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Eugenio montale




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EUGENIO MONTALE



BIOGRAFIA

Poeta italiano (Genova 1896-Milano 1981). Intraprese studi di musica e canto, che interruppe per prendere parte alla I guerra mondiale. Nel 1929 fu chiamato a dirigere il gabinetto Vieusseux, donde fu allontanato, dieci anni dopo, per non aver aderito al fascismo. Nel dopoguerra s'iscrisse al Partito d'Azione e fu tra i redattori de Il Mondo; svolse poi attività di critico letterario e musicale presso il Corriere della Sera. Fu nominato senatore a vita nel 1967.

POESIA

La poesia di Montale riflette la crisi dei valori del mondo contemporaneo, derivata dall'impossibilità di decifrare il reale; pur nella fedeltà alla tradizione sintattica e metrica, l'esperienza poetica di Montale liquida ogni risonanza verbale e riduce la parola a una stremata essenzialità, assumendo lucidamente il senso tragico della vita, senza concessione alcuna alla retorica dei sentimenti. Per questa sconsolata presa di coscienza della solitudine dell'uomo, prigioniero di un mondo ostile, la poesia di Montale è stata definita ermetica e ha avuto profonde risonanze sulle generazioni tra le due guerre. Realtà fondamentale di Ossi di seppia (1925) è il paesaggio ligure, la cui fisicità si solleva sul piano del concetto esistenziale, del messaggio metafisico. Lo stilema caratteristico di tale passaggio è l'imperativo negativo (Non chiederci la parola), cioè il rifiuto di ogni certezza, determinato dalla sconfitta della ragione. Non rimane al poeta che la lucida proclamazione della 'divina indifferenza', frutto di una stoica apatia (Spesso il male di vivere), cui però si alterna la disperata constatazione dell'insanabile frattura tra noi e il nostro passato (Cigola la carrucola nel pozzo). Forse ad altri sarà concesso di scampare dalla rovina, di cercare 'una maglia rotta nella rete' dell'esistenza (In limine): il destino dell'autore è quello dell'uomo che nella sua scettica perplessità perde l'occasione della salvezza (Arsenio). Dalle situazioni paesistiche degli Ossi si passa, con Le occasioni (1939), alle situazioni autobiografiche, accennate con estrema reticenza e trasfigurate liricamente fino ad assumere una ritualità magica e arcana. La nuova presenza è ora quella di un 'tu', di una tenera figura femminile, con la quale il poeta condividerà un comune destino di dolore (Carnevale di Gerti); una creatura fragile e indifesa, che, per salvarsi dalla 'fede feroce' del nazismo incombente, non può che sperare nell'amuleto, nell'improbabile verificarsi di un miracolo (Dora Markus); una donna, infine, che, nello scorrere impietoso del tempo, ha dimenticato un legame che il poeta non vuol recidere (La casa dei doganieri), sperando fino all'ultimo di sottrarre quella immagine alla rovina della 'memoria che si sfolla' (Non recidere, forbice, quel volto). Ma, nella parte finale delle Occasioni, la vicenda d'amore si salda con il preannuncio della tragedia della guerra, della 'rissa cristiana' che sta per devastare il mondo (Notizie dall'Amiata). Non vi è pertanto soluzione di continuità con il terzo volume di Montale, La bufera (1956). Uno specchio scuro, privo di immagini, è il cupo scenario su cui si scatenerà tra poco la follia omicida (Gli orecchini). L'unica speranza è nella mediazione della donna angelicata, attraverso cui il poeta cerca un rapporto non rituale, umano e immanentistico, con l'oltremondo (Sulla colonna più alta, Iride). Si genera così la poesia del ritorno dei morti, il colloquio lacerante e patetico con l'ombra del padre in voce giunta con le folaghe, uno dei vertici della poesia montaliana insieme con L'anguilla, celebrazione della vita che passa indenne nel fango, tendendo verso la chiarità della luce. Malgrado l'angoscia kafkiana del Sogno del prigioniero che la conclude, la Bufera testimonia pertanto una fede nell'opera, pur disperata, dell'uomo. Il lavoro poetico successivo alla Bufera, dal 1962 al 1970, è raccolto in Satura (1971) dove si dipana il colloquio affettuoso e struggente con la moglie scomparsa, cui subentra l'amabile dissacrazione dei miti e dei riti di un mondo che muta. Nel Quaderno di quattro anni (1977), che raccoglie le poesie dal 1973 al 1977, il tema dominante è l'opposizione radicale tra l'individuo e la massa, che rende vana la ricerca di ogni formula di interpretazione del mondo: non resta al poeta che rivolgere ironici e beffardi avvertimenti ai vivi, mentre continua il suo struggente colloquio con i morti. L'esito di quest'ultima raccolta è quindi un'affermazione rigorosa e coerente di nichilismo: dalla 'divina indifferenza', teorizzata negli Ossi di seppia, Montale è approdato a una fede sconsolata nella 'divina inesistenza'. Un'affabile ironia caratterizza anche il Diario del '71 e del '72 (1973), temperando il rigore della riflessione montaliana sulle parvenze del mondo sensibile.

PROSA

Di carattere autobiografico sono le prose de La farfalla di Dinard (1956), per la profonda eticità sul piano della 'operetta morale'. Come critico, Montale ha tra l'altro rivelato la grandezza di Svevo (Omaggio a Svevo, 1925); nel 1966 ha raccolto articoli di costume e di critica nel volume Auto da fé. Quasi un risvolto laico della poesia religiosa montaliana sono le prose di viaggio, raccolte in Fuori di casa (1969). Un collage di confessioni e annotazioni è il volume Nel nostro tempo (1973), mentre nel volume Sulla poesia (1977) sono stati raccolti saggi e articoli giornalistici, scritti dal 1920 al 1975: ampio panorama della poesia europea vista da uno dei suoi maggiori protagonisti. Postumo (1981) è apparso Prime alla Scala, raccolta di articoli musicali. Nel 1975 Montale ricevette il premio Nobel per la letteratura.

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