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Dante




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Dante


Dante è il massimo poeta della civiltà comunale, nella sua opera converge l'intera cultura del Medioevo e gli inizi di una nuova epoca, in rapida modificazione. Ogni aspetto della vita dalla filosofia alla scienza è discusso da Dante con passione e originalità e per questo è ritenuto un autore radicato nel suo tempo, sempre pronto anche all'autocritica e al nuovo. Egli fonda la nostra lingua e le sue opere lasciano il segno nei loro vari ambiti. Dante è anche attuale nella sua concezione politica quando critica quei valori mirati al guadagno che si espanderanno fino ad oggi.

La vita

Durante, Dante, nasce a Firenze tra il 14 maggio e il 13 giugno del 1265 dal padre Alighiero, da cui prende il cognome Alighieri. Di piccola nobiltà, il padre guadagnava da alcuni campi e dal mercato. A 12 anni è assegnato in nozze a Gemma Donati da cui avrà 3 o 4 figli: Pietro, Iacopo (che commenteranno la Commedia), Giovanni (?) e Atonia. A 9 e 18 anni incontra Beatrice, Bice che morirà nel 1290. Dopo la morte di questa Dante ha un periodo di "tranviamento" quando abbandona lo stilnovismo e gli studi teologici compiendo una vita dissoluta. Dante dal 1290 si avvicina alla vita politica e dopo alcuni impegni militari nel 1297 è già iscritto (si era iscritto nel 1295) all'arte dei medici e speziali, di cui si doveva essere membri per partecipare alla politica. Fa parte del consiglio dei trentasei e poi di quello dei cento e nel 1300 è pretore. Di parte Bianca resta comunque moderato, durante il suo compito compie alcuni emendamenti, fra cui il provvedimento d'esilio di alcuni dei capi più violenti fra cui Cavalcanti. Dopo il priorato, in cui si batté per la pace, restò al centro della politica ma nel 1301, mentre era in ambasciata a Roma, Carlo di Valois per conto del papa Bonifacio VIII dà il potere ai Neri. Dante va in esilio, non accettando la pena inflittagli. Resta in un primo periodo con i Bianchi che si alleano con il Ghibellini per tornare con la diplomazia o con le armi a Firenze. Si sposta per la Toscana e per città come Arezzo e Forlì. Ma dopo questo primo periodo Dante decide di non impegnarsi più per tornare in patria, cambia mentalità politica (monarchia universalistica) e non segue i Bianchi, che poi verranno sconfitti. Forse nel 1310 si reca a Parigi, gira la Toscana e Il Veneto. Nel 1308-10 con la discesa di Arrigo VII si interessa di nuovo di politica, mandando le sue Epistolae allo stesso Arrigo e a Firenze e al papa perché lo accolgano. Ma con la sconfitta di Arrigo anche Dante finisce di partecipare alla vita politica ma mantiene le sue convinzioni nelle sue opere.  Dopo che il suo esilio fu aggravato (Arrigo era un nemico di Fi.) si trasferì a Verona, ospite di Cangrande della Scala. Nel 1318 si trasferisce a Ravenna sotto i Polenta dove morì il 13-14 settembre del 1321 dopo un'ambasceria a Venezia.

La formazione, le idee

Oltre agli studi della grammatica lo influenza Brunetto Latini, studioso di retorica e aperto alla cultura moderna. Dante riprende da lui la concezione dell'intellettualità come impegno filosofico e civile. L'amicizia con Guido Cavalcanti poi diede a Dante la certezza dello spessore poetico che deve essere presente nella letteratura e la conoscenza del dolce stil novo. Dopo la morte di Beatrice legge opere di Boezio e studi Aristotele; inoltre viene a contatto con gli spirituali e con i gioacchinesi. Fece in più alcuni viaggi a Bologna, dove si parlava di retorica e di grammatica, esperienza che gli servì per il De vulgari eloquentia. L'esilio quindi lo portò alla conoscenza di nuovi ambienti culturali e ampliare la sua cultura autodidatta. La sua cultura era circoscritta a pochi testi conosciuti però quasi a memoria.

