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Nasce in Romagna nel 1885. Studia lettere, coltiva la conoscenza delle letterature antiche e della filosofia classica. S'impegna molto politicamente a sinistra in gioventù. Svolge la professione di insegnante liceale e poi universitario a Bologna, Messina e Pisa. Le principali raccolte sono: MYRICAE, CANTI DI CASTELVECCHIO, POEMI CONVIVIALI, ODI E INNI, NUOVI POEMETTI, CANZONI DI RE ENZIO, POEMI ITALICI, POEMI DEL RISORGIMENTO.
La produzione pascoliana è rivolta a rendere evidente il mistero e l'ambiguità che circondano l'esistenza umana, sospesa al di sopra dell'oscuro baratro della morte, verso il quale, di attimo in attimo, inarrestabilmente precipita. L'incombere della morte sull'uomo non è inteso però come il naturale limite dell'esperienza terrena: la morte nella poesia del Pascoli è una presenza continua, ossessiva, che riempie le giornate della vita, rendendosi percepibile attraverso i richiami allusivi provenienti dal mondo della natura. Ma non è solo il mistero della morte ad animare il discorso poetico pascoliano: tutte le forme del cosmo, entro il quale si svolge l'esperienza umana, appaiono al poeta ambigue, prive di un preciso confine con i sensi che le percepiscono. La natura sembra corrispondere all'ansia del poeta che la interpella, rivelando, in tutte le sue manifestazioni, una sensibilità turbata, assai simile a quella del suo interlocutore. A questa inquietante concezione della natura si unisce il senso di desolazione proveniente dalla constatazione della forza del male che agisce nel cuore dell'uomo spingendolo ad una perpetua lotta con i suoi simili. Della violenza il poeta fanciullo fece una personale esperienza attraverso la tragica morte del padre, assassinato da un ignoto sicario; la perdita della figura paterna e il conseguente sgretolamento della famiglia, diventarono per il poeta il simbolo della precarietà, della mancanza di certezze, della solitudine inevitabilmente connessa alla condizione umana. Una visione tormentosa e perplessa della vita determinò inevitabilmente nel poeta il desiderio di fuggire dal mondo degli uomini e di trovare rifugio in quello della natura: gran parte delle poesie delle varie raccolte pascoliane hanno infatti per oggetto il mondo naturale, il paesaggio agreste, il trascolorare delle ore del giorno, il piccolo mondo degli animali e del cielo, e dei boschi, il colorato e misterioso universo floreale. Ma questo mondo, una volta toccato dallo sguardo del poeta e trasferito nella sua poesia diventa anch'esso ambiguo; le linee che definiscono gli oggetti si confondono, i suoni che provengono dalla natura (il soffiare del vento, il brontolio del tuono, il cinguettio degli uccelli.) assumono la tonalità di voci umane, che entrano in colloquio col poeta. La lingua pascoliana tende a rendere, attraverso le parole, non immagini concrete e definite, ma quel senso indefinito, impalpabile, che egli ha captato nelle voci delle cose; a questo fine il poeta fa largo uso di onomatopee, di allitterazioni, di ardite metafore, di sinestesie. Il discorso del Pascoli si mantiene sempre ad un livello di immediata comprensibilità.
MYRICAE: (arbusta iuvant arbora milesque myricae (Virgilio) = piacciono gli arbusti e le basse tamerici.).
Composta inizialmente da 22 liriche, arriva a 156 nell'ultima edizione. Il clima è campestre: sintassi elementare, lessico preciso, rispondenze fonetiche, simbolismo elaborato.
Temi: morte, frustrazione dei sensi, pessimismo cosmico e tragico. Poesia solo apparentemente semplice. Il poeta parte da elementi quotidiani, immagini e sensazioni semplici. Esiste un eccesso di sentimentalismo, e una totale assenza di autoironia. Con la sua poesia vuole far provare al lettore lo stupore, l'emozione e la sorpresa. Come un "fanciullino" di fronte agli oggetti.
