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Dante nacque a Firenze da una nobile famiglia che non rivestiva, comunque, un ruolo politico di particolare rilievo all'interno della città. Anzi la sua famiglia, tradizionalmente guelfa, era riuscita a rimanere n città anche dopo la cacciata dei guelfi da parte dei ghibellini. Nemmeno la situazione economica familiare era di elevate condizioni, in quanto il padre, Alighiero, aveva un limitato giro di affari.
L'attività politica di Dante poté iniziare in seguito alla riforma degli ordinamenti di Giano della Bella, grazie alla quale anche i nobili erano autorizzati a ricoprire incarichi di ordine pubblico purché iscritti a una della Arti della città. La corporazione a cui Dante decisa di iscriversi fu quella dei medici e degli speziali, di cui si servì piuttosto per esercitare in politica che per svolgerne il mestiere. Il culmine della sua carriera pubblica lo raggiunse nel 1300, quando fu eletto priore e si trovò a fronteggiare e a sedare i conflitti sorti tra la fazione bianca dei guelfi e quella nera. Nonostante la sua volontà di mantenersi neutrale, non potava non dimostrare le proprie simpatie per la fazione bianca. Dovette così pronunciare una condanna contro i guelfi neri, guadagnandosene l'odio: questi, infatti, appoggiati da Bonifacio VIII, occuparono Firenze e procedettero con l'esilio dei bianchi. Dal canto suo Dante si procurò un'infondata accusa di baratteria.
In seguito a diversi episodi, tra i quali il mancato pagamento di una multa, Dante venne condannato a morte: sarebbe stato bruciato al rogo se fosse stato catturato. Ebbe così inizio il lungo periodo dell'esilio, durato venti anni, fino alla morte del poeta, causa del suo profondo sconforto e turbamento interno. D'ora in poi egli sarà costretto a farsi ospitare presso diverse corti, fin quando il successo ottenuto con la "Divina Commedia" non gli procurerà una certa fama. Prima di ciò, insieme ad alcuni compagni, tentò di rientrare a Firenze con la forza, insuccesso che ne accentuerà lo sconforto e segnerà il definitivo allontanamento da quel gruppo.
La discesa di Enrico VII
Dal profondo turbamento, causato dalle gravi condizioni in cui versavano le due massime istituzioni del tempo, la Chiesa e l'Impero, Dante si risolleva alla notizia dell'imminente discesa di Enrico VII, che tenterà di ristabilire l'ordine. E al misero fallimento del progetto, il poeta, ormai privo di speranza, trascorse l'ultimo periodo della sua vita tra Verona e Ravenna.
Dante è la figura dell'intellettuale cittadino per eccellenza, dedito all'attività politica, che in un modo o nell'altro trova spazio nelle sue opere. Il profondo coinvolgimento nelle faccende politiche di Firenze determinò in lui un sincero e profondo attaccamento alla patria, che risultò ancor più accentuato in seguito all'esilio. La sua importanza in campo letterario è dovuta soprattutto al fatto che riuscì a superare i limiti della poesia cavalcantiana, a lui immediatamente precedente, rielaborando i concetti principali del Medioevo e investendo di nuovi accenti il tema dell'amore verso la donna.
La formazione culturale del poeta è difficilmente individuabile con precisione, ma si può riassumere mediante la suddivisione in tre periodi:
Retorico- grammaticale: comprende il lavoro di studio di Dante attorno alla figura di Brunetto Latini, uno dei principali intellettuali del tempo.
Sperimentale: in cui si dedicò alla composizione delle Rime e della Vita Nuova.
Filosofico.
Struttura
E' la prima opera di Dante e rappresenta i risultati degli studi poetici raggiunti in giovinezza. E' una raccolta di trentuno liriche d'amore, accompagnate da quarantadue capitoli in prosa che fungono da introduzione e commento alle poesie. Quella del commento è una grande innovazione, mai utilizzata in alcun componimento precedente. Questo tipo di composizione è detto "prosimetro". I commenti in prosa spiegano in quale modo le liriche siano state concepite.
Argomento
E' la raccolta di liriche d'amore per Beatrice. L'opera si presenta come il racconto di una vicenda autobiografica, iniziata con l'incontro della gentildonna quando Dante aveva nove anni. L'incontro si ripete nove anni più tardi, quando per la prima volta Beatrice rivolge al poeta il suo saluto: sarà questo fonte di immensa gioia per Dante, sentimento che verrà poco dopo travolto dalla più cupa angoscia dovuta a un sogno, in cui veniva profetizzata la morte imminente di Beatrice. Per paura dei malparlieri, il poeta decide di non dedicare più le sue poesie direttamente a Beatrice, ma lo fa rivolgendole ad altre donne cosiddette "dello schermo". Questo fatto fa offendere Beatrice, in conseguenza del quale la donna non rivolgerà più il suo saluto a Dante. Egli è inizialmente preda dello sconforto, poiché il saluto rappresentava la ricompensa che la donna concedeva al proprio corteggiatore; tuttavia riesce a superare questa fase percorrendo una nuove strada, quella della poetica della lode: l'appagamento interiore non viene più determinato da un puro e semplice gesto materiale, come appunto il saluto, ma dalla possibilità di poter tessere le lodi della propria donna.