Dante rileva la sua appartenenza al Medioevo nell'interpretare la realtà su principi gerarchici e universali. Integra i saperi nella forma più alta (i suoi discorsi potevano essere dibattuti in qualunque campo, con concetti per niente semplici in ciascuna). La religione è centro di tutto secondo Dante, riprende ciò da Aristotele, storia rilevazione progressiva delle verità cristiane. La storia è divisa in due dalla Incarnazione di Cristo ma il mondo pagano è visto in prospettiva della venuta di Cristo. Dante è sincretista, tutta la storia è vista in chiave cristiana. Per quanto riguarda la politica dal 1295 al 1301 Dante difese l'autonomia del Comune dalla Chiesa, con l'esilio passa a una veduta universalistica e monarchica, dove Chiesa e Impero devono governare insieme con l divisione del potere spirituale (Chiesa) e temporale (Impero). Rifiuta la logica del guadagno dei Comuni e della loro classe dirigente e la loro spregiudicatezza. Le sue idee filosofiche arrivano a una questione fondamentale: il rapporto fra filosofia divina (teologia) e filosofia umana. Nel Convivio afferma l'indipendenza dei due campi, uguali fra loro. Nella Commedia invece afferma il primato della teologia e quindi la verità di fede è più importante di quella della ragione e inoltre tende ad unificarli, la fede nelle verità rilevate devono essere dimostrate con la razionalità. Dante inoltre evolve le sue idee di lingua e poetica , nella sua valorizzazione del volgare sul piano teorico usato per la dignità dei temi alti e dello stile tragico e per creare un nuovo epos cristiano-moderno.

Le opere

La Vita Nova (1283-1293)

E' la prima opera organica di Dante, raccoglie una parte dei testi poetici composti dall'autore nella sua giovinezza, inseriti nella storia in prosa dell'amor gentile di Dante verso Beatrice, esperienza eccezionale per l'autore, che decide alla fine dell'opera di dedicare all'amata una grande opera. Le poesie furono scritte dal 1283 al 1293 mentre la stesura è da datare a pochi anni dopo. E' divisa in quarantadue capitoli con 25 sonetti 3 canzoni compiute e 2 incomplete e una ballata. L'alternarsi di prosa e poesia è chiamato prosimetro. Si pensa che alcune poesie siano state corrette da Dante per renderle più pertinenti e per far sì che dalla sua vita artistica ne potesse uscire un insegnamento e una storia. La Vita Nova può essere letta come un testo autobiografico, un romanzo, un testo mistico-simbolico ma anche un saggio sulla lirica. Come poi la Commedia la Vita Nova vuole, partendo da una storia autobiografica, arrivare a un insegnamento e all'espressione di una condizione universale. Nei primi quattro capitoli Dante parla degli incontri a 9 e a 18 anni della amata e di un suo sogno premonitore della morte di questa; un giorno in chiesa Dante è osservato mentre guarda una donna, che tutti pensano non sia Beatrice ma una bella donna seduta a metà fra i due; è la donna-schermo, caratteristica dello stil novismo. Dante difende Beatrice dicendo che stava guardando quella donna. Ma la donna parte e si scopre l'amore di Dante; a questo punto Beatrice gli nega il saluto (capitoli 5-11). Deriso dalle amiche e da Beatrice stessa Dante non parla più della propria condizione e non parlerà più all'amata ma esalterà le sue bellezze (capitoli 12-21). La morte del padre di Beatrice è vista come altro presagio della morte di quella (cap. 22-23); dopo l'affermazione dell'uso del volgare ci sono nuove rime per Beatrice (cap. 24-26) e infine la morte della amata fa partire la produzione di versi sulla perdita di quella (cap. 28-34). Dopo circa due anni una donna gentile consola Dante in una nuova passione (cap. 35-38) una visione di Beatrice lo allontana da questa e lo fa vergognare per ciò che ha fatto (cap. 39-41) Un'ultima visione lo spinge a fermare la sua ricerca e continuarla in un'opera più degna (cap.42). Tutta la storia è senza ambientazione e ogni situazione è vista dal punto di vista simbolico. Nella sua opera è esaltato il potere della ricerca filosofica, la sua opera è come quella di Sant'Agostino di ricerca dall'autobiografia di situazioni viste agiograficamente, simbolicamente, come anche Beatrice è vista. Inoltre ci sono tratti stilistici della Bibbia nella sua opera. Nella Vita Nova poi passa dai primi componimenti siculotoscani a un nuovo stilnovismo, influenzato da Gunizzelli nell'angelicazione della donna e da Cavalcanti nell'impegno filosofico; Dante parla non degli effetti dell'amore, ma della bellezza della donna amata. Il pubblico deve avere "intelletto d'amore", avere esperienza d'amore e conoscere il suo significato teorico. Beatrice inizialmente ha valore simbolico, ha corrispondenza immediata fra valori e fenomeni, con i suoi gesti che portano alla santità l'autore. Con la morte di Beatrice non si può più avere l'immediatezza e si deve avere una maggior razionalizzazione. La prosa usata da Dante è la fondatrice della prosa in volgare, modello di chiarezza e di equilibrio ritmico, efficacia argomentativa e musicalità; il lessico è ricercato e sono presenti latinismi e parallelismi sintattici. Dante utilizza elementi autobiografici per creare un mito a sfondo personale, portando elementi simili da un opera ad un'altra creando un'intertestualità.

