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Giovanni - I Malavoglia
Giovanni verga è unanimemente riconosciuto come il più grande dei nostri scrittori veristi.
Nato a Catania nel 1840, vi restò fino all'età di venticinque anni, quando , interrotti gli studi di giurisprudenza per tentare la via letteraria e dopo aver scritto i suoi primi romanzi del tipo storico risorgimentale (amore e patria, i carbonari della montagna e sulle lagune ) si trasferì a Firenze dove frequentò i maggiori salotti letterari ed iniziò a comporre le sue prime opere di successo: "una peccatrice e storia di una capinera".
Con questi romanzi, verga, pur risentendo ancora dell'influenza del secondo romanticismo, già rivela la tendenza alla costruzione oggettiva di ambienti e personaggi, tipica del verismo.
Negli anni successivi, verga si trasferì prima a milano, dove compose altri romanzi che, seppure continuano sulla scia tardo romantica, in realtà iniziano a rivelare l'esigenza di scoprire un mondo umano più autentico ove vivono le genuine passioni legate ai bisogni elementari della sopravvivenza, senza le false lacrime ed angosce tipiche degli ambienti borghesi intristiti ed annoiati in una vita lussuosa e viziata.
In questa fase della sua vita, il verga avverte il bisogno impellente di una nuova moralità personale che lo porterà a ripudiare la fino ad allora vissuta vita salottiera , e ad avere l'intuizione che l'umanità più vera è quella che lui stesso aveva conosciuto nei primi anni di vita e che aveva lasciato li, in Sicilia, in quei paesini dove la gente stentava la vita giorno dopo giorno, nelle cave di pietra, nelle saline, o su qualche sgangherata barca ad affrontare i rischi del mare.
Questa riflessione, secondo me, ha portato il verga alla sua conversione al verismo, una specie di redenzione prima morale e poi poetica che sicuramente era anche lo sbocco naturale della sua personalità e della sua innata umanità.
Inoltre, il Verga, in quel periodo sarà stato sicuramente influenzato dal romanzo naturalista che dominava in francia e che lui avrà imparato a conoscere dalle opere di Emile Zola di cui era lettore e che eras il più grande scrittore naturalista in quella nazione. Altra ispirazione per il verga, per l'accostamento al naturalismo, sarà stata data dall'amicizia per il suo conterraneo e contemporaneo Luigi Capuana teorico del naturalismo.
Giovanni verga tornerà quindi nella sua Sicilia e da li, inizierà a scrivere una serie di opere tutte con lo stile del verismo.
La sua opera, che secondo me apre un accenno a quella più grande dei Malavoglia, è "Fantasticheria", dove il verga in un certo senso traccia le linee della predetta opera.
Tutti i personaggi dei Malavoglia, o meglio quelli più importanti, emergono senza nomi in quella lettera che nella storia verga immagina di scrivere ad una nobildonna annoiata, che dopo aver passato quarantotto ore ad aci trezza decide di andare via ed anticipare la partenza, rispetto ad una prevista permanenza di un mese. In quella lettera, giovanni verga rinnega quel mondo frivolo e slavato che pure lo aveva visto protagonista per un decennio, per avvicinarsi agli umili di aci trezza.
Nasce l'ideale dell'ostrica, quello cioè, degli uomini umili, che vivono una vita di stenti e, di rassegnata miseria e sacrifici senza desiderare altro, pregando Dio di chiudere gli occhi la dove li hanno aperti, in mano del medico del paese.
Verga cerca di trasmettere ai lettori quella, in un certo senso assurda, verità della vita degli umili di quei tempi (che secondo me è anche attuale), facendo percepire a pelle le loro emozioni e gli stenti di tutti i giorni, l'istinto dei deboli e dei piccoli di stringersi fra di loro per resistere alla tempesta della vita, la norma cioè, del mutuo soccorso.
L'ideale dell'ostrica che accomuna gli umili, non nasce in loro da una conquista del pensiero o da una speculazione filosofica, non è frutto di una libera scelta: è una necessità dettata da una ferma volontà di sopravvivere e fronteggiata da un istintivo buon senso.
I Malavoglia, primo dei capolavori verghiani, viene pubblicato per la prima volta nel febbraio del 1881 nonostante negli anni precedenti era stato più volte accennato, riscritto e abbozzato dal verga in forme e modi diversi.
Lo stesso verga, nella prefazione del romanzo, scrive di essere intenzionato con i Malavoglia, a scrivere un ciclo di romanzi chiamato "I VINTI" dove in ordine crescente, analizzerà l'animo umano che, vanamente convinto di poter cambiare il proprio destino, cercando di cambiare stato sociale, finirà per essere schiacciato e vinto dall'inevitabile fato. Questo perché, secondo verga, chiunque lotta contro la sorte per cambiare il proprio stato, è destinato fatalmente a soccombere.