L'ultima parte dell'opera comprende le vicende successive alla morte di Beatrice: Dante supera lo sconforto che ne deriva grazie alla pietà di quella che definisce una donna gentile (in cui si identifica la filosofia), ma la tentazione di questo nuovo amore viene allontanata dalla visione di Beatrice tra i beati, in paradiso. Tale visione spinge il poeta all'elevazione mistica e alla contemplazione della donna amata.
La Vita Nuova è il racconto del percorso evolutivo interiore del poeta: gli eventi, comunque reali, sono sempre descritti con approssimazione, così come dei personaggi non sono mai descritte le caratteristiche fisiche, ma viene fatto cenno delle loro qualità morali. A Dante, infatti, più che la narrazione in se stessa, interessa la sua interpretazione, legata in modo particolare a sogni e visioni.
Le tre fasi in cui l'opera è divisibile sono state paragonate ai tre momenti dell'ascesi mistica definiti da San Bonaventura: la prima fase, durante la quale Dante trova l'appagamento interiore grazie ad un gesto materiale, corrisponde all'elevazione mistica mediante la scoperta di Dio nelle cose materiali (EXTRA NOS); la seconda fase, quella della poetica della lode, corrisponde alla ricerca di Dio in se stessi (INTER NOS); l'ultima fase, quella contemplativa, corrisponde al momento trascendentale dell'elevazione a Dio (SUPER NOS).
Il concetto della donna "angelo" trova spazio nella Vita Nuova più che in ogni altra opera: l'amore per la donna non è più giudicato profano, in quanto la donna stessa è un essere divino che fa da ponte tra l'uomo e Dio, è il mezzo mediante l quale l'uomo può elevare la sua anima alla contemplazione divina.
Le Rime
La produzione poetica
Oltre alle trentuno liriche della Vita Nuova, ci restano altre 57 poesie composte da Dante in volgare, inserite da alcuni critici nella raccolta delle Rime. Non sono accompagnate da componimenti in prosa, ma è in loro evidente tutta la sperimentazione e lo studio compiuti dal poeta. Trattano generi diversi: tra esse troviamo poesie d'amore, di tipo stilnovistico o più vicine alla tradizione trobadorica. Di notevole importanza sono anche le liriche che non rientrano in nessuno dei due filoni precedenti, ma propongono uno stile che sarà fondamentale nella composizione della Divina Commedia. In queste liriche sono rintracciabili tre filoni poetici:
La poesia comico- realistica.
La rime "petrose".
Le canzoni dottrinali
La poesia comico- realistica
E' caratterizzata da un linguaggio piuttosto popolaresco, che verrà utilizzato in modo particolare nell'Inferno, mentre il componimento principale di questa intera produzione è la tenzone con Forese Donati: è costituita da tre sonetti, interpretati da Dante, con relativa risposta dell'interlocutore; si tratta più precisamente di uno scambio di pesanti ingiurie da intendersi in chiave allusiva, per mezzo delle quali Dante rimprovera l'amico di aver abbandonato la propria famiglia per lasciarsi andare ai peccati di gola.
Le rime "petrose"
Sono quattro componimenti la cui protagonista è una donna, identificata con l'appellativo di "Pietra" per la sua indifferenza sentimentale. Lo stile è elaboratissimo e si rifà al trobar clus di Arnaut Daniel.
Le canzoni dottrinali
Sono quelle di contenuto filosofico e morale, da leggersi in chiave allegorica. Comprendono quelle inserite nel Convivio, più una, che porta il titolo di "Tre donne intorno al cor mi son venute".
Convivio
Struttura e argomento
E' la prima opera dottrinale composta da Dante, non più di argomento amoroso dunque, ma più che altro dedicata "all'amore per la sapienza", non più autobiografica, in quanto esponeva dottrine e concetti. E' rimasta incompiuta; doveva comunque contenere quindici trattati, il primo introduttivo, gli altri accompagnati da altrettante canzoni. Il poeta riuscì a portare a compimento solo i primi quattro. Con tale opera Dante intendeva dimostrare la propria dottrina, ma soprattutto difendere la propria reputazione, minacciata dalle accuse intentate dai cittadini di Firenze. Le tre canzoni commentate sono: "Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete", "Le dolci rime d'amor ch'i' solìa", "Amor che ne la mente mi ragiona".
La lingua
E' scritto in volgare, che l'autore afferma avere pari dignità del latino. Il pubblico a cui intende rivolgersi non è quello dei dotti, né quello degli intellettuali professionisti, ma è comunque di un certo livello: egli si rivolge agli "spiriti gentili" che per motivi differenti non hanno potuto approfondire gli studi.