Donne ch'avete intelletto d'amore importante anche per l'autore grazie a una premessa nobilitante e dichiarando una svolta poetica, creando una suspance con il cambiamento di materia, finalità e interlocutori. Dedica un commento molto accurato e sottolinea la svolta stilistica data anche nella Divina Commedia. Nuovo è il pubblico, borghese, con il quale condivide la nuova cultura stilnovistica; un nuovo metro poi, illustre nella forma e piano nella comprensibilità danno un nuovo tono alla sua opera. La canzone si divide in tre parti, proemio, trattazione e congedo, nella prima si espone il programma. Nella trattazione le tre parole iniziali sono tre parole chiavi: Angelo, Madonna e Amore. Il congedo si riattacca al proemio e parla della scelta del pubblico. La teatralizzazione del testo, che fa intervenire più "esperti" porta alla vivacità e al coinvolgimento del pubblico.

Sulla natura dell'amore: un amico di Dante gli chiede di esporre le sue idee dell'amore; Dante dice che fra amore e cuore nobile c'è identità.

La lode di Beatrice: due sonetti nello stesso capitolo, prima della crisi per la morte presagita, Dante elogia Beatrice. I due sonetti sono: "Tanto Gentile" e "Vede perfettamente onne salute".

Le Rime (1283-1307)

Insieme di poesie attribuite a Dante non presenti nel Convivio e nella Vita Nova. I testi sono selezionati e raccolti secondo criteri filologici e comprendono temi e stili assai vari di fasi diverse della vita dell'autore. I testi sono 54 di sicura attribuzione (34 sonetti, 15 canzoni, 5 ballate) più 26 liriche incerte e 26 di corrispondenti (fra i quali Cavalcanti e altri autori). In queste rime è sempre presente una costante ricerca di sperimentalizzazione e una tendenza alla definizione realistica della materia. In più quasi tutte le rime hanno come tema quello amoroso che da temi stilnovistici con una allegorizzazione arriva a tratti filosofici e civili. I modelli sono i siciliani e poi i provenzali. Anche influenza di Guittone (stilnovismo e poesie a sfondo civile) e Cavalcanti. Le rime si suddividono in 5 gruppi: a) stilnovistiche; b) tenzone con Foreste Donati; c) allegoriche e dottrinali; d) petrose; e) rime dell'esilio (carattere civile-autobiografico).

Rime stilnovistiche: tema amoroso, modelli poesia cortese siciliana, leggerezza di tono (es. "Per una ghirlandetta" e "Guido, i'vorrei che tu e Lapo ed io"). Oltre a queste prestilnovistiche ci sono quelle più attaccate a Guinizzelli e all'ammirazione e alla lode dell'amata. Rivolgendosi ad un'elite alta e con uno stile aristocratico. La destinataria è Beatrice a cui si affiancano donne convenzionali.

Rime Petrose: riferite a Petra, donna che non accetta l'amore di Dante e che lo schernisce e lo deride.Sono del 1296 e il nome della donna è senhal del carattere della donna verso il poeta. Usa il trobar clus. Alla materia corrisponde il modo della rappresentazione e quindi Dante si scaglia contro la donna. Lo stile comico, come poi nella commedia non è finalizzato alla parodia.

Rime dell'esilio: dominate da temi civili in chiave etica e affidati alla funzione allegorica della situazione amorosa. Dante canta la giusta via. Dante ricorda il passato e gli amori perduti con malinconia. Si avvicina qui a Guittone e ai suoi componimenti civili. Dante riprende la sua critica alla cultura comunale.

