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GIACOMO LEOPARDI
La vita e l'epoca dell'autore
Giacomo Leopardi è una delle voci più rappresentative dell'Ottocento italiano. Anche se, nella disputa tra classicisti e romantici, si è schierato a favore dei primi, le sue poesie costituiscono una delle espressioni più interessanti del Romanticismo italiano. Infatti, pur non condividendo molti temi della poetica romantica, ormai diventata dominante in Italia e in Europa, ne ha assorbito aspetti fondamentali quali l'intima sensibilità, la tendenza ad analizzare i moti dell'animo, il rapporto conflittuale dell'individuo con il mondo, l'idea di natura, il significato della morte.
La poesia dei suoi Canti incarna un sapiente e perfetto equilibrio tra istanze contrapposte, come l'effusione sentimentale e la speculazione filosofica, l'interesse per la cultura del passato e la trattazione di questioni del presente, la prospettiva personale e la considerazione dei problemi di portata universale.
I temi delle sue poesie e dei suoi testi in prosa (soprattutto le Operette morali e lo Zibaldone) partono dall'esperienza e dalla cultura personali ma si proiettano verso l'umanità in generale.
La condizione dell'uomo, la considerazione delle natura, la ricerca della felicità, la funzione della ragione, le illusioni, il rapporto tra antichi e moderni, la ricerca del vero sono temi che attraversano gran parte dei suoi testi, ancora oggi carichi di suggestioni: ogni lettore, anche nella nostra epoca, non può sottrarsi ai grandi interrogativi e alle questioni poste dal poeta, deve prendere posizione, non può trincerarsi dietro la neutralità e l'indifferenza. Il suo pessimismo, frutto di una considerazione razionale e lucida della vita, lontana da ogni facile consolazione spiritualistica, agisce sul lettore odierno presentandogli la sua condizione esistenziale senza alcuna finzione, fuori da ogni prospettiva consolatoria. A differenza di altri romantici, Leopardi guarda al dolore non come a una realtà di natura esclusivamente spirituale, ma radicata in origini fisiche, biologiche: la sofferenza dell'uomo è legata innanzi tutto al corpo, alla malattia, alla vecchiaia, e da qui coinvolge anche lo spirito.
Leopardi, inoltre, cerca severamente il recupero romantico del spiritualismo di matrice religiosa e l'abbandono dei valori di razionalità professati dall'Illuminismo, movimento filosofico che, secondo l'autore, ha portato un grande progresso nelle cultura e nella civiltà umana.
Anche nelle scelte stilistiche, Leopardi ha apportato interessanti novità nel panorama letterario italiano. La lingua utilizzata nei Canti da un lato potenzia la componente evocativa del lessico con il cosiddetto "linguaggio indefinito", dall'altro inserisce nell'espressione poetica termini tratti dal linguaggio popolare e colloquiale. Nella metrica, Leopardi utilizza forma aperte come l'endecasillabo sciolto e la canzone di endecasillabi e settenari alternati senza uno schema fisso non imbrigliando così il flusso verbale all'interno di schemi troppo rigidi e vincolanti.
La vita a Recanati e i primi studi
Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, cittadina marchigiana appartenente allo Stato della Chiesa. Suo padre, il conte Monaldo Leopardi, di idee politiche reazionarie, era un letterato di impostazione classicistica; sua madre, la marchesa Adelaide Antici, animata da rigida religiosità cattolica, era dedita più all'amministrazione del patrimonio familiare che alla cura della famiglia, e questo atteggiamento fu avvertito in maniera drammatica dal giovane Giacomo, che risentì durante tutta l'infanzia della mancanza di affetti familiari. L'ambiente domestico era molto chiuso, caratterizzato da un forte conservatorismo e da una grande austerità, aspetti che coincidevano con la dimensione culturale e politica dominante nello Stato pontificio.
