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Confronto tra il sonetto premiale del Canzoniere di Petrarca: "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono", e il sonetto del lirico manierista Luigi Groto: "Fortezza e senno Amor dona, non tolge"
Il sonetto di apertura del Canzoniere di Petrarca, contiene, nel primo verso, un' apostrofe al lettore, quindi il poeta si mette in relazione direttamente con lui. Nei versi successivi, non è casuale il riferimento al passato, in cui lui si riferisce al suo problema esistenziale: il non riuscire a trovare una conciliazione fra il suo amore per Laura e la sua fede per Dio. Nella seconda quartina del sonetto il poeta esprime la sua speranza che qualche lettore leggendo la sua poesia lo possa comprendere per aver provato la sua stessa sofferenza amorosa. Nella prima terzina il poeta dice di essere stato deriso da tutte le persone che lo conoscevano per la sua sofferenza amorosa, e che si vergognava di questo avendo capito che il suo è stato un grave errore. Il sonetto ci offre un resoconto dell'intera esperienza amorosa del poeta, presentata come un folle vaneggiare da cui è stato necessario liberarsi per divenire un uomo nuovo, libero dall'errore. Petrarca ammette che l'amore per Laura era una forma di allontanamento dalla retta via dell'amore divino e che, di conseguenza, era indispensabile cambiare completamente la propria prospettiva interiore, non lasciandosi ingannare dalle cose terrene e riconoscendo appieno la grandezza di Dio. Le due tematiche toccate dal sonetto sono quindi due: quella relativa alla richiesta di comprensione presso il pubblico del Canzoniere ed il ripiegamento pessimistico sul ricordo del giovanile errore. Vergogna e pentimento sono le note dominanti di un animo che guarda con occhio diverso all'età giovanile.
Il sonetto di Luigi Groto, a prima vista è un elogio all'Amore e a tutti i suoi benefici sull'uomo. Il poeta elenca una serie di affermazioni che argomentano la tesi che l'amore è positivo, seguite dalla confutazione. Ogni affermazione quindi si presenta sempre sottoforma di antitesi. La lettura del sonetto appare rapida e vorticosa e il tono imperativo conferisce una sorta di lezione, che il poeta impartisce al lettore. Questa imposizione a primo impatto mi è sembrata piuttosto antipatica, e il sonetto sicuramente troppo pesante nella sua struttura, in quanto la lettura risulta pesante e forzata, non continua e armonica. La poesia ci parla di un modo di amare che non conduce l'uomo all'abiezione morale. Ma se ora rileggiamo ogni verso, parola per parola, alla rovescia, mantenendo l'ordine di alcuni legami preposizione-sostantivo, troviamo che si capovolge anche il senso: e ora si parla dell'Amor Profano, quello che ci porterà all'inevitabile perdizione.
Tolge, non dona Amor senno e fortezza
chiama al mal, non al ben, noce non giova
Fama, costumi onor perde, non trova
Sciolge, non lega castità e bellezza.
Amore come nutrimento dell'animo o come illusorio sentimento terreno che porta alla perdizione? Entrambi i poeti hanno indagato su questo emblematico paradosso. Petrarca vive tutto in prima persona e racconta al lettore le sue sensazioni, dall'amore giovanile al pentimento in età matura che lo porterà ad avvicinarsi a Dio. Groto si basa sull'esperienza del poeta ricercando un modo più elaborato dal punto di vista formale per descrivere il concetto. La sostanziale differenza dei due poeti sta nel fatto che Petrarca denuncia l'amore terreno mentre Groto presenta uno spunto di riflessione tra l'elogio dell'amore e il suo contrario.
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