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G. Dannunzio - Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D'Annunzio tentato di morire ( 1935 )
Tra le teche degli appunti, le bacheche delle bozze, le vetrine delle traduzioni straniere emerge tra le stanze del Vittoriale il culto delle spoglie, il gusto delle reliquie. Gli ultimi anni della vita di G. D'Annunzio si consumano nella realizzazione e nell'arredamento di una dimora ove vengono simboleggiati idealmente gli ambienti di vita del poeta circoscrivendo la loro identità attraverso un addensamento continuo di memorie, simboli, intuizioni poetiche, immagini letterarie, deliri mistici ( U.Di Cristina - FMR maggio 1982 ). L'accostamento simbolico e surreale dei più disparati oggetti, immersi in luci armoniose e in essenze odorose, riconducono ancora una volta al rifugio privilegiato dell'esteta, ma questa volta proiettato verso l'interpretazione dei ricordi, in atmosfere un po' funebri e impregnate dell'idea della morte.
L'opera più autentica dell'ultimo D'Annunzio è stato il Libro segreto, ossia Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D'Annunzio tentato di morire (1935), a cui affida riflessioni e ricordi nati da un ripiegamento interiore ed espressi in una prosa frammentaria. L'opera testimonia la capacità del poeta di rinnovarsi artisticamente anche alle soglie della morte.
Tra le ultime pagine del Libro segreto si legge..
..Questo ferale taedium vitae
mi viene dalla necessità di sottrarmi al fastidio
- che oggi è quasi l'orrore - d'essere
stato e di essere Gabriele d'Annunzio, legato all'esistenza dell'uomo e
dell'artista e dell'eroe Gabriele d'Annunzio, avvinto
al passato e costretto al futuro di essa esistenza: a certe parole
dette, a certe pagine incise, a certi atti dichiarati e compiuti: erotica
heroíca.
Il mio genio sembra girare vertiginosamente intorno a sé come la fionda rotata
prima di lanciare il sasso o il piombo. La
rotazione violenta e sempre più rapida della fionda intorno al capo dei
fiondatore non è dissimíle a quella de' miei pensieri agglomerati per ostile
fortezza. La mia fionda aonia non è da comparare a quella esercitata dai
settecento fiondatori della città di Gabaa tanto abili e certi che un capello
non avria potuto sfuggire al lor colpo'. La fionda giudaica era di cuoio o di
lana, o di crino tessuto. La mia è d'osso del cranio, le corde sono attorte con
le filamenta de' miei nervi più occulti.
..Eccomi da ore accucciato nella cuccia del mio cane malato. E' forse tra i men belli; o per morbidezza inclino a persuadermi che così sia. Gli altri abbaiano: egli non abbaia più. Ma la sua intelligenza è acuita dalla sua sofferenza, per farmi più soffrire. La pietà è un'angoscia immobile. chino su lui, vincendo il disgusto dell'alito grave, cerco di consolarlo, l'accarezzo, lo chiamo per nome, gli parlo ne' suoi e miei modi. Ansa e soffia. si contrae, sussulta; e mette un gemito sempre più fievole. Muore. e il canattiere già scava la fossa nel giardino, in mezzo ai due cipressi foschi come in un intercolunnio di pace. I cani cessano di latrare, quasi fossero pietosi al mio dolore. Sembra che il mio giardino chiuso abbia una seconda cinta.Ecco un soffio dell'aria ch'è passata su l'aiuola della reseda. Aspetto. so come la mia malinconia talvolta aspetti una cadenza che non le vale.
Ecco un soffio dell'aria che ha mosso il festoni dei glicini intorno ai due cipressi foschi. Monterò a cavallo. andrò a Vincigliata. o, per istancarmi, vedrò di ritrovar la via di Montemurlo. quante miglia toscane? Ecco un soffio dell'aria che ha sfogliato nella pergola le rose scempie di cinque foglie, le rose malamente dette del cane, quelle di fratta care alla mia madre.
Disse a Gedeone il Signore: "metti da parte chiunque lambirà l'acqua con
la lingua come lambisce il cane; e altresì chiunque s'inchinerà sopra le
ginocchia per bere." Io son messo da parte. molte volte ho bevuto con tutta la
faccia avida, ginocchioni, bagnando anche le mani calde nel rivo o nel fonte.
Talvolta il mio cane da presso beveva meco.
Il ritmo - nel senso di moto creatore. ch'io
gli do - nasce di là dall'intelletto, sorge da quella nostra profondità segreta
che noi non possiamo né determinare né signoreggiare. E si comunica all'essere
intiero: all'intelletto, alla sensibilità, all'agilità muscolare, al passo, al
gesto. Questo ritmo mentale m'insegna a eleggere e a collocare le
parole non secondo la prosodia e la metrica tradizionali ma secondo la mia
libera invenzione. Imitando un modo di sant' Agostino i' dico: 'Scribere est ars bene
movendi' (
scrivere è l'arte di ben mettere in luce ).
Tra' miei molti tetrastici o tetrastichi
dispersi ho ritrovato questo in un foglio volante con la data 9 marzo
Tutta
la vita è senza mutamento.
Ha un solo volto la malinconia.
Il pensiere ha per cima la follia.
E l'amore è
legato al tradimento.
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