Il Convivio (1304-1308)

Il Convivio è una enciclopedia incompiuta della cultura Medioevale rielaborata in maniera personale e di parte; scritta in volgare e strutturata in trattati organizzati in commenti a testi poetici introduttivi. La funzione divulgativa è evidente poiché sono spiegati alcuni testi dottrinali di difficile comprensione. Il titolo è spiegato nel primo capitolo: Dante invita a un banchetto metaforico a cui è "servito" il sapere. Dante dice di non mangiare il pane della sapienza ma di essersi elevato da chi mangia ghiande e erba e di raccogliere briciole dalla mensa dei dotti (la filosofia a cui si è avvicinato). Il Convivio doveva essere di 15 trattati ma ne furono scritti solo 4. Il primo capitolo è introduttivo mentre tutti gli altri sono introdotti da una canzone. Le canzoni, a differenza dei commenti, sono del periodo 1293-1295. Il primo trattato, di 13 capitoli, ha funzione introduttiva; Dante spiega la metafora del titolo e dichiara un pubblico nuovo per un testo dottrinario: l'opera era aperta a tutti e per questo scritta in volgare scelto appunto per aumentare il pubblico e per centrare il valori specifici del volgare, nuova sole che porterà molte più persone alla luce del sapere. Il 2° trattato è di 15 capitoli, introdotto da "Voi che 'ntendo il terzo ciel movete". Prima c'è una introduzione su come sarà strutturato il commento. Distingue l'allegoria poetica da quella dei teologi nella quale il significato letterale e quello profondo sono veritieri mentre il significato letterale del primo è immaginario. Dante poi commenta la canzone, dando alcuni tratti biografici per poterla spiegare, dicendo che la donna che lo aveva consolato dopo la morte di Beatrice era la filosofia e che quindi essa si può ricollegare alla donna della canzone. Il 3° trattato è di 15 capitoli e commenta la canzone "Amor che ne la mente mi ragiona", collegata anch'essa alla filosofia e alla donna gentile esaltata nella "loda" stilnovistica. Compie anche qui divagazioni sui temi di carattere scientifico, filosofico e teologico. Il 4° è dedicato alla canzone "Le dolci rime d'amor ch'i' solia". Si estende per 30 capitoli passa dall'allegoria a una elaborazione più teorica. Si parla della definizione di nobiltà, dove esclude un rapporto fra nobiltà e nascita che in verità è un dono divino del quale il soggetto deve rendersi degno con l'esercizio delle virtù soprattutto a livello sociale. Si esalta la monarchia universale affidata da Dio alla fondazione dell'Impero Romano. I temi fondamentali sono quindi 3: l'esaltazione della filosofia, la discussione sull'essenza della nobiltà a cui si ricollega la monarchia universale. L'amore per la filosofia dà significato e legittimità alle funzioni dell'intellettuale nella società, la cultura è al servizio della società. L'intellettuale deve diffondere la cultura e dare un modello eticamente consapevole e ragionato. Con il volgare poi rivendica più possibilità comunicativa e esso ha secondo l'autore potenzialità di nobiltà uguale alle lingue classiche. Si ha molta solidità sintattica, equilibrio compositivo e chiarezza espositiva, con modello sempre la prosa latina. In più le similitudini e le metafore creano chiarezza e semplicità nelle spiegazioni.

Il De Vulgari Eloquentia (1303-1304)

Il titolo è tramandato dai Dantisti, fra cui Boccaccio e ripreso da Dante nel Convivio. Tema è la definizione di una lingua volgare illustre capace di affrontare le lingue classiche con stesi diritti espressivi. In aggiunta si parla delle forme retoriche dove impiegarla. Come il Convivio anche quest'opera è incompiuta, si arresta nel 14 capitolo del secondo libro. L'opera doveva essere di almeno quattro libri ma fu lasciata incompiuta per la stesura della Commedia. Il primo libro, in 19 capitoli, dimostra la nobiltà del volgare illustre superiole al latino, considerata lingua artificiale. Il volgare è invece già appreso dalla nascita e capibile da tutti; Dante costruisce una storia delle lingue come quella degli uomini. Dio ha infuso nei primi uomini una lingua sacra conservata solo dall'ebraico dopo la costruzione della torre di Babele, che creò la confusione delle lingue, divise in tre principali, divisi in luoghi diversi, che crearono nuovi idiomi. Nell'Europa meridionale tre erano le lingue: la d'oil, la d'oc e la lingua del sì. Per non continuare la novità di idiomi si è ricorso a lingue convenzionali come il latino. Dante definisce le caratteristiche dei tre volgari e in particolare di quello italiano, che è analizzato nelle sue 14 varietà. Ma nessuno è il volgare illustre che Dante cerca con questo metodo induttivo (dal particolare al grande). Passa a quello deduttivo, definendo le caratteristiche del volgare che deve essere illustre (portare lustro a chi lo parla), cardinale (perché cardine a cui fanno riferimento tutti i volgari), regale (perché se ci fosse una monarchia in Italia parlerebbe questo) e curiale (perché risponde alle norme stabilite dagli italiani più prestigiosi). Il secondo libro comincia a definire gli usi possibili del volgare illustre, che può essere usato solo da poeti di cultura e ingegno elevato e solo con temi elevati: politici, amorosi, morali. La forma più degna è la canzone di stile tragico, in endecasillabo e con regole rigorose. Anche il lessico deve restate quindi elevato. Dopo alcuni elementi costitutivi della canzone il libro si interrompe. Il terzo doveva essere del volgare in prosa e il 4° dello stile comico. Lo stile del De vulgari è fedele alle regole della trattistica del tempo, aperto a tutte le mentalità. La costruzione del periodo è equilibrata, armonica e trasparente, c'è una volontà d'innalzamento e attraverso il cursus e a figure retoriche complesse, neologismi e termini rari.

