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"DE PRINCIPATIBUS" di Niccolò Machiavelli
E' un trattato scritto tra il luglio e il dicembre del 1513 durante il ritiro dello scrittore nella sua villa all'Albergaccio.
La pubblicazione dell'opera avvenne nel 1532 postuma e suscitò da alcuni grande ammirazione e da altri riprovazione morale.
Nel 1559 fu segnalata nei libri proibiti della chiesa cattolica.
Questa dedica è stata aggiunta dopo la stesura del trattato, tra il 1515 e il 1516, nel momento in cui Lorenzo dei Medici stava per essere investito del ducato di Urbino grazie alla protezione di Leone X.
La dedica contiene dichiarazioni di riverenza e omaggio al signore, tenendo conto dello schema tradizionale del tempo. Oltre alle dichiarazioni di modestia dell'autore riguardo la sua opera, il testo manifesta una consapevolezza del valore del trattato, nato da una lunga esperienza professionale unita allo studio dell'antichità, indispensabile a un principe che vuole arrivare alla "grandezza".
Machiavelli sostiene che il punto di vista migliore per valutare le scelte dei grandi, sia quello dal basso di chi si colloca in mezzo al popolo.
L'autore rifiuta apertamente lo stile complicato e decorativo proprio della trattatistica della sua epoca, a cui preferisce un linguaggio semplice, essenziale e pratico.
E' il capitolo iniziale, e il più breve del trattato. E' intitolato "Quante siano le spezie de' principati e con quale metodo si acquistino", presenta schematicamente l'argomento dell'opera e la sua ripartizione.
Machiavelli delimita il suo argomento con un procedimento secco ed essenziale per contrapposizione di alternative, secondo un metodo "dilemmatico" che ricorrerà per tutto il trattato.
Mano a mano che procede definisce quello che per lui è il più importante dei principati: il principato nuovo distinti tra quelli nuovi "tutti" o aggiunti a un dominio precedente.
L'importanza che l'autore da ai principati nuovi può essere spiegata riflettendo sulle condizioni politiche dell'Italia del tempo e sul problema che il "Principe" intende affrontare.
Lo stile è privo di ricercatezze formali e secchezza nello stile.
Machiavelli in questo capitolo entra nell'argomento che più gli interessa: quello del principato "nuovo" e il titolo che lui stesso gli conferisce è:"de' principati nuovi che s'acquistano con l'arme proprie e virtuosamente".
L'autore compone un esordio ampio e solenne all'inizio del capitolo in cui viene messo in rilievo uno dei principali concetti del pensiero di Machiavelli: l'imitazione di uomini grandi, in particolare antichi, come norma di comportamento per l'agire politico.
In questo capitolo l'autore fa esempi che riferiti a fondatori illustri di stati che hanno avuto nella storia importanza politica, culturale e religiosa. Tra questi sono citati Mosè, Teseo,Romolo e Ciro.
L'analisi dell'operato di queste figure si basa sulla fortuna e virtù. Il significato di fortuna è variabile in Machiavelli:in questa circostanza appare come un insieme di circostanze storiche, che l'uomo virtuoso deve dominare.
E' famoso il giudizio di Machiavelli su Savonarola, prototipo dei "profeti disarmati"; è da notare come l'autore nn dia nessuna valutazione di ordine morale, religioso o ideologico, ma valuta l'efficacia di una cerca condotta politica: per Machiavelli l'utilizzo della forza è una componte indispensabile dell'azione politica.
Nel suo stile l'autore procede per dilemmi, parallelismi di concetti (per lo più in antitesi) ed anafore
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