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La prima parte è quella introduttiva di tutto il libro. Questo viene presentato come il racconto della vita di una persona normale, il suo buonsenso é caratteristico di tutti gli uomini, e la giusta applicazione di questo attraverso determinati percorsi intrapresi fin da giovane, giunge a trovare un metodo che possa aiutarla ad aumentare la propria conoscenza. Lo scopo del Discorso è di poter raccontare le vie che si sono percorse per poi, attraverso eventuali critiche, riuscire ad avvicinarsi sempre di più verso quella della verità. Il racconto inizia con la descrizione della formazione letteraria, gli studi letterari, che Cartesio ha avuto da giovane, corso di studi con chiare funzioni formative, inutili poi sotto il punto di vista pratico. Cartesio decide di abbandonare "lo studio delle lettere" e di cercare la verità attraverso l'esperienza, prima del mondo poi di se stesso. I viaggi che egli compie per lo studio del "libro del mondo" gli forniscono un importante insegnamento, in pratica quello di non considerare come assolutamente vero ciò che sia stato impartito dalle leggi e dai costumi, infatti, ciò che per noi può sembrare stravagante o ridicolo, è accettato e approvato da altri grandi popoli, il suo scopo sarà quindi quello di riuscire ad orientarsi nel mondo del reale attraverso un metodo che aiuti a scegliere le vie da seguire, metodo che va ricercato all'interno di se stessi.
La seconda parte inizia informandoci su come l'autore per meditare si sia ritirato in una stanzetta, in Germania, presso Ulma, all'inizio dell'inverno del 1619, per potersi intrattenere con i suoi pensieri. L'attenzione poi si focalizza sui pensieri e sulle riflessioni di Cartesio. L'autore riflette su come le opere compiute da un singolo siano superiori a quelle realizzate da molti, le quali mancano di perfezione. Così la sua opera filosofica vuole, attraverso il solo ragionamento di un singolo, raggiungere maggiori risultati nel campo della verità rispetto a quelle che si fondano su opinioni diverse. Cartesio deve liberarsi di tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto per raggiungere il suo scopo: il conseguimento della verità. Prima di respingere le diverse opinioni che la filosofia propone, però, bisogna dotarsi di un metodo, che possa farci orientare nelle scelte possibili. I precetti di cui si compone il suo metodo sono solo quattro: il primo è quello di non considerare una cosa vera se non se n'è assolutamente certi e di prendere in esame solo le cose che si presentino in modo chiaro e distinto; il secondo ci dice di dividere le difficoltà, che si affrontano, in sempre più piccole parti fin quanto fosse necessario per risolverle al meglio; il terzo, di condurre con ordine i pensieri, seguendo una scala di importanza che vada dalle cose più semplici a quelle più complesse; il quarto, infine, di fare numerazioni complete e rassegne generali tali da non omettere nulla. Alla chiarezza rappresentativa della geometria, Cartesio aggiunge la brevità del simbolismo algebrico, riuscendo così in breve tempo a risolvere questioni che erano rimaste sospese per secoli in quei campi. Queste scoperte sono un risultato ottenuto dall'applicazione delle regole del metodo, che non vuole dare la soluzione per i problemi ma un modo per raggiungerla. Questa pratica del metodo nelle matematiche aiuta Cartesio ad esercitarsi nel distinguere chiaramente gli oggetti della mente, cosa utile per l'autore che decide di estendere l'applicazione del metodo anche alle altre scienze, ed in particolare alla filosofia dalla quale derivano i principi di tutte le altre scienze.
