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Dante alighieri - dante tra duecento e trecento, la vita, l'esaltazione di beatrice e la vita nova, convivio, monarchia, la divina commedia, la prima attivita' poetica




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DANTE ALIGHIERI


DANTE TRA DUECENTO E TRECENTO

Dante sintetizza le tendenze essenziali della letteratura del secolo XIII e crea allo stesso tempo modelli determinanti per tutta la letteratura italiana. La maggior parte delle sue opere si svolgono comunque nel secolo XIV.

LA VITA

Nato tra il 14 maggio e il 13 giugno del 1265, battezzato il 26 marzo 1266. Il padre faceva parte della piccola nobiltà guelfa e la famiglia viveva di piccoli possedimenti agricoli e una piccola attività mercantile. La madre era donna Bella, che morì prima del 1275; il padre si risposò con Lapa Cialuffi. Nel 1277 venne stipulato un contratto di matrimonio tra Dante e Gemma Donati, matrimonio che avvenne nel 1285, quando il padre di Dante era morto.

Fin da piccolo Dante preferiva la letteratura classica e romanza. Non ebbe un curriculum scolastico fisso, ma furono importanti per lui la figura di Brunetto Latini e di Guido Cavalcanti.

Beatrice esistette realmente: Bice, figlia di Folco Portinari, sposa di Simone de' Bardi, morta nel 1290. Dante la conobbe nei gruppi giovanili di Firenze. È l'amore per Beatrice che dà senso alla vita di Dante, ed a lei che Dante dedica la singolare operetta della Vita Nova.

Fece molti viaggi, frequentò le <<scuole de li religiosi>> e le <<disputazioni de li filosofanti>>.

Fece un paio di battaglie tra cui quella contro Arezzo (11 giugno 1289) e contro Pisa (16 agosto 1289). Fino al 6 luglio 1295 non poté partecipare alla vita politica, ma grazie ai "Temperamenti" entrò a far parte della corporazione dei medici e degli speziali.

Dal novembre 1295 all'aprile 1296 fece parte del Consiglio dei Trentasei, dal maggio al dicembre 1296 del Consiglio dei Cento. In quegli anni la fazione guelfa si divise in Bianchi (autonomia di Firenze) e Neri (appoggio papale). Dante fece parte dei Bianchi, pur essendo moderato. Divenne priore per il bimestre 15 giugno-15 agosto 1300 e condannò all'esilio i membri più intransigenti delle due fazioni.

Vengono fatte pressioni affinché i braccio armato del Papato, ovvero gli Angioini vadano in aiuto dei Neri. Probabilmente Dante fu un ambasciatore presso il papa. E non era a Firenze quando il 1° novembre 1301 le forze Angioine entrarono a Firenze, dietro a Carlo de Valois. E ancora non era a Firenze quando il 27 gennaio 1302 fu condannato all'esclusione da ogni carica politica. Non avendo pagato l'ammenda fu condannato a morte il 10 marzo 1302.

L'esilio durò per tutta la vita e fu costretto a vagare per le corti nell'Italia settentrionale con pochi libri e facendo tesoro del suo sapere ed eleggendo la poesia e la letteratura come suo unico scopo di vita.

Lasciata Firenze Dante restò unito ai Bianchi che insieme a lui erano stati esiliati, ma quando poi quei Bianchi decisero che per ottenere ciò che volevano bisognava usare la forza Dante decise di lasciare tutto e di non far parte di alcun partito (battaglia di Lastra 20 luglio 1304).

Fino al 1306 visse dai Malaspina, e questo si sa grazie a una missione fece per conto di questa famiglia. Sono questi gli anni del De vulgari eloquentia e dell'Inferno.

Quando nel 1308 sale al trono Arrigo VII Dante si trovava preso il conte Guido di Battifolle. Quando Arrigo VII discese in Italia nel 1310, Dante vide realizzarsi i suoi sogni di un unico impero. Purtroppo i fiorentini non volevano che Arrigo VII arrivasse a Firenze, così non fecero atto di obbedienza all'imperatore come aveva chiesto loro Dante. Dante vide i suoi sogni frantumarsi il 24 agosto 1313 quando Arrigo VII morì a Buonconvento.

