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Francesco Guicciardini
Biografie
Guicciardini nasce a Firenze nel 1483, da una famiglia della borghesia imprenditoriale molto affermata, che possiede filiali anche all'estero.
Nel 1505 ottiene la laurea in diritto, e tre anni dopo sposa la figlia di un importante esponente del governo repubblicano.
Nel 1508 inizia a scrivere le "Istorie fiorentine", in cui è evidente l'influenza esercitata su di lui dai parenti repubblicani.
Nel 1512 ottiene un incarico politico, come ambasciatore presso la corte spagnola, e inizia a scrivere il "Discorso di Longano", in cui analizza la costituzione fiorentina.
Nel 1513 torna a Firenze, e la trova nuovamente in mano ai Medici, che hanno abbattuto il governo repubblicano; con il suo scritto "Come assicurare lo stato a'Medici" il Guicciardini si schiera con il nuovo regime.
I Medici apprezzano la sua opera, e la loro ascesa al papato assicura al Guicciardini una serie di incarichi politici, come governatore di alcune città dello stato della Chiesa e come generale.
La situazione internazionale comincia a farsi instabile a causa del crescente potere di Carlo V, Guicciardini suggerisce al papa un'alleanza con i Francesi per riequilibrare la strapotenza degli spagnoli.
La decisione si rivela catastrofica e le truppe di Carlo V saccheggiano Roma (1527): Guicciardini perde il suo prestigio e il suo potere.
I due anni successivi al Sacco scrive alcune orazioni in difesa della linea politica da lui sostenuta, scrive una seconda redazione dei "Ricordi", e una nuova Istoria, nota come "Cose fiorentine".
Nel 1529 il papa Clemente VII lo richiama in servizio e lo invia a Firenze per istituire un nuovo governo.
In questo periodo scrive un'ultima redazione dei "Ricordi" e le "Considerazioni sui Discorsi di Machiavelli".
In seguito sarà governatore di Bologna e consigliere dei duchi di Firenze.
Dal 1537 inizia a scrivere la "Storia d'Italia", che lo terrà occupato fino alla morte, sopraggiunta nel 1540.
Storia d'Italia
Il Guicciardini iniziò la stesura della "Storia d'Italia nel 1535, decidendo di narrare gli avvenimenti successivi alla battaglia di Pavia, che l'autore considerava un momento essenziale per la dissoluzione dell'instabile ordine politico dell'Italia.
L'autore mira infatti a trovare le motivazioni che hanno portato al fallimento della linea politica degli stati Italiani, politica di cui lui stesso era stato uno degli artefici.
La prima edizione era costituita da due libri (il XVI e il XVII), in cui Guicciardini già riconosceva che la battaglia di Pavia non andava considerata come l'inizio della disgregazione italiana, ma come una delle sue fasi più importanti.
La nuova redazione, cominciata nel 1537, prende inizio dal 1494, anno in cui Carlo VIII varcò le Alpi, anno, secondo l'autore, che inaugura una nuova fase storica per l'Italia.
Fase che si conclude circa con la morte di Clemente VII (1534).
L'opera è, in sostanza, l'analisi del fallimento della politica italiana, e della distruzione dell'ordine in favore del dominio straniero.
Questa progressiva distruzione dell'ordine appare come il risultato dell'opera del caso, il quale si manifesta con errori, ambiguità, problemi ed avvenimenti non prevedibili.
Il Guicciardini si pone quindi l'obiettivo di individuare e rendere chiara quella enorme catena di cause e di effetti che hanno determinato l'evolversi da una situazione ad un'altra.
L'opera è costituita da ben venti libri, ordinati in maniera annalistica, in cui alla descrizione dei fatti si intreccia l'interpretazione che l'autore da di essi.
Guicciardini infatti non considera la storiografia come una "scienza neutra": l'opera dell'autore non deve ridursi ad un semplice elenco dei fatti, ma è guidata dall'analisi politica, e quindi dall'ideologia stessa dell'autore.
Il metodo storiografico di Guicciardini è profondamente diverso da quello degli umanisti, i quali basavano la storiografia sulla consultazione di altri storiografi precedenti, ma introduce l'uso delle fonti documentarie, aprendo la via alla storiografia moderna.
Questa tendenza del Guicciardini all'uso delle fonti documentarie si era già manifestata quando aveva redatto le "Cose fiorentine".
Il linguaggio, per quanto solenne e ricco di latinismi, è chiaro e di facile comprensione per la mancanza di complicate figure retoriche; l'ordine della struttura narrativa fa risaltare il caos degli eventi descritti, che possono essere riordinati soltanto a posteriori.
La "Storia d'Italia" venne pubblicata postuma, come tutte le altre opere del Guicciardini, e non subì un'ultima revisione a causa proprio della morte dell'autore, tanto che lo stesso titolo non gli fu dato dal Guicciardini, ma dagli editori.
La prima edizione, stampata nel 1561 a Firenze, era priva degli ultimi quattro libri, considerati devianti e pericolosi dal punto di vista religioso, e soltanto nel 1621 uscì un'edizione completa, in Svizzera, messa all'indice nei paesi cattolici.
Il manoscritto di Guicciardini presenta la divisione dell'opera in soli sei libri, la divisione successiva in paragrafi e capitoli è stata effettuata dagli editori del diciannovesimo secolo per agevolarne la lettura.
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