Nella terza parte Cartesio espone la sua morale provvisoria composta di quattro massime, che, servirà a Cartesio per prendere decisioni in assenza di una filosofia stabile. La prima è di obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, alla religione, e, per quanto riguarda tutto il resto, di regolarsi secondo le opinioni più moderate. Tra gli eccessi l'autore indica le promesse che limitano la libertà, in quanto non prevedono il diritto di poter cambiare idea, cosa fondamentale per Cartesio che individua nella ragione un organo indipendente e superiore al mondo sensibile. La seconda massima dice di rimanere fermi nei propri pensieri per raggiungere la verità; bisogna fare come colui che si perde nella foresta, cercare di seguire una direzione il più dritto possibile per poterne uscire. Se anche ci sono cose dubbie, si deve seguire quelle più probabili e considerarle come verissime e certissime. La terza massima afferma che bisogna considerare i propri desideri nei limiti delle proprie possibilità. Sapendo che la volontà desidera ciò che l'intelletto considera razionalmente possibile, bisogna esercitarsi, come gli storici, a considerare impossibile tutto ciò che sta al di fuori di noi, possibili sono solo i pensieri, riuscendo in tal modo ad avere a disposizione tutto ciò che si vuole. L'ultima massima dice di cercare di esercitare nella vita la migliore occupazione, che dia maggiore appagamento, questa per Cartesio è il coltivare la ragione e il progredire nella conoscenza della verità. In tale ricerca si può sbagliare, così le tre massime precedenti aiutano a seguire il percorso per la verità suggerendo regole di condotta prudenti, ferme, che circoscrivano i desideri. Questa morale provvisoria, unita ai precetti morali della religione, fu sperimentata da Cartesio per nove anni, durante i quali viaggia in giro per l'Europa. Da quest'analisi Cartesio acquisisce diverse esperienze, dalle quali trae nuove opinioni più certe e fondate, allo stesso modo in cui, quando si demolisce una casa si tengono da parte le macerie che possono servire a edificare quella nuova. Esercitò in questi anni anche il metodo, soprattutto nelle questioni riguardanti i problemi scientifici. Ciò che spinge l'autore ad iniziare ad utilizzare il metodo per cercare i fondamenti della sua filosofia, fu che si era sparsa in Europa la voce che egli avesse già trovato una sua filosofia. Così, per essere degno della reputazione che aveva acquisito, Cartesio decide, nel 1628, di ritirarsi in Olanda, dove, non conoscendo nessuno, avrebbe potuto riflettere in tranquillità sulle basi della sua filosofia.
La quarta parte è quella più propriamente filosofica ed espone la metafisica che Cartesio elaborò. Innanzi tutto l'autore afferma di volersi dedicare alla ricerca della verità, respingendo ciò che contenga il minimo dubbio, per avere nella propria mente nient'altro se non cose che siano indubitabili. Ma la condizione minima per cui può esserci il pensiero che tutto sia falso è che ci sia un essere, un io, che pensi quel pensiero, dal pensare, quindi, deriva l'essere: il cogito ergo sum ('penso quindi esisto ') viene considerato, dunque, il primo principio della filosofia cartesiana. Una considerazione deriva immediatamente da questo principio: nel pensare che il corpo, il mondo, ed infine lo spazio, non esistano, l'io persiste ancora. Se invece cessa l'atto del pensare, non esiste più l'io, da qui ne segue che la natura della sostanza-uomo è quella di pensare. Dal cogito ergo sum, proposizione indubbiamente vera, Cartesio deduce la regola generale perché un'affermazione possa essere considerata tale. Il cogito ergo sum garantisce la sua verità nell'essere chiara e distinta perché si vede chiaramente che, per pensare bisogna essere, e le proposizioni per essere vere devono avere queste due caratteristiche. L'idea di perfezione è stata messa nell'uomo da Dio, l'essere più perfetto in assoluto. A questo punto Cartesio prova a supporre di essere una persona del tutto sola e indipendente da chiunque altro, escludendo quindi l'esistenza di un essere superiore. Ma se l'uomo fosse stato l'unico essere esistente avrebbe avuto il potere di dare a sé stesso tutte le perfezioni delle quali ha conoscenza, che tuttavia non possiede, da qui ne segue l'inevitabile dipendenza dell'uomo da un essere superiore che gli concede solo una parte del suo essere perfetto. Le perfezioni, quindi, sono parte della natura di Dio e si possono individuare valutando le idee che si hanno: quelle perfette