Nel 1312 (cioè finito il Purgatorio) Dante si recò a Verona presso Cangrande della Scala, e vi rimase fino al 1318. durante questo periodo scrisse il Paradiso e la Monarchia. Nel 1315 il comune di Firenze promulgò un'amnistia per gli esuli, ma se Dante voleva tornare in patria avrebbe dovuto pagare un'ammenda e fare atto di sottomissione. Ovviamente Dante non lo fece e il 15 ottobre 1315 venne ricondannato a morte insieme ai suoi figli.

Nel 1318 si recò a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta e lì ebbe per la prima volta da esule dei veri allievi, tra cui il figlio Iacopo. Presso Guido Novello terminò il Paradiso, ma non sopravvisse molto alla sua opera, infatti il 14 settembre 1321 Dante morì di febbre e venne tumulato a Ravenna.

L'ESALTAZIONE DI BEATRICE E LA VITA NOVA

Dante con la Vita nova esalta Beatrice e dà originalità allo stile stilnovista. Esalta la donna, e specialmente Beatrice, definendola fonte di salute, grazie e umiltà. Beatrice diventa bellezza e salvezza, riscatto di tutto ciò che c'è di negativo. Per questo Dante si rifà a Guinizzelli, pur rimanendo un po' fedele a Cavalcanti.

La Vita nova e fatta a prosametro, cioè a testi poetici si alternano testi in prosa che spiegano e legano le poesie tra loro. Fu scritta tra il 1292 e il 1293.

La Vita nova è una biografia esemplare, dove Dante inserisce simboli e canoni universali. Egli cerca nella scrittura un modo per consolarsi.

Subito dopo la morte di Beatrice Dante cerca di consolarsi con la filosofia e la teologia, ma capisce che è destinato a qualcosa di grande. Nella Vita nova l'innovazione della scrittura che sembra di getto nella prosa è innovatrice, insieme al rinnovo stilistico linguistico e sintattico.

L'operetta è costituita da 42 capitoli. In principio narra del primo incontro con Beatrice avvenuto a 9 anni, come se fossero predestinati. Il secondo incontro avviene a 18 anni e Dante riceve il suo saluto. Per non far capire che è Beatrice la sua amata, Dante corteggia altre donne, solo che Beatrice ne rimane offesa e per questo quando lui le spiega i suoi desideri lei si beffa di lui insieme ad altre donne.

Dante però capisce che la sua poesia non può fermarsi all'essere amante di Beatrice, per questo inizia la loda, attraverso le sue poesie lui loda Beatrice. Ma non si ferma a una lode esteriore, fa poesie anche sul pianto di Beatrice quando le muore il padre.

Purtroppo dopo qualche tempo Beatrice muore, anche se il fatto non viene narrato direttamente, dante spiega di un suo smarrimento e di come la filosofia lo può risollevare. Ma è a questo punto che Dante capisce che lui deve esaltare Beatrice e levare il suo spirito fino al cielo per contemplarla.

La vita nova rimane incompiuta, perché Dante non vuole più parlare di Beatrice finché non potrà parlarne degnamente. Ed è qui che nasce la Commedia, dove Beatrice diventa figura salvifica.

La Vita nova rappresenta la scoperta delle possibilità di fare di una fragile creatura terrena il centro di un'esperienza intellettuale assoluta.

CONVIVIO

Commento in prosa di canzoni dottrinali.

All'inizio doveva essere un'opera in 15 trattati, il primo come introduzione. Gli altri avrebbero dovuto spiegare altrettante canzoni. Ne furono scritti solo 3 più quello d'introduzione tra il 1303 e il 1304.

Il Convivio è meno liricheggiante della Vita Nova, è più espositivo e argomentativi, rifacendosi al periodo filosofico di Dante.

