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CONFRONTO TRA IL MONACO E IL GIULLARE
Alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.C.) il latino; che era stato un importante elemento di unificazione, cedette il passo alle parlate volgari, che pian piano si diversificarono da regione a regione.
Dal punto di vista culturale-linguistico, la prima conseguenza fu una netta separazione fra gli strati sociali: le persone colte e la gerarchia ecclesiastica (i chierici) continuarono a scrivere e a parlare latino (sebbene si trattasse di un latino diverso da quello dell'età classica), le persone non colte (i laici), incapaci di leggere e scrivere, parlavano dei dialetti risalenti al latino, ma sempre + diversi tra di loro, tanto da diventare le lingue neolatine o romanze.
Durante l'età medievale nacquero nuove letterature composte in latino medievale;esse riflettevano una civiltà che non era +quella dell'Impero romano, ma che trattava temi attinenti alla religione cristiana e alla Chiesa romana, che divennero il centro della vita spirituale e politica del tempo.
Su questo scenario la figura protagonista è quella del monaco: egli si dedicava alla vita contemplativa nei monasteri, i quali, situati in luoghi isolati, diventano come fortezza chiuse al resto del mondo (che peraltro è considerato posseduto dal Demonio o luogo di perdizione), ma antiteticamente rappresentano il cuore pulsante della cultura stessa.
Infatti i monaci detenevano il potere e lo esercitavano sulle masse, in quanto erano l'unico ceto intellettuale dell'epoca e anche il solo punto di riferimento.
Il monaco rappresenta il modello perfetto da seguire: è in grado di intermediare con il mondo divino attraverso la preghiera, il sacrificio e il rispetto estremo delle regole. Il monastero, oltre che luogo di ritiro nella preghiera, è il centro del lavoro e della cultura: possedeva, infatti, scuole, scriptoria, cioè i laboratori in cui i monaci si esercitavano come amanuensi e biblioteche, che custodivano i tesori della cultura antica; rappresentava inoltre il centro economico per le attività agricole e la conservazione delle derrate alimentari, che venivano pagate con le decime. I monaci imponevano il modello culturale ispirato agli ideali monastici: l'uomo è in subordine rispetto a Dio, al tempo e allo spazio ed è visto solo in funzione del suo destino celeste; la donna viene demonizzata e il corpo si trova in secondo piano rispetto all'anima. La religione, dunque, ruota attorno ad un Dio giudice, terribile, cattivo, che infligge castighi e punizioni anche attraverso i vari fenomeni naturali (carestie,epidemie,siccità,ecc..). Il cemento della vita dei monaci erano le regole: "ora et labora", la castità e la massima aderenza agli ideali monastici.
I monaci si dividevano in diversi ordini, che interpretavano la religione in modi differenti: i francescani (o mendicanti, i benedettini e i domenicani.
GIULLARE
Agli antipodi del monaco si trova il giullare,costui,fin dall'epoca romana, intratteneva e divertiva il popolo nelle piazze: era giocoliere, cantante,mimo,attore. La Chiesa dispregiava e condannava la figura di questo personaggio,considerandolo osceno. L'esibizione del corpo, del riso e del mascheramento,tipici del giullare di piazza,vengono visti come residui di una cultura pagana e xciò punibili con la scomunica. Anche nell'iconografia il g. è rappresentato in modo simbolico a testa all'ingiù, per sottolineare il rovesciamento dell'ordine e la caduta verso il demoniaco. Nonostante ciò la figura del g. si diffuse sempre +nella Corte e nel Comune, poiché costituiva il ponte tra la cultura della Chiesa e quella popolare. Gradatamente il g. diventa colui che diffonde le gesta epiche e che stabilisce una collaboraz. con i chierici di cui mima le prediche per le vie. Spesso i predicatori degli ordini mendicanti si ritrovavano nelle stesse piazze con i giullari e da loro apprendevano quelle tecniche di comunicaz. X attirare il maggior numero possibile di persone. Il buffone di corte, invece,era specializzato nella recitazione di testi scritti, che a volte elaborava lui stesso. La misura del suo successo era la ricomp. Che gli veniva data.
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