Movimento storico e culturale nato in Francia verso il 1880, nei cenacoli dei poeti bohemiens, che furono definiti decadenti in senso dispregiativo dalla società borghese, in quanto esprimevano la crisi dei valori e la perplessità delle coscienze. In seguito il termine perse la sua accezione negativa e moralistica e divenne la definizione di un movimento culturale e spirituale che segue la crisi del Positivismo.
La realtà europea era travagliata da una profonda crisi, a causa dello sviluppo industriale, i maggiori Stati europei conducevano una politica imperialistica di potenza e sopraffazione, alimentando così pericolose tendenze nazionalistiche avverse alle istituzioni parlamentari. Numerose espressioni di individualismo e irrazionalismo contrastavano la fiducia nella ragione ed il culto della libertà, preannunciando il primo conflitto mondiale. Il sentimento più diffuso e dominante era quello di una crisi esistenziale causata soprattutto da esperienze tragiche quali le dittature, le guerre, le rivoluzioni e anche scoperte scientifiche che misero in crisi una civiltà millenaria, e la visione stessa dell'uomo nella cultura occidentale.
Caduta la fede nella libertà e nella religione, si verifica un ritorno alla volontà, della spiritualità umana e degli impulsi più segreti dell'animo, contro gli aridi schemi della razionalità. Si abbandona perciò l'osservazione della realtà esterna, per calarsi nell'animo umano, misurandone la profondità dei sentimenti, le ansie, i dubbi, le passioni e le aspirazioni, alla ricerca della più autentica verità interiore.
Gli aspetti fondamentali della concezione Decadente sono il senso della realtà vista come mistero e la scoperta di una dimensione nuova dello spirito, quella dell'inconscio e dell'istinto, concepita come superiore alla razionalità. Si tratta di una rivoluzione antirealistica, che nega gli aspetti quotidiani dell'esistenza e afferma la solitudine dell'individuo, esaltando l'IO. Si raggiungono così estreme conseguenze: il sentimento del mistero, l'irrazionalismo e l'individualismo.
E mentre l'inconscio romantico è la scoperta dell'integrazione dell'uomo a tutto l'universo, caduto lo slancio, l'uomo si trova in balia di una solitudine senza rimedio. L'io decadente non ha nobili mete da raggiungere: caduta ogni fede nei valori tradizionali e apertasi una ferita tra l'artista e la società, l'individualismo si muta in solitudine, smarrimento e sgomenta contemplazione degli istinti.
La letteratura decadente provoca una rivoluzione sia nei contenuti sia nelle tecniche.
Il decadente ritiene che solo la poesia possa attingere al mistero. Diventa così la più alta forma di conoscenza.
La parola sarà solo illuminazione momentanea del mistero, rivelazione attraverso la sua capacità evocativa e suggestiva. La parole non è più usata come elemento del discorso logico, ma assume la funzione di avvicinamento all'essenza misteriosa delle cose.
Non si tratta quindi più del linguaggio come mimesi della realtà. Realtà e linguaggio coincidono, sono la stessa cosa.
La parola è come una musica che suggerisce, avoca, senza far ragionare.
Viene infranta ogni struttura intellettuale e sintattica e la poesia diventa un
frammento rapido, carico di significati simbolici.
Il poeta non è più la coscienza e la guida dei popoli, ma diventa il veggente.
La caratteristica di fondo della poesia è il ricorso analogia che consiste nell'accostamento di immagini, non tanto per somiglianza naturalistica, ma quanto per comune appartenenza a nascoste significazioni simboliche.
È il linguaggio del sogno che viene utilizzato non solo per la poesia decadente, ma anche per la narrativa. Il sogno ha quindi insegnato a utilizzare le condizioni di mancanza di spazio, tempo e casualità.
La poesia vista come illuminazione e il simbolismo sono i caratteri fondamentali della lirica decadente. La narrativa, come conseguenza alla crisi del rapporto io-mondo, segna la fine del romanzo d'impianto naturalistico, con il conseguente scardinamento di tutte le strutture tradizionali.
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