appartengono alla natura di Dio, quelle imperfette no. Un'altra prova dell'esistenza di Dio è data attraverso un procedimento propter quid, a priori. Cartesio parte dal considerare le dimostrazioni geometriche, vere per la loro evidenza, le quali però prescindono totalmente dall'esistenza dell'oggetto che vogliono dimostrare. Così Dio, è o esiste, tanto quanto qualsiasi dimostrazione geometrica, anche se nel mondo non ci fosse traccia della sua presenza. Proprio per questo alcuni uomini non sono in grado di affermare l'esistenza di Dio e dell'anima: perché essi sono troppo legati al mondo dove le idee di Dio e dell'anima non sono mai state. Bisogna presupporre l'esistenza di Dio. Infatti, le idee chiare e distinte si possono avere sia nei sogni, sia quando siamo svegli. Ma le idee che la ragione considera vere sono quelle che Dio ha posto in quanto non prive di fondamento, ma fondate sulla realtà: la ragione quindi porterà ciascuno a notare che i pensieri che sono veri devono infallibilmente riscontrarsi nella realtà.
La quinta parte del Discorso descrive la concezione della fisica cartesiana. La decisione di scrivere il riassunto viene presa da Cartesio per non scontrarsi né con i "dotti", né con la Chiesa, che proprio in quegli anni aveva condannato Galileo. Cartesio per non confrontarsi in modo diretto con la fisica scolastica decide di "parlare di quel che succederebbe in un mondo nuovo, se Dio creasse ora da qualche parte, negli spazi immaginari, materia sufficiente a comporlo". Inizia con il descrivere la materia e le leggi universali che la ordinano. La materia così ordinata va a comporre i pianeti, un sole e le stelle fisse, da quest'argomento prende spunto per parlare della luce, che proviene dal sole e dalle stelle fisse. Descrizione più approfondita è data sulla terra, riguardo alle maree, ai venti, alle qualità del fuoco ecc. Al termine della descrizione è sollevata l'obiezione posta dai teologi, secondo cui la terra è stata creata direttamente da Dio, Cartesio ribatte affermando che la sua spiegazione del mondo non elimina né "il miracolo della creazione" né si distacca dalla concezione secondo la quale a Dio è attribuita la stessa potenza sia per creare il mondo, sia per conservarlo. Dalla descrizione dei pianeti passa a quella dell'uomo, del quale, come lui stesso afferma, non è in grado di individuare le cause che lo hanno prodotto, presupponendo quindi che l'uomo sia stato creato. Dapprima descrive le sue caratteristiche fisiche, che sono pari a quelle degli altri esseri, poi quelle che lo rendono diverso dagli altri animali. L'uomo fisicamente è descritto come una macchina composta di materia che si muove grazie al "calore" del cuore. Da qui parte una lunga parentesi in cui è descritta la funzione del cuore secondo Cartesio. Il cuore funziona secondo un principio di scambio termico; egli parte dalla considerazione che nel cuore ci sia più calore rispetto a tutte le altre parti del corpo, tale calore scalda il sangue che entra nel cuore fino a portarlo ad una sorta d'ebollizione, in conseguenza della quale il sangue si dilata e si espande. Tale espansione fa gonfiare il cuore, che fa così defluire il sangue nelle arterie, e si prepara, in quanto sgonfio, all'immissione, grazie alla riapertura delle valvole, di altro sangue. Questo modello però non spiega come possa il sangue nelle vene non esaurirsi. Cartesio trova risposta nella concezione della circolazione di William Harvey: il sangue non si esaurisce perché c'è circolazione dal cuore alle arterie e vene, e viceversa. Questo modello di macchina mossa grazie al lavoro del cuore, è presente in Cartesio in tutti gli esseri viventi. Ci sono due modi per distinguere l'uomo da una macchina che lo imita, il linguaggio e l'uso della ragione, la macchina, infatti, anche se fosse dotata in qualche modo di parola o di capacità di comportamento, le reazioni che essa avrebbe sono tutte vincolate dalle prefigurazioni limitate che un costruttore possa imporgli. Non è pensabile neanche che gli animali possano possedere la ragione, l'uomo sarà sempre in grado di comporre un discorso con cui far intendere il loro pensiero; mentre gli animali questo non è in grado di farlo. Questo è evidente anche dal fatto che non hanno un proprio sistema di comunicazione, perché in tal caso potrebbero cercare di esprimere il proprio pensiero. Infine Cartesio descrive brevemente la sua concezione dell'anima razionale, che non alloggia solo nel corpo, bensì è totalmente congiunta e unita, ed è immortale.
