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Eugène Sue (1804-1857)
Tra tutti i dati caratterizzanti la vita si Sue ( adolescenza e gioventù difficili, guerra di Spagna, eredità del nonno, vita da dandy nei salotti parigini, i viaggi nel mediterraneo e negli oceani), quello più significativo, per ciò che riguarda il suo grande capolavoro I misteri di Parigi (1842 sul Journal des débats), è il profondo interesse per i bassifondi della città e per le persone che vi vivono, nato da un incontro con l'editore Gosselin. La leggenda vuole infatti che egli sia andato agli inizi del 1841 a trovare il giovane Eugène per mostrargli una pubblicazione inglese illustrata e dedicata alla descrizione dei bassifondi misteriosi di Londra e per proporgli, di conseguenza, un'opera dello stesso genere su Parigi, quella Parigi di Louis Philippe ancora città di provincia, ma che nel giro di 30 anni si trasformerà in grande metropoli, grazie anche all'avvento dell'illuminazione a gas, l'apporto di acqua potabile e la creazione dei boulevards. Il 19 giugno del 1842 cominciava la pubblicazione in appendice dei Misteri, accolti immediatamente da curiosità e successo; un articolo in particolare, di Levardant, redattore della Phalange, salutò il romanzo come un avvenimento letterario, e furono proprio quelle parole a spingere di nuovo Sue a visitare i bassifondi, questa volta con l'intento di studiare le tare e le miserie sociali, più che i costumi del popolo.
Apparsi in feuilleton, i Misteri furono subito destinati ad essere pubblicati in volumi che all'origine dovevano essere 2, poi 4, poi 6 ed infine arrivarono a 10. Sue ricevette, in tutto, 26.500 franchi per i 147 feuilleton, cioè 180 franchi per appendice: i Dèbats infatti pagavano i loro migliori scrittori 50 centesimi a riga. Il 13 febbraio 1844 fu rappresentato alla Porte Saint-Martin con grande successo un dramma tratto dai Misteri. Ancora, per sottolineare il vero e proprio caso che sollevò questo romanzo, Sue fu attaccato dalla Camera dei deputati con l'accusa "di far passeggiare da un anno i suoi lettori per le fogne parigine".
Riassumere la trama, cosa peraltro difficoltosa, non è rilevante, poiché occorrerebbe seguire riga per riga il complicato intreccio. D'altra parte Sue stesso, che scriveva un capitolo dietro l'altro senza sapere esattamente dove andare a parare, si dimenticava talvolta di non aver rivelato un precedente particolare importante, che spiegava poi in una nota, preceduto da un tattico "come il lettore ricorderà". Per vedere una prima panoramica dei soggetti del romanzo vediamo l'inizio del libro, dove Sue annuncia al lettore scene sinistre, con un'astuta captatio benevolentiae:
Ci sono dei miti qui ben noti e consegnatici attraverso i nostri predecessori: i miti del Vendicatore e dell'Incantatore. Vi aggiungerò qualche scena attuale, pur mantenendo quell'atmosfera infernale che a simili vicende è necessaria. Il lettore, prevenuto dell'escursione che gli proponiamo d'intraprendere fra gli indigeni della razza infernale che gremisce le prigioni, la colonia penale, e il cui sangue tinge di rosso i patiboli il lettore acconsentirà forse a seguirci. Senza dubbio questa investigazione sarà per lui una novità; affrettiamoci dapprima ad avvertirlo che, se in un primo tempo i suoi piedi poggeranno sull'ultimo gradino della scala sociale, a mano a mano che il racconto procederà l'atmosfera si purificherà sempre di più.
Protagonista indiscussa del romanzo è Parigi stessa, che è come il castello misterioso nel gothic romance, cioè il labirinto dove i personaggi si muovono, ciascuno con un proprio scopo. Dunque "Parigi è il mondo del peccato, della corruzione, del rischio e del pericolo, dove la seduzione del proibito minaccia sempre l'integrità morale dell'eroe e dell'eroina" (Romano) , città della miseria ma anche del lusso più sfrenato, sempre avvolta in un'atmosfera tenebrosa e degradante:
Quella notte () il vento s'ingolfava con violenza nelle stradicciole di questo lugubre quartiere; il bagliore biancastro, vacillante, dei lampioni squassati dal vento, si rifletteva nel rigagnolo d'acqua nerastra che colava dai marciapiedi fangosi. Le case, color del fango, avevano poche finestre dai telai tarlati e scardinati. Degli anditi bui e maleodoranti, conducevano a scale ancor più buie e maleodoranti, e così ripide, che a stento si poteva salirle servendosi di una corda fissata con dei ganci di ferro ai muri umidi.[3]
Il fascino maggiore del romanzo è il modo in cui le avventure e i personaggi si incatenano a vicenda; per far questo è necessario che l'autore cali continuamente la trama nella società, che dimostra di conoscere molto bene, e la cui visione all'interno del romanzo riprende la struttura del primo romanzo pubblicato in appendice, il Lazarillo de Tormes, dove la descrizione dei bassifondi spagnoli del Cinquecento nasce dallo stesso impulso di rivendicazione sociale.
Di particolare interesse è la figura del protagonista, Rodolphe, dai molti tratti byroniani e fatali. Principe travestito da operaio, va alla ricerca della figlia perduta in quell'enorme scacchiera piena di ostacoli che è Parigi, esaltando la sua dimensione eroica quando incontra una difficoltà. Sua caratteristica sono anche i contrasti del suo carattere, che ne fanno un personaggio talvolta imprevedibile. Ad esempio, se stimolato, rivela una collera diabolica che indebolisce fin da subito il suo ruolo di dio-salvatore, e che fa sì che alla fine egli non salvi del tutto se stesso e perda sua figlia, l'unica persona a cui tiene veramente:
Anche Fleur-de-Marie e lo Chourineur furono colpiti dall'espressione carica di cattiveria, di rabbia diabolica, che, in quel momento contrasse la nobile figura del loro amico; era diventato irriconoscibile. Nella zuffa con lo Chourineur, Rodolphe s'era mostrato sprezzante e beffardo; di fronte al Maestro, invece, sembrava posseduto da un odio feroce; le pupille, dilatate per la collera, mandavano strani bagliori. Certi sguardi hanno una potenza magnetica irresistibile; dicono che certi famosi duellisti attribuiscono i loro ferali successi alla azione affascinatrice del loro sguardo uno sguardo che demoralizza, che abbatte gli avversari.[4]
Con la pubblicazione di altri romanzi del tutto inferiori, Sue continuò lo stesso a godere di grande fama, tanto che, considerato dagli aspiranti scrittori il romanziere di una nuova epoca, quella delle riforme da lui auspicate, fu spesso interpellato, nella sua residenza nel castello des Bordes, vicino a Orléans, da delegazioni operaie per discutere su varie questioni sociali. Con la rivoluzione del 1848 si presentò come candidato socialista e fu eletto deputato nell'aprile 1850, ma nonostante un'incredibile fiducia nelle proprie mosse ed una forte fede sociale, dimostrò di non possedere nessuna delle qualità necessarie all'uomo politico (ad esempio passava il tempo alla Camera, seduto all'estrema sinistra, a correggere le bozze dei suoi romanzi). Non fu neanche in grado di pronunciarsi contro la legge Riancey, che tassava di cinque centesimi ogni giornale che pubblicasse un'appendice, legge che distrusse il feuilleton. L'unica sua presa di posizione fu contro il colpo di stato del 2 dicembre, atto che gli costò l'incarcerazione e poi un'umiliante liberazione.
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