Dialogo fra Don Rodrigo e L'Innominato
Don Rodrigo, per portare a termine la
decisione di vincere la scommessa con Attilio, di rivolgersi all'Innominato.
Decide di rivolgersi a costui perché era il personaggio più potente del luogo e
con cui aveva voluto mantenere rapporti formalmente rispettosi, pur senza
sbilanciarsi dato che l'Innominato era pur sempre un uomo che andava contro la
legge. Per descrivere l'Innominato Manzoni fa riferimento agli autori, alle
opere che hanno parlato di questo personaggio e sembra quasi che si voglia
scusare con i lettori delle poche informazioni disponibili sulla sua identità.
Maggiori notizie si hanno sulle azioni compiute da questo personaggio, tutte
finalizzate a suscitare rispetto attraverso il terrore, tanto che tutti gli si
rivolgevano fidando più in lui che nella giustizia, sia che avessero torto, sia
che avessero ragione. Le azioni compiute da questo personaggio non sono però
del tutto malvagie: qualche volta avevano richiesto il suo aiuto anche persone
povere e oneste come possono esserlo Renzo, Lucia e Agnese, e lui aveva
accettato di aiutarle. In questi casi il suo nome veniva benedetto, anche se
per poco, e Manzoni registra che era l'unico modo perché i deboli avessero
giustizia in quei tempi.
Per le sue malefatte l'Innominato era stato costretto ad allontanarsi
dalla Lombardia senza però mai interrompere le sue attività e ritornando in
territorio lombardo vicino al confine con il Veneto per potervisi eventualmente
rifugiare.
Anche la differenza di termini che Manzoni usa per indicare le
abitazioni di Don Rodrigo e dell'Innominato rilevano la differenza tra i due
personaggi. L'abitazione di Don Rodrigo viene definita "Palazzotto", quella
dell'Innominato viene definita da Manzoni "Castellaccio". L'Innominato ha scelto
consapevolmente di dettar legge e di vivere al di fuori e al di sopra delle
leggi, Don Rodrigo invece "Voleva ben sì fare il tiranno, ma non il tiranno
selvatico.". Non avendo altra scelta, comunque, Don Rodrigo decide di
rivolgersi all'Innominato e una mattina parte con i suoi bravi, facendo finta
di andare a caccia, per raggiungere il castellaccio. Questo era situato su
un'altura, in modo da dominare tutta la valle e si poteva raggiungere solo da
un sentiero che era facilmente controllabile dalle feritoie del castello. Il
paesaggio è brullo, aspro, selvatico e riflette il carattere del personaggio
stesso che lo abita (L'Innominato), che non aveva voluto niente e nessuno al di
sopra di lui. All'imboccatura del sentiero più ripido c'è una taverna dove si
fermano i bravi di Don Rodrigo. L'Osteria riportava due soli raggianti
sull'insegna, ma era conosciuta da tutti come Malanotte. Al suo interno si
trovano gli sgherri dell'Innominato; riconosciuto Don Rodrigo lo salutano
rispettosamente come amico del loro padrone e Don Rodrigo consegna con
noncuranza lo schioppo ai bravi dell'Innominato insieme a alcune monete d'oro,
mentre ai suoi che lo aspetteranno all'Osteria lascia delle monete di minor
valore. Solo con il Griso, Don Rodrigo inizia la salita, si unisce a loro un
altro bravo dell'Innominato e quindi Don Rodrigo e il Griso non avranno poi
altri intoppi per arrivare al castello perché sono in compagnia di questa
persona. Le stanze percorse da Don Rodrigo sono buie e piene di armi, oltre che
di bravi che fanno la guardia. Finalmente Don Rodrigo è ammesso alla presenza
dell'Innominato che ricambia il saluto ma nello stesso tempo rivela la sua
diffidenza guardando le mani e il viso di Don Rodrigo. Manzoni lo descrive come
"Grande, bruno, calvo", con pochi capelli bianchi, il volto segnato dalle rughe
ma con occhi vivaci che indicavano ancora forza d'animo e di corpo. Don Rodrigo
rivolge la sua richiesta di aiuto e di consiglio e esagerando la difficoltà
dell'impresa, dello "Scellerato imbroglio", cerca di solleticare la vanità
dell'Innominato. Questi decide subito di dare il proprio assenso quando sente
nominare Fra Cristoforo, sua antipatia per l'inimicizia aperta che aveva nei
confronti dei tiranni. L'ostacolo presentato da Don Rodrigo come
insormontabile, il monastero in cui Lucia si era rifugiata, all'Innominato
sembra una sciocchezza, vista la sua conoscenza con Egidio: sembra proprio che
egli voglia misurare di nuovo la sua capacità di fare del male che negli ultimi
tempi non gli dava più quella soddisfazione che in genere provava ma anzi gli
procurasse se non un rimorso, una qualche forma di ansia.