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mette a Porto Corsini sul mare alto
e rari uomini, quasi immoti, affondano
o salpano le reti. Con un segno
della mano avvitavi all'altra sponda
invisibile la tua patria vera.
Poi seguimmo il canale fino alla darsena
della città, lucida di fuliggine,
nella bassura dove s'affondava,
una primavera inerte, senza memoria.
E qui dove un'antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d'oriente
le tue parole iridavano come le scaglie
della triglia moribonda.
La tua irrequietudine mi fa pensare
agli uccelli di passo che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche la tua dolcezza,
turbina e non appare,
e i tuoi riposi sono anche più rari.
Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d'indifferenza che è il tuo cuore; forse
ti salva un amuleto che tu tiene
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima: un topo bianco,
d'avorio; e così esisti!
Questa poesia come tutte le poesie d'Eugenio Montale appartenenti alla raccolta "le occasioni" ha al suo interno la figura di un TU femminile. Nel caso di Dora Markus il tu ha un nome. La figura della donna è ormai solo un ricordo perché quando l'io poetico racconta lei è assente. L'occasione, così possiamo dire, si ambienta a Ravenna e si descrive il paesaggio adriatico di Porto Corsini, caratterizzato nel testo, da pochi uomini i cui gesti sono così lenti da non far capire qual è l'azione che stanno svolgendo e quindi un senso d'immobilità è suggerito dall'andamento della poesia che è discorsivo e dal ritmo. Sappiamo della donna che la sua patria originaria è dall'altra parte dell'Adriatico.Infatti, ella è presentata mentre indica la sua terra. L'allontanamento dell'io poetico dalla donna è dato subito dal verbo iniziale "fu". La città è detta lucida di fuliggine, i due aggettivi si contrappongono ma il Montale usa il primo, lucida, poiché la città brilla per le gocce di vapore acqueo, il secondo, di fuliggine, perché la città, è una città industriale ed è scura. Nello stesso tempo sembra quasi affondare con la primavera che non ha memoria. Alla lettura non ci sono suoni duri, ma solo parole liquide, sibilanti e fricative. Nelle Altre poesie del Montale il trascorrere del tempo è sempre connotato negativamente, poiché fa sparire la memoria e i ricordi, in questo caso, il tempo non ha fatto il suo corso e non ha cambiato la vita lenta e monotona della popolazione di Porto Corsini, che fanno la stessa vita da anni. Il verbo screzia (verso 12), indica la città che cambia colore ed è connotato positivamente. Il colore che sorge da questo cambiamento è quello dell'oro e dei monti bizantini che ricorda quando Ravenna era legata all'oriente. In questo paesaggio ritroviamo Dora Markus, la donna, colta nell'azione del parlare. Le sue parole, descrive il poeta, iridavano, cioè il loro suono prendeva il colore dell'iride, il colore della triglia moribonda. Si descrive in seguito un paesaggio di tempesta e di tristezza in cui gli uccelli di passaggio stanno a raffigurare la donna. L'accostamento delle parole "tempesta" e "dolcezza" è un ossimoro e con esso si descrive il carattere contrastante della donna. La sua dolcezza è come una tempesta, ma è interiore e non si mostra mai a ciò che è fuori."E i suoi riposi sono ancora più rari" l'io poetico si chiede come fa lei a resistere, a vivere in questa frenesia. La parola stremata rimanda ancora una volta agli uccelli di passaggio che dopo un lungo viaggio sono stanchi. La figura del lago invece riprende l'immagine del mare e quindi della quiete; un lago d'indifferenza che è il suo cuore, un bacino che contiene le difficoltà umane. L'indifferenza non si riferisce, dunque, al lago ma all'insensibilità della donna verso il mondo esterno, che non è, in ogni caso, un'indifferenza al provare sentimenti. Sembra che il mondo esterno non la possa toccare e tutto questo è grazie ad un amuleto, "un topo bianco d'avorio", che lei tiene vicino alle sue cose, e così esiste.
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