I trattati si rifanno a tutte le argomentazioni care a Dante, quali la politica, l'etica, ecc.

Con il Convivio Dante vuole scrivere un'enciclopedia, che è l'idea dell'ordine del sapere per l'uomo. I destinatari non sono più un gruppo privilegiato come quello per la Vita Nova, bensì tutti coloro che vogliono istruirsi.

La prosa filosofica di Dante si rifà ai classici latini e alla filosofia scolastica, in questo modo sembra che la prosa cammini verso la verità.

I° TRATTATO

Titolo: questa opera sarà un banchetto al quale chiunque voglia istruirsi potrà magiare della conoscenza (vivanda) accompagnata dalla spiegazione (pane).

Dante fa dei riferimenti autobiografici per difendersi da coloro che lo avevano condannato al'esilio. Dante spiega anche di avere usato il volgare perché così più gente poteva istruirsi, e poi perché amava il suo linguaggio.

II° TRATTATO

Canzone: Voi che'ntendendo il terzo ciel movete.

Contenuto: Dante spiega che oltre al significato letterario della lingua c'è anche quello allegorico, anagogico e morale. Vuole far capire che oltre all'esteriorità del testo c'è qualcosa di importante sotto. Poi spiega del sistema dei cieli e dell'intelligenza angelica.

III° TRATTATO

Canzone: Amor che nella mente mi ragiona.

Contenuto: è una lode alla donna gentile come allegoria della filosofia. In sostanza spiega l'amore nelle sue gradazioni. Viene poi riposta una particolare attenzione ai limiti e al desiderio umano.

IV° TRATTATO

Canzone: Le dolci rime d'amor ch'i' solìa.

Contenuto: dottrinale. Analizza il concetto di autorità imperiale.

Il Convivio rimase incompleto poiché Dante pensò che la poesia potesse davvero celebrare il sapere dell'uomo (la Commedia).

MONARCHIA

Con questo trattato in latino Dante vuole esprimere le sue idee politico-giuridiche. Dante credeva che alla base di tutte le lotte politiche ci fosse il problema del potere temporale che deteneva la Chiesa. Dante credeva che l'impero fosse l'unico tipo di governo possibile. Per questo lui aveva combattuto a Firenze, per far sì che Firenze rimanesse libera e indipendente dal potere della Chiesa. Il discorso parte dai punti generali per poi particoleggiare con sillogismi aristotelici. La filosofia aristotelica è usata in tutto il trattato ma in modo diverso da Tommaso d'Aquino. Con la Monarchia Dante vuole rifarsi alle Sacre Scritture e alla civiltà di Roma classica.

Ci sono due differenti punti di vista: quello laico e quello religioso. La discordanza si ha anche per la difficile datazione dell'opera (1308: fine del Convivio;1311/13: discesa di Arrigo VII; 1318: durante la composizione del Paradiso).

1° LIBRO: necessità di una monarchia universale. Per poter usare tutte le capacità del nostro intelletto dobbiamo vivere in una società pacificata da un unico sovrano.

2° LIBRO:  spiega come Dio voglia che il mondo sia politicamente unito sotto un unico monarca. Dio ha fatto nascere Cristo sotto l'impero umano che allora era universale. Abbondano qui citazioni prese da Virgilio, il poeta profeta.

3° LIBRO: affronta il problema del rapporto tra Papato e Impero. Il Papato e l'Impero sono i due soli dell'umanità, il primo deve portare alla vita eterna e il secondo alla felicità del tempo, cioè deve fare in modo che le persone vivano felici.

LE TREDICI EPISTOLAE

Sono lettere che Dante scrisse per iniziativa personale o per conto di nobili che lo ospitarono. Sono a carattere politico e rendono giustizia alla bravura di Dante e al suo carattere deciso.

L'Epistola V dice di trascurare gli interessi privati e di riconoscere l'autorità imperiale.

