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Per la scrittura de "I Promessi Sposi" Manzoni inizia un lungo itinerario di lavoro che passa attraverso:
la prima stesura (1821-23) del "Fermo e Lucia" (il titolo è convenzionalmente ripreso da un appunto sul manoscritto);
la seconda stesura (1823-27) pubblicata con il titolo di "I Sposi Promessi" nel 1827;
la revisione e stesura definitiva de "I Promessi Sposi", compiuta fra il 1827 e il 1840.
Le differenze più notevoli sono tra la prima e la seconda stesura: nella prima il testo presenta tratti romanzeschi e ha una struttura che procede per blocchi separati, una lingua che risente molto del francese e dei modelli letterari (sono presenti infatti francesismi e frasi in dialetto lombardo).
Nel 1824 inizia quindi il lavoro di revisione che si conclude nel 1827. Nell'edizione del '27 varia l'intreccio, che diviene più agile e mobile; varia la lingua, che approda la scelta del toscano; predomina sul romanzesco un tono realistico, che comporta l'evidenza del quotidiano (vero storico), ma anche un approfondimento psicologico nella rappresentazione dei personaggi. I personaggi modificano il loro nome (Fermo Spolino diventa Renzo Tramaglino, filatore di seta, come ricorda il cognome; Lucia Zarella si chiama Lucia Mondella; fra Galdino, il cappuccino che protegge i fidanzati, assume il nome di padre Cristoforo; il Conte del Sagrato riceve la misteriosa denominazione dell'innominato, Marianna De Leyva diventa l'anonima monaca di Monza). Solo don Rodrigo rimane immutato, anzi, risulta peggiore. Sembra che Manzoni voglia davvero fare di lui l'incarnazione del male di tutto un secolo. Nel Fermo e Lucia, infatti, egli è scosso da una vera passione per la ragazza e vive una tremenda crisi di gelosia nei confronti di Fermo. La sua persecuzione, in fondo, nasce da un sentimento che potrebbe, se non giustificarla, renderla umanamente comprensibile. Nella redazione successiva, invece, gli ostacoli che frappone alle nozze nascono da una futile scommessa stipulata con il cugino Attilio, superficiale e prepotente come lui.
Gli anni compresi tra il 1827 e il 1840 sono dedicati a una attenta ricerca di un linguaggio vivo: la lingua è ancora rinnovata in direzione del fiorentino. L'autore è da tempo interessato alla questione della lingua, che in Italia è dibattuta sin dal XIII secolo. Infatti gli Italiani, divisi politicamente, si sentono uniti nella cultura e, nell'Ottocento, aspirano ad una lingua letteraria che sia nazionale.
Perciò il Manzoni, che vuole fare del suo romanzo un'opera italiana, e non lombarda, mobilita la famiglia, per trasferirsi a Firenze qualche tempo. Ha bisogno di imparare il toscano parlato dalle classi colte, per frequenti e determinanti correzioni al linguaggio della narrazione.
Nel 1840 esce così la versione definitiva intitolata "I Promessi Sposi".
Con quest'opera, mette in evidenza i suoi intenti: la verità storica e l'impegno per l'unità d'Italia. Egli, per fare ciò si riferisce al Seicento, quando il ducato di Milano viene conquistato dagli spagnoli ma, in realtà, intende riferirsi il 1800 e agli austriaci per suscitare lo spirito di ribellione negli italiani. Manzoni, inoltre, per poter raccontare in maniera realistica il '600, si documenta leggendo grida e altri romanzi storici.
Un altro argomento trattato dal Manzoni ne "I Promessi Sposi" è la religione. Egli infatti si occupa della figura della giustizia umana e della giustizia divina.
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