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Carducci




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CARDUCCI: la vita di Giosuè Carducci  (1835-1907) attraversa cinque fasi. La prima, quella dell'infanzia e dell'adolescenza, va dalla nascita all'ingresso alla scuola normale superiore di Pisa nel 53. la seconda fase va dal 53 al 60 quando carducci si dichiara "scudiero dei classici" e nel 56 fonda la società degli "amici pedanti" classicismo tutto letterario fortemente caratterizzato in senso antiromantico e nazionalistico. La terza fase va dal 60 al 71 quando ottiene la cattedra di letteratura italiana all'univ di bologna. È il momento giacobino repubblicano ed anticlericale di carducci, nel 68 pubblica Levia Gravia e nel 71 una raccolta Poesie. La quarta fase dal 72 all'89 è la fase della maturità ed è segnata dall'abbandono delle idee giacobine e dall'avvicinamento alla monarchia, scrive poesie ispirate a temi più intimi e autobiografici, al motivo della storia e del paesaggio e c'è sperimentalismo della metrica "barbara". Nel 73 pubblica Nuove poesie e nel 77 odi barbare. La quinta fase va dal 90 fino alla morte. In questo periodo scrive le poesie più retoriche ma anche alcune liriche intime turbate dall'imminenza della morte. Nel 90 è nominato senatore, nel 1906 ottiene il premio nobel per la letteratura e muore a bologna nel 07.


Carducci organizzò la sua produzione poetica in senso tematico e formale, nelle 6 sezioni che raccolgono la sua produzione si possono distinguere le prime tre, che riflettono l'esperienza del classicismo letterario giovanile e giacobino, dalle ultime tre che raccolgono le rime della maturità e della vecchiaia. La concezione della poesia e del ruolo del poeta è sempre orientata in senso civile. Egli si pone al servizio di una lotta politica di parte. Il poeta è il mediatore ideologico per eccellenza della società, l'unico capace di raccordare le memorie gloriose del passato alle speranze dell'avvenire. Il poeta è anche creatore di classica bellezza, celebratore del passato e vate del futuro, maestro umanistico di civiltà ma anche "decoratore" del presente.  Carducci fu uno dei maggiori critici del suo tempo, attento agli aspetti tecnici della letteratura, partecipa alla cosiddetta "scuola storica" di impostazione positivistica. Respinge l'interpretazione soggettiva dei testi e tendi a studi oggettivi di tipo filologico o biografico ed erudito.


PASCOLI: giovanni pascoli nasce a san mauro di romagna il 31 dicembre 1855 e trascorre un'infanzia agiata fino all'uccisione del padre nel 67. questo ed altri lutti di famiglia segnano profondamente il suo carattere. Nel 73 si iscrive alla facoltà di lettere dell'univ di bologna grazie ad una borsa di studio ma deve abbandonare e si laurea solo nell'82. insegna in diversi licei d'italia e poi diventa professore di grammatica greca e latina all'univ di bologna, insegna a messina, pisa e dal 1905 eredita la cattedra di Carducci a bologna. Muore il 6 aprile 1912 poco dopo aver pronunciato "la grande proletaria si è mossa" per sostenere l'impresa coloniale italiana in libia. Pascoli rappresenta un momento di passaggio tra 800 e 900. continuità e rottura, tradizione ed innovazione si contemperano in lui in modo equilibrato così da farne l'ultimo dei classici ed il primo dei moderni. Pascoli affidò alla propria prosa Il fanciullino (97) il suo più importante ed esplicito discorso programmatico sul poeta e sulla poesia. Il poeta coincide con il fanciullino, ovvero con quella parte infantile dell'uomo sottratta alla logica ordinaria e alla prospettiva comune, che negli adulti tende a essere soffocata. La critica ha individuato la parte più viva e intensa della produzione poetica pascoliana nelle raccolte Myricae, Poemetti e Canti di Castelvecchio. In esse c'è un'unità di fondo dell'ispirazione che vede una tendenza lirico-simbolica e una narrativa spesso intrecciate. I dati caratterizzanti di Myricae sono il frammentismo e l'impressionismo. Nei canti di castelvecchio cerca invece una liricità più distesa, è evidente il recupero dei canti leopardiani, dai quali pascoli riprende il tema della ricordanza e il motivo del rapporto uomo-natura. I poemetti escono nel 97, la raccolta si chiamerà Primi poemetti e ciò fa capire che pascoli avrebbe voluto dare vita ad un'altra raccolta; in essi c'è una spiccata tendenza narrativa con l'introduzione di testi lunghi e si esprime il generico umanitarismo populistico del poeta. Tra il 94 e il 03 pascoli lavora anche sul registro del preziosismo erudito e alessandrino e scrive i Poemi conviviali, oltre che poesie latine. Poi c'è il versante ispirato alle tematiche storico-civili Odi e Inni, canzoni di re enzio, poemi italici, poemi del risorgimento.


I testi compresi nell'edizione definitiva di myricae furono composti nell'arco di oltre un ventennio e cioè tra il 77 ed il 900. la prima edizione esce nel 91 e contiene solo 22 poesie, nelle edizioni successive il numero di testi aumenta sempre di più e vengono organizzati in sezioni. Nella quinta e definitiva sezione sono contenuti 156 testi divisi in 15 sezioni. Il titolo Myricae corrisponde all'italiano tamerici ed è tratto da un luogo delle bucoliche virgiliane riportato come epigrafe al volume "mi piacciono gli arbusti e le basse tamerici". Il titolo implica l'enunciazione di una poetica del "basso", del comune; mentre il rimando classico a Virgilio comporta una ricerca di elevatezza stilistica. I criteri di organizzazione interna dei myricae sembrano corrispondere più che a una logica di contenuti a una logica retorico-formale, scandita da costanti di tipo metrico. Ma a questo criterio si associa il criterio tematico-ideologico, segnalato dai titoli delle sezioni e dalla loro successione che contribuisce a dare significato alla raccolta. Nella prefazione scritta da pascoli per la terza edizione il poeta affronta due temi centrali nel libro: quello della morte del padre e quello della natura quale consolatrice benefica. È esplicita la volontà di costruire un contrasto tra le vicende dolorose della storia e la dimensione pacificatrice della natura. Ma questo sistema corrisponde solo in minima parte alla realizzazione effettiva di Myricae perché anche nella natura, sotto un'apparenza di armonia e positività, spesso si nascondono la minaccia del perturbante e la presenza incombente della morte. La poesia pascoliana (soprattutto myricae) appare divisa tra tradizione e sperimentalismo. Al rispetto della tradizione rimandano le forme metriche chiuse e desuete, nonché l'idea di poesia come attività privilegiata di conoscenza, a cui corrisponde una funzione sociale del poeta ancora prestigiosa. Lo sperimentalismo invece è testimoniato dalla ricerca di un rapporto nuovo (di tensione, non di equilibrio) tra metrica e stile, l'apertura a un lessico inedito nella lirica (concreto e tecnico) e la vicinanza alle nuove correnti simboliste europee. Il simbolismo impressionistico di myricae, fondato sulla frantumazione delle immagini e sulla valorizzazione dei particolari, si caratterizza per la sua natura allusiva, sospesa e aperta. I particolari naturali che il poeta cita non rimandano ad un concetto preciso, ma denunciano una carica segreta di angoscia del soggetto e un mistero insolubile che è nelle cose.

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