L'Epistola VI è rivolta ai Fiorentini. (31 marzo 1311)

L'Epistola VII esorta Arrigo VII a non perdere tempo e a venire in Italia. (17 aprile 1311)

L'Epistola XI è per i cardinali chiuse nel Concalve per eleggere un nuovo papa dopo Clemente V, li invita ad eleggere un papa italiano che riporti la sede pontificia a Roma. (1314)

L'Epistola XII è per Cangrande della Scala (1316-1320). L'inizio esalta la benignità di Cangrande, dopodichè spiega un po' il Paradiso, e queste righe sono le uniche che spiegano alcuni versi del Paradiso, gli unici spiegati da Dante. Dante spiega che c'è un significato letterale e un significato allegorico nella Divina Commedia. Il senso letterale è la morte in generale, il senso allegorico è che un uomo con il libero arbitrio si procura o meno la benevolenza divina.

Dopodichè Dante spiega perché ha intitolato così la Commedia: se la tragedia inizia bene e finisce male, la commedia per contro inizia male ma finisce bene. Il fine della Commedia è di condurre gli uomini da uno stato misero ad uno stato felice.

LA DIVINA COMMEDIA

Datazione, pubblicazione e diffusione.

Probabilmente è stata iniziata nel 1304-5 o 1306-7, quando lasciò l'idea del Convivio e del De vulgari eloquentia. Siccome i fatti declamati nell'Inferno non vanno oltre il 1309 questa prima cantica deve essere stata compiuta entro il 1309. I primi manoscritti si hanno intorno al 1313-14, da quel che ci è detto da Francesco Neri da Barberino. A sua volta il Purgatorio non contiene allusioni che vanno oltre il 1313 e venne reso pubblico tra il 1315 e il 1316. Al contrario il Paradiso, iniziato nel 1516 fu finito negli ultimi anni di vita del poeta, ma i canti furono pubblicati man mano che venivano scritti.

Non si hanno autografi danteschi. Il poema suscitò interesse in tutte le classi sociali. Le trascrizioni più antiche giunte fino a noi sono quelle dei Memoriali bolognesi (1317-1319).

Appena morto il poeta cominciarono ad apparire i commenti al poema o a parti di esso. Poi oltre ai 750 manoscritti catalogati, si diffuse anche oralmente. Ovviamente la mancanza di copie autografe rende difficile il lavoro dei filologi, ma G. Petrocchi si fonda sui testi scritti prima di Boccaccio.

Titolo e scrittura.

L'aggettivo Divina fu usato per la prima volta da Boccaccio. In principio era solo Comedìa, e la causa è spiegata nell'epistola a Cangrande, anche se non è del tutto illuminante. Probabilmente si intitola Commedia per la varietà di ciò che viene trattato e per il modo semplice in cui vengono spiegate le cose. Con Dante il termine commedia assume il significato di mondo ricco e vario.

In questo poema viene usata la credenza medievale delle visioni dell'aldilà e dei viaggi allegorici e morali come spiegazioni. Il poema parla del viaggio compiuto dal poeta stesso che comincia l'8 aprile 1300, cioè la notte del Venerdì Santo e dura una settimana. Il poeta visita tre regni: l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. In questo modo Dante può comprendere la struttura dell'universo e ciò che accade alle anime dopo la morte. A condurlo per i regni dell'Inferno e del Purgatorio sarà Virgilio, per il Paradiso Dante sarà guidato da Beatrice.

Tutta la struttura è legata al numero tre: ci sono tre regni, per ciascuno 33 canti, tranne l'inferno che ne ha uno in più come introduzione a tutto il poema, ma in tutto sono 100, che è un numero perfetto; le strofe sono costituite da tre versi endecasillabi con rime incatenate, le rime si ripetono tre volte.

L'interpretazione: visione, allegoria, figura.

Il viaggio per Dante era per riscattarsi, per ritrovare la fede. Nel senso letterale il poema trasmette verità dottrinali. In senso allegorico vuole spiegare la storia umana e cristiana. L'allegoria è presente in alcune raffigurazioni. Virgilio rappresenta la ragione umana, la filosofia, Beatrice invece la teologia. Ma anche queste due immagini allegoriche sono persone, capaci di comportamenti umani. Nell'oltretomba la natura umana raggiunge il suo compimento e si lega in modo definitovo alla volontà di Dio.


