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Decameron
Giornata 6° Novella 4°
Questa novella è forse una delle più conosciute del Decameron. È quella di Chichibio e la gru. In questa novella si parla di Chichibio un cuoco veneziano che dovette cucinare al suo padrone, Currado Gianfigliazzi una gru che quest'ultimo aveva catturato. Durante la cottura Chichibio viene raggiunto da Lauretta che dopo varie incitazioni ci fece dare un cosciotto della gru. Al ritorno di Currado era pronta la cena e quando egli vide che la gru non aveva una zampa si arrabbiò subito con il suo cuoco dicendogli che era un incapace e non si poteva fidare di lui. Chichibio per fargli capire il perché si inventò una bugia dicendo che la gru era senza una zampa perché era morta così. Currado non ci credette e per averne una prova decise di andare all'indomani in un luogo dove solitamente c'erano le gru e lì cercare di avere una spiegazione migliore se c'era. Il mattino seguente i due si recarono nel luogo dove c'erano le gru e lì il cuoco gli disse che non avevano una zampa come poteva vedere, poiché le gru si reggevano solo su un piede. Il padrone però cercò di incastrarlo dicendogli che se li richiamava scendevano anche l'atra zampa. Così successe ma nonostante ciò Chichibio riuscì a cavarsela dicendo che quando lui uccise la gru non le richiamò per fargli scendere la zampa e che quindi morirono solo con una gamba tesa.
AUTORE: Giovanni Boccaccio
TITOLO: Decameron
DATA DI COMPOSIZIONE
DATA DI PUBBLICAZIONE
1. NARRATORE
2. STRUTTURA DEL TESTO
a. personaggi
la descrizione dei personaggi è basata sulle caratteristiche psicologiche
i personaggi vengono presentati direttamente dal narratore
ruolo dei personaggi:
Chichibio: cuoco
Currado Gianfagliazzi: nobile cittadino
Lauretta: ragazza che ruba una zampa alla gru
relazioni tra i personaggi:
Chichibio e Currado:servo e padrone
Chichibio e Lauretta: amici stretti
b. spazio e tempo
Luoghi della vicenda
Descrizione ambienti
generica
è affidata al narratore
c. fabula e intreccio
INTRECCIO
Currado ordina a Chichibio di cuocere la gru
Lauretta va da Chichibio e gli chiede una zampa della gru
Chichibio gliela dà
Currado torna e si accorge che la gru ha solo una zampa
Chichibio gli mette una scusa su questo fatto
Currado non ci crede
La mattina vanno nel lago
Chichibio dimostra che avevano solo una gamba perché l'altra era piegata
Currado gli dice che se le avrebbe smosse scendevano anche l'altra
Così succede
Per ripararsi Chichibio dice che lui non le aveva smossa prima di averla uccisa
L'intreccio si articola secondo una progressione logica (causa-effetto)
d. lingua e stile
3. MESSAGGIO
4. TESTO E CONTESTO
LA VITA
Giovanni Boccaccio (Certaldo o Firenze 1313 - Certaldo 1375), narratore e poeta italiano, uno dei massimi letterati di tutti i tempi, anticipatore delle tendenze umanistiche del Quattrocento.
Figlio illegittimo di un mercante fiorentino, Giovanni fu cresciuto a Firenze: fonti non molto attendibili riportano che fosse nato a Parigi, da una donna francese conosciuta dal padre in uno dei suoi frequenti viaggi di lavoro oltre la alpi. Nel 1327 si recò a Napoli con il padre, socio della compagnia dei Bardi, per impiegarsi nell'attività mercantile e nella pratica bancaria. Qui partecipò alla vita culturale della città, esperienza che contribuì di lì a poco ad allontanarlo dal commercio e ad avviarlo alle lettere. Affascinato dalla letteratura cortese e cavalleresca francese, che presso la corte angioina di Napoli aveva in quel periodo grande diffusione e successo, Boccaccio consolidò le proprie basi di letteratura leggendo, oltre ai classici latini, anche opere storiche e mitologiche. Nel 1334-35 scrisse un poemetto la Caccia di Diana, composto secondo il modulo della rassegna celebrativa di gentildonne. Gli anni seguenti furono a lungo da lui ricordati come il periodo più felice della sua vita: il succedersi di nuove opere, l'assidua frequentazione della corte napoletana facevano prevedere al giovane letterato un futuro di celebrità e onori. Richiamato dal padre a Firenze nell'inverno del 1340-41, scampò alla terribile epidemia di peste scoppiata nella primavera del 1348, ebbe vari incarichi diplomatici dal governo della città e nel 1350 conobbe Francesco Petrarca, da lui ammirato e ritenuto un vero e proprio maestro. I due scrittori rimasero amici fino alla morte: Boccaccio incontrò nuovamente Petrarca a Padova nel 1351, a Milano nel 1359 e a Venezia nel 1363. Nel 1360 ospitò a Firenze l'amico Leonzio Pilato, insegnante di greco antico, una lingua allora pochissimo conosciuta in Italia. Grazie a lui poté leggere l'Iliade di Omero tradotta in latino. Partì per Avignone come ambasciatore presso papa Urbano V. All'inizio degli anni Settanta si ritirò nella sua casa di Certaldo, vicino a Firenze, dove visse appartato, dedicandosi quasi esclusivamente allo studio, interrotto da qualche breve viaggio. Un incarico per lui molto importante fu quello conferitogli nel 1373 dal comune di Firenze: la pubblica lettura, con commento, della Divina Commedia di Dante. Nel 1374 però Boccaccio dovette abbandonare l'incarico per il sopraggiungere della malattia che lo avrebbe portato alla morte l'anno seguente.
OPERE
Il Filostrato
Teseida delle nozze di Emilia
Rime
Il Filocolo
La Commedia delle ninfe
L'Elegia di Madonna Fiammetta
Il Ninfale fiesolano
Corbaccio
Trattatello in laude di Dante
Esposizioni sopra la 'Commedia' di Dante
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