La Monarchia (1310-1313[15])

E' l'unica delle opere teoriche di Dante ad essere stata terminata; scritta in latino, raccoglie in forma organica le idee politiche dell'autore. L'opera è divisa in tre libri con diversi aspetti dello stesso argomento; il primo libro sostiene e argomenta la necessità storica e filosofica della monarchia universale, che può garantire all'uomo le condizioni per realizzare le proprie possibilità spirituali e pratiche. Ciò che provoca nell'uomo l'utilizzo improprio del libero arbitrio è la cupidigia; con la monarchia universale ciò non accade: se infatti una persona ha già tutto e gli altri non potrebbero avere niente, non cadendo più nella cupidigia. Oltre a questo bisogna avere un ordine gerarchico facente capo ad un'unica guida che porti al bene. Anche la nascita di Cristo è avvenuta durante l'Impero universale creato dai romani; questo è una conferma di ciò che afferma Dante. Il secondo libro è un insieme di considerazioni di carattere storico, in luce provvidenzialistica e teologica della storia. L'Impero romano ha avuto origine da Dio e dalla sua provvidenza perché la parola di Cristo potesse essere ascoltata in pace e sotto l'unificazione del mondo. Quindi questi argomenti storici e di fede dimostrano la fondazione su volontà divina dell'impero. Il terzo libro parla dei rapporti papato-impero. Il dibattito del tempo era fra filopapali e filoimperiali ma Dante si distacca da tutti e due con una confutazione d'entrambe: il papa non poteva avere potere temporale e la donazione di Costantino era da ritenersi invalida poiché il papa non poteva, secondo il Vangelo, impossessarsi di beni terreni. Dante dice che entrambe le autorità derivano da Dio e non possono perciò avere insubordinazioni fra di loro. Entrambe sono destinate alla realizzazione dell'uomo nel rispetto della sua duplice natura materiale e spirituale e del doppio fine: la felicità terrena e la beatitudine.

Le Epistolae

Attraverso un manoscritto legato a Boccaccio ci sono arrivate 13 lettere il latino scritte per conto di altri o per lui stesso da Dante. Usa l'ars dictandi e fa ricorso al cursus e alle elaborazioni retoriche. Sono tutte state scritte negli anni dell'esilio. 1 per conto dei bianchi, a Niccolò da Prato; 2 condoglianze ai conti di romena; 3 a Cino di Pistoia su una domanda fattagli sulle passioni; 4 a morello malaspina, con alcuni versi 5 a governanti e cittadini, chiede che Arrigo sia accolto; 6 ai fiorentini, minaccia punizioni se non accolgono arrigo; 7 chiede ad arrigo di venire a Firenze; 8-9-10 lettere di omaggio alla moglie di arrigo; 11 chiede ai cardinali un papa italiano; 12 dice ad un amico di Firenze di rifiutare l'amnistia; 13 offre a Cangrande il paradiso.

Le Egloghe

In esametri latini, sul modello delle Bucoliche di Virgilio, furono composte dal 1319 al 1320 in risposta a sollecitazioni in versi di Giovanni del Virgilio ad abbandonare l'uso del volgare. La risposta di Dante è contraddittoria fra contenuto e forma artistica. Infatti scrive in latino, in esametri, rilanciando il genere bucolico, ma riconferma le scelte poetiche che ha fatto. La risposta di Giovanni è anch'essa in egloghe; la seconda di Dante è un ringraziamento per la ospitalità dell'interlocutore.

La Quaestio de Aqua et terra

Tramandata dalla editio princeps, è un testo di una lezione tenuta a Verona da Dante nel 1320 riprendendo una disputa di Mantova. Il titolo è editoriale e l'operetta entra in un dibattito di tipo scientifico discutendo una questione di cosmologia e di rapporti fra sfera dell'acqua e della terra.






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