LA PRIMA ATTIVITA' POETICA

Guido, i'vorrei che tu e Lapo ed io

Sonetto dedicato a Guido Cavalcanti. In questo sonetto Dante si rifà al plazer provenzale. Il plazer è il viaggio fantastico che fa il protagonista con la sua amata e i suoi amici. Come al solito il viaggio è fantastico, anche se qui Dante indica che userà un vascello. Il viaggio porterà nel locus amoenus, cioè il luogo colmo di ogni naturale delizia, dove Dante e i suoi amici potranno parlare d'amore.

Dante quindi unifica all'amore cortese della lirica provenzale, anche l'amicizia poetica e il desiderio di avventura. C'è quindi un desiderio di evasione.

Deh, Violetta, che in ombra d'Amore

È una ballata. Sebbene priva della tensione linguistica di altri celebri componimenti danteschi, la ballata mette in mostra il solito repertorio: il ferimento da parte di Amore, la morte del desiderio ecc. utilizzando anche una serie di citazioni bibliche. Dante nel finale spiega di non tardare a consegnare il proprio cuore al poeta, che la tardanza per lui è causa di disdetta e di pena. Violetta è facilmente un personaggio dell'immaginario giovanile di Dante.

LA VITA NOVA

Tanto gentile e tanto onesta pare

È l'esempio lampante dello stilo de la loda. Esso semplifica moltissimo il linguaggio; infatti le rime sono molto facili. Al contrario avviene nel resto delle composizioni dantesche. Dante scrisse in modo così sublime per descrivere Beatrice trasfigurata, della quale è ormai evidente la natura umana e divina. Non è una descrizione oggettiva di Beatrice, bensì soggettiva, quella di Dante.

Oltre la spera che più larga gira

È l'ultimo sonetto della Vita nova, e parla del viaggio del desiderio di Dante, che parte dal suo cuore come un sospiro e arriva oltre il Primo cristallino, oltre il quale c'è l'Empireo. Ovviamente il desiderio quando torna porta solo un debole ricordo, ma una cosa è sicura la presenza di Beatrice e del suo nome.

Alla fine del sonetto c'è la parte in prosa e dice:spiega che dopo questa composizione gli venne una visione e capì di non poter più parlare di Beatrice finché non ne avrebbe potuto parlare in altro contesto (Paradiso). Spera di vivere abbastanza tempo da poterla descrivere come nessuno ha mai descritto una donna. E spera che la sua anima un giorno possa contemplarla.

MONARCHIA

La conclusione dell'opera

In questo passo si può individuare l'alta retorica di Dante, il culmine della sua argomentazione: la figura del Principe universale assurge ad assoluto ideale di equilibrio razionale e altezza civile. Cioè il Principe riceve ordini da Dio.

Ma poi Dante modera il tono, e dice che l'imperatore deve comunque al pontefice la stessa reverenza che un figlio primogenito deve al padre. si parla dei due Soli, cioè di come l'unificazione di tutto il mondo sotto un unico imperatore favorisca così la religione cattolica.

LE TREDICI <<EPISTOLAE>>

Epistola XIII (a Cangrande della Scala)

È una delle tre epistole che Dante scrisse per descrivere le sue opere. Questa serve a spiegare il Paradiso. Il paragrafi centrali parlano del titolo, della Comedìa e della forma. Dante decide di introdurre in tutto con il salmo 113 dell'A.T.

Riprende inoltre la discussione sulla lingua. Dante si accinge a spiegare le differenze tra le allegorie teologiche e quelle profane. Questa è una contraddizione per Dante, e alcuni presumono che l'epistola non sia di Dante. In ogni caso va visto il fatto che l'epistola riporta il poema agli schemi consueti, senza mettere in luce il genio dantesco.


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