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Dialogo tra l'Innominato e il cardinale Federico Borromeo




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Dialogo tra l'Innominato e il cardinale Federico Borromeo

(Cap. XXIII ).



L'incontro tra l'Innominato e il cardinale Federico Borromeo, presente nel XXIII capitolo, è una delle pagine più belle dell'intero romanzo.Questo è il delicato momento in cui l'Innominato si converte definitivamente. Fino ad adesso infatti non si può dire che nella mente e nel cuore dell'Innominato sia avvenuto un vero e proprio cambiamento. Non sono di certo le parole di Lucia che operano in un uomo così malvagio e fiero di sé un mutamento tanto radicale.Non è nemmeno il lento e inarrestabile invecchiamento la causa principale di ciò. Né tanto meno mi par opportuno parlare di" miracolo religioso" . Ma d'altro canto, come è forse inutile precisare, non dobbiamo pensare ad un improvviso e radicale cambiamento bensì ad un lento processo che parte dalla stanchezza o come direbbe il Manzoni da "un'uggia" nel compiere altri misfatti per giungere lentamente al rimorso, al pentimento, sentimento che per la prima volta proverà proprio d'innanzi al cardinale. Per l'Innominato, in questo delicato momento della sua vita in cui la minima cosa potrebbe farlo ritornare come prima, è importantissimo incontrare proprio il cardinale Federigo Borromeo che non è un qualunque prete.Non è una predica ciò che bisogna all'Innominato. Il trovarsi di fronte ad un prete che cercherebbe di convincerlo a cambiare sarebbe stato forse utile solo ad alimentare la sua malvagità.Ma ciò non avviene.Egli incontra Federigo.Non si può dire comunque che l'Innominato conosca il cardinale e vi vada apposta incontro.Egli dopo una notte trascorsa nell'inquietudine del pensare a Lucia, a sé stesso ,alle atrocità che ha compiuto, a quel Dio nei confronti di cui non sa più come porgersi si sveglia nel suo covile di pruni sentendo per le strade un movimento strano ed irrequieto. Gli viene detto che una flotta di gente sta andando dal cardinale,appena giunto in città.Si stranizza di tanta enfasi per l'arrivo di un uomo ma si decide ad andare anche lui e non sa perché lo fa.E' scettico,titubante: non sa che fare.Si fa trascinare da quell'euforia collettiva perché ha voglia anche lui di sperare in qualcosa. E ciò si può vedere quando dice" Oh se le avesse per me le parole che possono consolare" e le sue speranze non sono mal riposte. L'incontro dei due è un momento di alta poesia .Luigi Russo afferma che il Manzoni in queste pagine è uno scultore delle anime che mette di fronte due grandi statue , le quali riescono a dire le parole necessarie, essenziali e il cui silenzio è poesia.Sia il cardinale Federigo Borromeo sia l'Innominato sono due dei personaggi più curati dal Manzoni il quale fa in modo che il loro incontro sia "gustato" lentamente.Infatti prima che i due si vedano vi è l'entrata in scena del cappellano crocifero il quale annuncia al cardinale l'inaspettato arrivo dell'uomo.Questa notizia crea nel cardinale un attimo di meraviglia che viene però subito nascosta dalla compostezza e fierezza che è propria di questo uomo.In questo momento il Manzoni esalta Federigo paragonando la gioia di quest'ultimo nell'incontrare l'Innominato con la paura del cappellano che addirittura vorrebbe disarmarlo. Il Cardinale accoglie molto calorosamente l'uomo. Gli va incontro premuroso e sereno dice il Manzoni. A questo punto i due rimangono l'uno di fronte all'altro in silenzio,un silenzio che è però più forte di qualunque parola . Ambedue sono immersi nei loro sentimenti e si osservano a vicenda, si studiano in quell'atmosfera di ansia profonda che li circonda. Da un lato abbiamo l'Innominato in cui due sentimenti si contrappongono:la speranza di trovare pace interiormente e la paura di trovarsi in una situazione a lui nuova che è quella del pentimento..

Dall'altro lato,invece, vi è Federigo che si riempie di forza col suo portamento maestoso. Maestosità dovuta sia alla bellezza tutta fisica ma anche e soprattutto alla pace interiore e alla serenità fortemente presenti in lui.

La cosa che più colpisce l'Innominato è il vedere il cardinale addolorato di non essere stato lui ad andare incontro all'altro ma viceversa . Per una volta l'Innominato sente che c'è qualcuno che non lo teme . Il cardinale sa chi ha di fronte ma non ha paura,anzi.Aspetta serenamente una confessione.Aspetta che l'Innominato gli parli del suo cambiamento, del fatto che ora ha scoperto Dio.

E' a questo punto che con la frase Dio!Dio!Dio!Se lo vedessi!Se lo sentissi!Dov'è questo Dio? che possiamo capire come l'Innominato non si è ancora convertito del tutto.Egli non riesce ancora a credere che esista quel Dio di cui ha sentito parlare.Lo vuole vedere, sentire che c'è veramente. Non si può dire che ha fede ma vorrebbe forse averla . Ha voglia di credere.Ed è bellissima la risposta del cardinale ,il quale dice Voi me lo domandate?voi?E chi più di voi l 'ha vicino ?non ve lo sentite in cuore , che v'opprime , che v'agita,che non vi lascia stare, e nello stesso tempo vi attira,vi fa presentire una speranza di quiete, di consolazione, d'una consolazione che sarà piena, immensa subito che voi lo riconosciate, lo confessiate,l'imploriate?

La bellezza e forza di queste parole stanno nel fatto che non sono intrise di una falsa religiosità che non avrebbe certamente colpito un'anima tanto in pena. Ci sono una forza ed una solennità in queste parole unica senza dubbio uniche o come dice il Russo c'è l'eloquenza rapida di due anime che si incontrano e si scontrano L'impetuosità del dire è convenientissima per la loro postura di grandi sculture di vita morale , che si avvicinano.

La seconda parte del dialogo dei due , purtroppo , è meno forte e bella della prima. Le parole del cardinale sanno di più di una predica,di un'orazione. Il cardinale fa largo uso di espressioni bibliche e frasi fin troppo scontate per essere appieno apprezzate. Ricordiamo ad esempio la frase Lasciamo le novantanove pecorelle, sono sicure sul monte;io voglio stare ora con quella che era smarrita.

Ma anche se intrisa di religiosità questa seconda scena è bellissima perché contiene il culmine della conversione dell'Innominato.Gli occhi di questo uomo malvagio si gonfiano di lacrime e non vuole porgere al cardinale la propria mano perché troppo impura e malvagia .

In questa scena però il Manzoni non esita a creare un contrasto tra i due . Le sue lacrime ardenti cadevano sulla porpora incontaminata di Federigo;e le mani incolpevoli di questo stingevano affettuosamente quelle membra, premevano quella casacca, avvezza a portar l'armi della violenza e del tradimento.

Si noti l'aggettivazione usata dal Manzoni. Per l'Innominato usa gli parole come ardenti,casacca avvezza a portar l'armi della violenza e del tradimento,per Federigo dice invece porpora incontaminata,mani incolpevoli . Seppure la trasformazione dell'Innominato è ormai completa il Manzoni ci tiene a rendere evidenti le differenze tra il cardinale che è il buono per eccellenza e l'Innominato che lo è diventato ora. E' indubbio il fatto che il Manzoni preferisce il cardinale Borromeo.







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