Il primo trattato
Espone le ragioni dell'opera. Funge da proemio; in particolare Dante afferma di voler offrire un banchetto di sapienza (da qui il titolo), di voler creare una vasta enciclopedia.
Il secondo trattato
Spiega il metodo con cui saranno commentate le canzoni, naturalmente in modo allegorico. Offre poi la descrizione dei cieli e delle gerarchie angeliche.
Il terzo trattato
E' un inno alla sapienza.
Il quarto trattato
Espone il problema della vera nobiltà, che per Dante non è misurabile in rapporto alla discendenza familiare, ma in base alla virtù. Tratta poi le sue idee politiche, riprendendo i procedimenti stilistici degli autori latini, facendo ruotare attorno alla proposizione principale quelle secondarie, secondo il grado di subordinazione.
De Vulgari Eloquentia
Struttura e argomento
Riprende e approfondisce il discorso a proposito del volgare e del suo utilizzo. L'opera vuole essere un trattato di retorica che stabilisca le norme per l'uso del volgare. L'intento dell'autore è però il conseguimento di una lingua d'alto stile, non di uso popolare; più precisamente intende ricavare il cosiddetto volgare illustre. Doveva suddividersi in quattro libri, ma rimase interrotta a metà del secondo.
La lingua
E' un'opera scritta in latino, dunque rivolta esclusivamente alle persone dotte.
Il primo libro
Espone il problema della ricerca di un volgare illustre, destinato ad uno stile alto e sublime, volto alla trattazione di argomenti importanti. La retorica medievale stabiliva l'esistenza di tre stili: uno sublime o tragico, uno comico o mezzano e uno umile o elegiaco. Così per Dante il volgare doveva essere insieme cardinale, aulico e curiale.
Passando in rassegna tutti i dialetti d'Italia, egli non riesce a trovare una lingua che racchiuda in sé le caratteristiche sopra elencate, dunque affida questo compito ai diversi dotti sparsi per l'Italia.
Il secondo libro
Vengono in esso specificati gli argomenti da trattare mediante lo stile tragico: le armi, l'amore, la virtù. Come forma poetica può essere accettata solo la canzone. Differentemente che nella Vita Nuova, Dante afferma che anche gli argomenti epico- guerreschi possono essere trattati in volgare.
Epistole
Lettera XI
E' rivolta ai cardinali italiani, colpevoli di aver spostato la sede papale ad Avignone, spinti unicamente dalla loro cupidigia. E' evidente che Dante vuole esprimere tutta la sua tristezza in merito alla situazione italiana, ma soprattutto la volontà di voler compiere una personale missione profetica.
Epistola all'amico fiorentino
In questa lettera Dante rifiuta la possibilità di poter tornare a Firenze, per amore della propria dignità, del proprio onore e della propria libertà.
Epistola a Cangrande della Scala
Strettamente collegata all Divina Commedia, spiega gli argomenti trattati nel Paradiso; contiene la dedica del Paradiso a Cangrande, signore di Verona, che aveva aiutato il poeta nei momenti di maggior difficoltà. Spiega poi, sempre a proposito della Divina Commedia: il soggetto, il titolo, la pluralità dei sensi, lo stile umile, le finalità.
Le tre epistole politiche
Sono lettere di accoglienza indirizzate a Enrico VII, in latino, in cui si pronuncia in merito all'impresa futura.
De Monarchia
Struttura e argomento
E' l'unica opera a carattere dottrinale compiuta, in cui viene esposta la teoria politica di Dante. La sua composizione è preceduta da alcuni importanti avvenimenti, che spinsero l'autore a scriverla. Egli individuava la causa della degradazione dell'umanità nella crisi in cui gravavano le due massime istituzioni del Medioevo: la Chiesa, corrotta, e l'Impero, totalmente assente dall'Italia stessa. Il profondo turbamento che derivò a Dante da tale situazione viene alleviato dalla notizia dell'imminente arrivo Enrico VII di Lussemburgo, in cui vede l'unico in grado di riportare pace e ordine. E' interamente scritta in latino.
Il primo libro
Dimostra la necessità della presenza di un imperatore che sia più potente di tutti gli altri regnanti, che sia arbitro supremo delle decisioni politiche.
Il secondo libro
Dimostra come il potere imperiale sia stato concesso da Dio al popolo romano per unificare il mondo e prepararlo al messaggio di Cristo.
Il terzo libro
Affronta il tema più importante riguardante i rapporti tra Chiesa e Impero. Secondo l'autore il loro rapporto equivale a quello di due soli, entrambi autonomi perché derivano da Dio. L'impero ha come scopo il raggiungimento della felicità terrena, la Chiesa quello di guidare la anime verso la felicità eterna. E poiché quest'ultima ha un compito più arduo, l'Impero deve ad essa naturale riverenza.
Un'irrealizzabile utopia
Pur essendo una grandiosa costruzione, quella di Dante non può che essere un disegno immaginario, già superato dagli eventi della storia.
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