oltre vent'anni. La conseguenza più vistosa fu l'esplosione dell'emigrazione dalle campagne del vecchio continente verso l'Americhe. I governi imboccarono la politica del protezionismo con l'istituzione di pesanti tariffe doganali sulle importazioni e ripresero l'espansione coloniale per assicurare all'industria nazionale spazi e privilegi protetti dalla concorrenza internazionale

L'Inghilterra si vide superata dalle nuove potenze, quali la Germania e gli stati Uniti. La società occidentale assunse i caratteri della massificazione, cioè della creazione di grandi città anonime, con il perdersi dei contatti fra gli uomini. Crebbe l'importanza di nuove forze politiche, come i sindacati e i partiti, che organizzarono vari strati di popolazione. Iniziarono le loro attività i primi partiti socialisti europei. Nel contesto della mutata realtà sociale si crearono nuovi problemi, quali l'emancipazione femminile, la disoccupazione e la sicurezza sociale.


L'imperialismo

Il nuovo slancio industriale e la concorrenza internazionale, portarono le nazioni occidentali alla politica dell'imperialismo, motivata dalla necessità di reperire materie prime, di vendere i prodotti delle proprie industrie e investire in mercati dove non vi fosse concorrenza. L'espansione e la dominazione coloniale erano inoltre giustificate dal fatto che gli europei avrebbero dovuto diffondere il progresso nei paesi barbari. L'unico scontro tra potenze per le colonie si ebbe tra la Russia e Il Giappone, e quest'ultimo ne uscì vincitore. Salì anche la potenza degli Stati Uniti i quali preferivano all'occupazione militare, quella economica.


L'Europa nell'età dell'imperialismo

La Germania si era affermata come la nazione più potente dell'Europa. Il programma politico di Bismark prevedeva, tramite un complesso gioco di alleanze, di lasciar fare all'Inghilterra e alla Francia sul piano coloniale, ma di contrastarle sul piano europeo.


Queste due potenze avevano conosciuto diverse trasformazioni durante il secolo. La Francia era divenuta, dopo la fine della monarchia di Napoleone III, una repubblica, e l'Inghilterra aveva intrapreso una politica riformista per i ceti popolari. Dopo il governo di Bismark, la Germania si alleò con l'impero Austro - Ungarico, e la Francia si alleò con l'Inghilterra (duplice intesa).


Il quadro delle idee


La crisi del positivismo

Fra la fine del 19° secolo e l'inizio del 20°, la fiducia nel progresso entra in crisi. La crescente complessità della realtà sociale e le nuove frontiere della ricerca scientifica evidenziano l'inadeguatezza del positivismo. Il positivismo aveva fondato le sue basi sul metodo sperimentale, e sul confronto delle teorie con la realtà dei fatti. Il fisico austriaco Ernst mach sottolinea come sia assurda la fede nella scienza. Il principio della conoscenza scientifica non assoluta ma solo legata a finalità pratiche si afferma anche nelle ricerche fisico matematiche.


L'Irrazionalismo di Nietzsche

La crisi del positivismo viene evidenziata anche dall'ascesa di tematiche irrazionali, quali quelle di Nietzshe. Egli sostiene che la scienza non è altro che il tentativo di risolvere la complessiva realtà dell'universo in un numero limitato di leggi. Anche i valori morali e le convinzioni religiose hanno una natura convenzionale. L'uomo deve dunque impegnarsi nella distruzione d tutto ciò che concerne la civiltà occidentale. Il superuomo nietzscheano esprime l'orgoglioso rifiuto della massificazione avvenuta nella società industriale.


Lo spiritualismo

in Francia, a partire dal 1870, maturò una critica al positivismo che nasceva dal riconoscimento che l'esperienza umana comprende qualcosa che va al di là dei fatti e che coinvolge la coscienza e lo spirito. Il filosofo Henri Berson sviluppò in maniera organica queste premesse. La vita psichica è costituita da un flusso unitario, nel quale è impossibile isolare e valutare un singolo momento. La coscienza dell'uomo è tesa verso l'avvenire che viene visto come qualcosa da realizzare e nel quale impegnare la propria libertà. Come in Nietzsche, anche in Bergson l'opposizione al Positivismo porta all'esaltazione della creatività dello spirito e della libertà.


La psicanalisi.

La tensione fra il comportamento imposto dalla società e la vita psichica più profonda è alla base della psicanalisi, la dottrina fondata dal neurologo Sigmund Freud Essa si fonda sull'opposiozione fra conscio ed inconscio, che rappresentano la nostra vita psichica e il nostro mondo interiore.


Il quadro letterario

L'avanzare dell'industrializzazione e delle sue conseguenze economiche e sociali, la crisi del positivismo, il sorgere di forme di pensiero irrazionaliste, il diffondersi di nuovi studi di scienze umane, fa avvertire gli effetti nel campo della creatività artistica e, in particolare, di quella letteraria.

Negli anni fra il 1840 e il 1880 prende forma un movimento destinato a diffondersi in tutta Europa, che viene indicato col termine decadentismo. Esso ha la sua origine in Francia e trova occasione di manifestarsi nel bisogno avvertito da un gruppo dio intellettuali di rifiutare la realtà politica creatasi con la repressione del movimento rivoluzionario della comune.

La svalutazione della ragione comporta il rifiuto da parte del nuovo tipo di intellettuale di ogni prospettiva democratica, che si regge su criteri di uguaglianza, i quali risalgono ad una lettura in chiave logica dei diritti dell'uomo.

I decadenti invece vedono in essa solo il trionfo della massa. Nel decadentismo Il rifiuto dell'azione concreta nel quotidiano non significa l'annullamento di ogni funzione per la figura dell'artista. Dato che alla ragione i decadentisti sostituiscono come strumento privilegiato di conoscenza l'intuizione, essi contrappongono proprio il il modello dell'artista.

La svalutazione delle leggi morali porta alla celebrazione di una libertà assoluta: ogni precedente distinzione fra reale e ideale, fra arte e vita viene eliminata. Unica norma valida rimane il valore estetico. Fra gli atteggiamenti più caratteristici dei poeti rientrano il satanismo e il maledettismo.

Il valore dato alle sensazioni porta gli intellettuali decadenti a privilegiare un'interpretazione del tutto soggettiva del mondo. L'artista è giudicato in base alla sua capacità di esprimere una personale interpretazione delle proprie esperienze di vita.

Come si svaluta l'azione si svaluta anche la storia. Il tema del tempo assume nuovo significato trasformandosi nel motivo della memoria. Il decadentismo segna la fine dell'ottocento e, l'esaurirsi del primato della cultura europea, ma apre il mondo anche alla modernità. In Italia già la scapigliatura aveva in parte preannunziato il decadentismo che appare però chiaramente solo nelle opere di D'Annunzio, Pascoli, e di Pirandello.


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