La sesta ed ultima parte iniziano con la spiegazione dei motivi che lo hanno portato a decidere di non pubblicare il Mondo. Venuto a conoscenza della condanna di Galileo, Cartesio si rende conto di come le ragioni che lo avevano portato ad aderire alle considerazioni copernicane, potevano essere sostituite da altre del tutto contrarie. Inizia poi a spiegare quali siano i motivi della sua filosofia: sin da quando scopre il metodo, Cartesio si prefigge di trovare una filosofia che avesse un'utilità pratica nel cercare di migliorare la qualità della vita. Il suo metodo vuole aiutare la medicina nel progresso che conduca alla scoperta di come guarire sempre più malattie possibili e di come prolungare la vita di ciascuno. I problemi che si pongono però, sono due: la brevità della vita, e la quantità d'esperimenti da effettuare. Cartesio inizia con l'affrontare il problema relativo agli esperimenti. Il suo metodo lo ha portato a trovare dapprima i principi o le cause generali che derivano direttamente da Dio, principi già individuati da Cartesio nella sua metafisica. La seconda strada che intraprende è quella di considerare le cose più particolari. Attraverso gli esperimenti però scopre che la causa generale da cui esse derivano non poteva essere dedotta immediatamente, vanno quindi effettuati diversi esperimenti per poter comprendere la causa generale che spieghi tutti i dati sperimentali così ottenuti. Da questa considerazione, si ripromette di mostrare ciò che era stato compiuto e quello che era ancora da compiere attraverso un trattato, per poter così ricevere aiuto. Ma decide di abbandonare l'idea del trattato a causa delle obiezioni che sarebbero sorte e che gli avrebbero fatto perdere tempo, per scegliere una pubblicazione postuma che avrebbe contenuto tutti i risultati da lui finora ottenuti. Cartesio a questo punto prendendo spunto dalla considerazione di come molto spesso, si era reso conto di essere stato frainteso, coglie l'occasione per fare un appello ai posteri, prega loro affinché non credano a cose che non siano state divulgate dall'autore in persona, volendo scongiurare il rischio che qualcuno gli possa attribuire pensieri che possano contraddire il suo. Cartesio fa diverse considerazioni sui motivi che lo avevano convito a non pubblicare il testo, ma alla fine pone le due argomentazioni che gli fecero cambiare idea: la prima era legata alla sua reputazione, non pubblicare il testo significava deludere l'aspettativa che si era creata in Europa, la seconda era la constatazione di come ci fosse un'impossibilità di progredire nelle scienze a causa di un'infinità di esperimenti. Nella pubblicazione del Metodo, Cartesio sceglie degli argomenti che non siano soggetti a controversie. Le scoperte sono comunicate e diffuse anche attraverso i saggi allegati, La diottrica, Le meteore e La geometria, in termini tali che la paternità di queste scoperte sia riconosciuta, impedendone la completa decifrazione. Infine Cartesio ci tiene ad affermare come lo scopo della sua vita rimanente sia quello di indagare così a fondo nella natura, da poter trarre vantaggi per la medicina, scienza che si occupa della salute, condizione necessaria per la vita umana.
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