Oltre ai Malavoglia, il ciclo dei vinti, sarebbe dovuto essere composto dai romanzi Mastro don Gesualdo, la duchessa di Leyra, l'onorevole Scipioni e Uomo di Lusso. Il verga scriverà soltanto i primi due romanzi mentre per il terzo ci lascerà solo una prima parte, mentre per i rimanenti non ne fece più cenno.
La grande novità dell'opera, stava nel fatto che, il verga, al contrario delle abitudini degli altri autori (ad esempio il Manzoni) dove la voce narrante dello scrittore introduceva le vicende ed i personaggi, inventa una nuova tecnica narrativa.
Nei Malavoglia parlano direttamente i personaggi che noi impariamo a conoscere direttamente da cio che fanno o che dicono o da cio che gli altri personaggi dicono di loro.
La voce narrante che commenta e giudica i fatti, non lo fa secondo la visione colta dell'autore, ma in base alla visione schietta e rozza della collettività popolare.
Infatti: anche il linguaggio è spoglio e povero, con molti modi di dire, proverbi, imprecazioni popolari, in cui traspare chiaramente la struttura dialettale, anche se il verga non usa mai direttamente il dialetto, ma sempre e solo lessico italiano.
La tecnica quindi sarà quella del discorso vissuto o indiretto libero.
La storia dei Malavoglia si svolge in un piccolo villaggio marinaro di aci trezza in provincia di Catania. Il luogo più importante è naturalmente la casa del nespolo, dove avive in comunità la famiglia Toscano detta dei Malavoglia, la cui storia è al centro del racconto. La vicenda si svolge dal 1883 al 1878. Nonostante l'impresa dei mille avvenuta pochi anni prima, la gente di aci trezza, resta assente o estranea ai motivi ideali del risorgimento. Anzi, il mondo esterno, il regno, il continente, vengono visti con ostilità perché una vecchia tradizione di servilismo e cupo terrore, ha abituato quella gente a odiare il governo ed i suoi rappresentanti. Nell'intera opera, il nuovo assetto politico è avvertito in poche circostanze e soltanto quando entra in conflitto con gli interessi del villaggio ( il servizio militare e le tasse).
I protagonisti.
Il protagonista del racconto è l'intero paese di acitrezza, con i suoi abitanti, che partecipano all'azione come massa corale o come singoli individui dai caratteri ben delimitati , nei quali si rispecchia la vita di tutti i giorni, con le sue miserie ed i suoi problemi, che sono poi i problemi e le miserie di sempre.
Ecco i nomi degli abitanti di acitrezza:
la famiglia Malavoglia: sono pescatori e il loro vero cognome è Toscano ; essi sono Padron 'Ntoni, il capo della famiglia, suo figlio Bastianazzo con la moglie Maruzza detta ironicamente La longaper via della sua statura, una donna che pensa solo a tessere, fare figli e salare le acciughe; i nipoti 'Ntoni un bighellone di vent'anni il più svogliato e inquieto dei Malavoglia; Luca, che a dire del nonno ha più giudizio del fratello maggiore; Mena, detta Sant'Agata perché sempre china sul telaio; Alessi, un moccioso tutto suo nonno; e infine Lia la più piccola.
La famiglia dei ZUPPIDDI: abitanti vicino ai Malavoglia, sulla stessa via; essa è formata dal marito Turi o Bastiano il calafato ( colui che rimetterà in sesto "la provvidenza"); Comare Venera la cui maggiore preoccupazione è quella di maritare sua figlia Barbara.
La famiglia Piedipapera: è composta da Agostino detto Tino, il sensale furbo e approfittatore, sempre pronto a sfruttare qualsiasi affare, compreso il contrabbando; sua mogli Gnà Grazia donna generosa e amica dei Malavoglia.
La famiglia della Locca: è composta dalla madre, una donna povera nonostante sia la sorella del ricco zio Crocifisso, e da due figli: Menico che perderà la vita in mare con Bastianazzo e l'altro (di cui non si dice il nome) che finirà nel contrabbando insieme a 'Ntoni Malavoglia.
La famiglia della cugina Anna: Anna è una povera vedova che abita di fronte ai Malavoglia; nonostante le numerose difficoltà ha una figlia Mara e numerosi figli tra cui il maggiore Rocco Spatu, ubriacone e fannullone implicato nel contrabbando.
Compare Alfio Mosca: un carrettiere ( forse quello che troveremo nella cavalleria rusticana) che abita accanto ai Malavoglia; ama Mena ed è ricambiato, ma il loro amore non sarà coronato dal matrimonio.
Padron Fortunato Cipolla : è il ricco del paese, proprietario di chiuse e di vigne nonché di una barca "la carmela"; ha un figlio, Brasi, che per breve tempo sarà fidanzato con Mena Malavoglia.
Don Franco, è lo speziale del paese Repubblicano e rivoluzionario (anche se solo a parole).
Vanni Pizzuto, è il barbiere che però vende anche erba bianca ed è in combutta con i contrabbandieri.
Don Silvestro, il segretario comunale, furbo e intrigante, sempre pronto a dare consigli am solo per i suoi interessi.
