FEDRO
Fedro è il primo autore in lingua latina a concepire
un libro autonomo di fabulae e dunque l'inventore del genere.
Compose cinque libri di Fabulae in versi (esse non
sembrano tuttavia aver goduto di vasta diffusione), le quali si rifanno
espressamente alla tradizione esopica.
Sia nella tradizione greca che in quella latina, le
favole presentano caratteristiche comuni: sono brevi racconti, espressi in un
linguaggio semplice ed essenziale, dai quali l'autore trae un messaggio etico
di valore universale e di senso comune. Generalmente i protagonisti delle
favole sono animali a cui vengono prestati vizi e virtù degli uomini e che,
come gli uomini, parlano e dialogano tra loro. Non mancano tuttavia favole con
protagonisti umani: Fedro non attinge infatti solo al mondo del folclore ma
anche a quello della cronaca e dell'attualità romana, affiancando ai
tradizionali animali esopici le figure di Pomep, di Augusto o di Tiberio. Fedro
afferma che le finalità del genere favolistico sono due: muovere il lettore al riso
e insegnare a vivere con saggi ammaestramenti. Egli inoltre attribuisce
l'invenzione della favola ai servi: gli schiavi, non osando esprimere
apertamente la propria volontà, hanno trasferito in favole la loro insofferenza
nei confronti dei potenti.
La visione del mondo di Fedro è amara e
pessimistica: i suoi ammaestramenti riguardano il singolo, la sua dimensione
interiore, non la comunità degli uomini, che appare consegnata inesorabilmente
alla dura legge naturale dei rapporti di forza.
Concisione, densità e chiarezza sono gli obiettivi
stilistici di Fedro, che fa uso di una lingua semplice ma non sciatta,
improntata a un modello di elegante essenzialità.