La biblioteca di casa Leopardi conteneva una considerevole quantità di opere letterarie e filosofiche, soprattutto testi greci e latini, scritti di erudizione e di filologia e opere di autori del Settecento. Giacomo si dedicò, ancora giovanissimo, allo studio di questi libri, diventando un grande erudito e un profondo conoscitore della lingua latina, greca, ebraica, inglese, spagnola e francese. Iniziò a tradurre testi classici e a comporre le sue prime prove letterarie. La dedizione allo studio condotta in modo esasperato e durata ben sette anni lasciò una profonda traccia nella personalità del poeta, che aveva sacrificato gli anni della sua infanzia in un'attività che gli aprì gli occhi sui mali e sulle contraddizioni della realtà prima di quanto avvenisse normalmente agli altri uomini, dissolvendo ben presto quelle illusioni che rendono piacevole l'esistenza ai bambini. Questo periodo di studio continuo e intenso ebbe conseguenze negative anche sul fisico di Giacomo, compromettendone un sano sviluppo. Egli, infatti rimase gracile e vittima di frequenti problemi di salute: ciò ebbe un'importanza notevole nell'elaborazione del pessimismo leopardiano, in quanto, come ammise egli stesso, i problemi fisici gli diedero una precoce consapevolezza della forza della natura e della sua indifferenza nei confronti degli esseri viventi, e dell'uomo in particolare.
Anche per questo, Leopardi riteneva gli antichi superiori ai moderni: essi avevano capito l'importanza di coltivare uno sviluppo armonico nel corpo e nella mente dei giovani, senza privilegiare uno dei due aspetti rispetto all'altro, ma potenziandoli contemporaneamente.
L'inizio dell'attività poetica
Verso l'età dei diciassette anni, Leopardi cominciò a dedicarsi alla poesia. Decisivo fu l'incontro con Pietro Giordani, un letterato classicista che frequentava la sua famiglia; questi scoprì le doti geniali di Giacomo e lo stimolò a dedicarsi all'attività letteraria.
Erano gli anni in cui imperversava il dibattito tra i classicisti e i romantici, e Leopardi si schierò decisamente a favore dei primi: dei romantici criticava soprattutto il ritorno a uno spiritualismo religioso che egli, orientato su posizioni materialistiche e atee, giudicava come un regresso e un tradimento nei confronti della ragione illuminista; inoltre, dei romantici, non condivideva la concezione palesemente educatrice della poesia e le esigenza di popolarità, cioè la ricerca di un pubblico a cui indirizzare i testi letterari e istruire attraverso le loro opere artistiche.
L'ambiente chiuso e retrivo della sua famiglia e di Recanati accentuava l'insofferenza di Leopardi e il suo desiderio di evasione. Inoltre i problemi fisici e il forte disagio psicologico contribuivano a radicalizzare la sua visione della realtà in direzione di un pessimismo sempre più cupo e di una visione del mondo che escludeva il ricorso a ogni consolazione religiosa. Nel 1819, a causa di un peggioramento della vista, fu vittima di una crisi depressiva in seguito alla quale tentò il suicidio.
Fu proprio in quegli anni che compose alcune poesie che entrarono a far parte dei Canti: L'infinito e Alla luna nel 1819, La sera del dì di festa nel 1820 e altri Idilli.
I viaggi per sfuggire all'ambiente di Recanati
Nel 1822-23 Leopardi si recò a Roma. Il viaggio era atteso con grande ansia e con un incontenibile desiderio: quella città infatti, ai suoi occhi, doveva essere un centro culturale vivace, aperto, stimolante, e la sua atmosfera sociale e artistica doveva rappresentare il contrario di Recanati, il "natio borgo selvaggio" chiuso in un asfissiante dimensione provinciale e conservatrice. Ma la delusione che provò Leopardi in seguito alla conoscenza dell'ambiente culturale e politico romano fu cocente. La realtà era l'esatto opposto di ciò che aveva immaginato. La cultura, fortemente controllata dalla curia papale, era arroccata su posizioni di classicismo "archeologico" del tutto superate, e nessuno spiraglio di novità e di dinamismo si intravedeva in una produzione letteraria decisamente arretrata. Questa consapevolezza fece crollare le ultime illusioni del poeta e rafforzò la sua convinzione sulla generale mediocrità dell'esistenza, al di là dei luoghi e delle epoche.
L'esperienza romana provocò un contraccolpo negativo sull'attività poetica, tanto che negli anni compresi tra il 1822 e il 1828 sospese la stesura dei Canti e si dedicò alla realizzazione di testi in prosa: la maggior parte delle Operette morali e buona parte dello Zibaldone.
Dopo essere tornato a Recanati nel 1823 al 1825, si recò a Milano, dove lavorò presso l'editore Stella, poi a Bologna, a Firenze e a Pisa.
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