Don Gianmaria, il vicario, che vive con la sorella Rosolina; gli fa da sacrestano Mastro Cirino che è anche il bidello comunale.
Don Michele, il brigadiere delle guardie doganali, rivale di 'ntoni e da questi ferito. Personaggio interessante, che nel racconto mostra la parte marcia del Regno, facendola rivivere nello stesso personaggio senza il bisogno di narrarla (come invece faceva il Manzoni quando parlava delle malefatte delle guardie e di Don Rodrigo).
Mastro Croce Callà, il Sindaco del paese, detto Baco da seta o Giufà; è una nullità in balia della figlia Betta e dei furbi del paese.
Don Ciccio, il medico del paese che troviamo accanto al vecchio padron 'ntoni negli ultimi giorni di vita.
Zio Crocifisso, l'usuraio del paese, sempre e solo preoccupato di realizzare guadagni o di recuperare crediti, è soprannominato campana di legno perché quando non lo vogliono pagare non vuole sentire da quell'orecchio. Sposerà la nipote Vespa, per impossessarsi della sua chiusa, ma si pentirà subito dopo perché la donna prenderà il sopravvento
Mastro Filippo,agricoltore e commerciante di vino.
Mariano cinghialenta, un giovane frequentatore di osteria e contrabbandiere.
Mariangela
Sara di comare Tudda, è il primo amore del giovane 'Ntoni.
I personaggi di maggior rilievo sono Padron 'Ntoni ed il giovane 'Ntoni.
Padron 'Ntoni : la sua morale è semplice, quando il nipote 'Ntoni, dopo essere stato dall'avvocato, dice che lo zio Crocifisso non può prendergli la casa perché è dotale della Longa, il vecchio scrolla iol capo e dice "questo poi no! Questo non lo hanno mai fatto i Malavoglia. Lo zio Crocifisso si prenderà la casa del nespolo e tutto il resto, ma i lupini ce li ha dati e bisogna pagarli."
Le idee radicali di quest'uomo sono :l'onore, la casa, la famiglia. La sua filosofia nasce da una serie di massime e proverbiche gli derivano da una saggezza secolare in base alla quale lui conforma la sua vita, "perché il motto degli antichi mai mentì".
Padron 'Ntoni, in tutta la storia, si esprime infatti con massime, proverbi, almeno fino ad un certo punto del racconto, fino a quando si trova ad affrontare un momento di scoramento del giovane 'Ntoni. In quel momento, il vecchio parla al giovane con quella dolcezza e saggezza che solo un nonno può avere e lo fa con parole toccanti che portano il giovane 'Ntoni a piangere ed a fare promesse che poi non manterrà.
Padron 'Ntoni personifica l'ideale dell'ostrica, il cui unico pensiero, è quello dell'insidia del gambero o del coltello del sub che la stacca dallo scoglio. La fede del focolare domestico è tale che, anche quando vecchissimo, si metterà ancora a parlare alla Mena della casa del nespolo, della provvidenza da riparare, della dote per lei e per la sorella Lia, e si farà contare i soldi raggranellati un po' in tutti i modi.
La religione del focolare domestico, tutta basata sull'onestà e sul lavoro, fa stringere i denti al vecchio che tiene unita la famiglia perché per menare il remo bisogna che tutre e cinque le dita si aiutino l'un l'altro"; tutte le disgrazie che si abbattono sulla famiglia, sono prese con rassegnazione, come da chi da sempre sa, che le cose vanno così e che non bisogna fare nulla per cambiare il proprio destino, ma solo rialzarsi ogni volta e ricominciare.
Il giovane 'Ntoni è il ribelle ed il vinto.
Uscito di casa per fare il soldato, ha avuto modo di vedere la vita di Città, accorgendosi che c'è gente che stà assai meglio.
Ritornato a casa avrà un inevitabile rigetto alla vita di quei posti. L'ideale dell'ostrica non lo soddisfa , sogna di andare via cambiare vita, avere una vita più moderna, più mondana.
Egli sarà quindi il vero vinto, per essersi voluto staccare dal gruppo per bramosia del meglio o per la curiosità di conoscere il mondo e finirà per essere ingoiato dal pesce vorace che è il mondo e con lui sarà ingoiata l'intera famiglia.
Finirà anche lui in carcere per avere accoltellato Don Michele e, dopo questa esperienza, capirà che non si deve violare la legge sacra della fedeltà alla famiglia, alla tradizione domestica, al dovere, al lavoro. Chi tradisce questa religione è destinato alla rovina.
Vorrei concludere questo tema, con una riflessione: il Verga, pur non essendo riuscito, per nostra sfortuna, a completare l'opera dei vinti, scrivendo soltanto due romanzi ( i malavoglia e mastro don Gesualdo) ed un accenno del terzo (la duchessa di Leyra), è comunque riuscito a spiegare a tutti noi nel migliore dei modi, l'animo umano, facendo così del suo lavoro, un incompiuto ma non incompleto.
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