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Confronta i problemi dei due adolescenti protagonisti dei due libri letti




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Confronta i problemi dei due adolescenti protagonisti dei due libri letti



Pin e Antonia sono certamente due personaggi molto diversi, per sesso, collocazione storica e geografica, esperienze e, soprattutto, destino finale: questo è logico, essendo il primo il protagonista di un romanzo aperto alla speranza, l'altra di un testo intriso di pessimismo, nel quale si narra una storia simbolo delle atrocità che l'essere umano, in qualunque parte del mondo e in qualunque tempo, anche a venire, può commettere nei confronti di chi ritiene 'diverso'.

Credo però che ci siano almeno tre elementi che accomunano Pin e Antonia: l'infanzia negata, il rifiuto da parte della società che li circonda, la capacità e il bisogno di sognare.

Antonia perde i suoi diritti di bambina già alla nascita, Pin, poco dopo, nella primissima  età.

Crescono l'una in un orfanotrofio, l'altro per strada, lei viene educata solo alla sottomissione, l'altro alla furbizia, Antonia deve sfilare in processione per mantenere la Pia Casa che la ospita (e tutto il meccanismo delle indulgenze) Pin deve ingegnarsi a sopravvivere.

Sono ambedue il simbolo dell'impotenza e del dolore di chi, ancora bambino e per di più povero, non trova nessuno pronto ad accoglierlo, amandolo per quello che è, un bambino appunto. E alla sofferenza si aggiunge il marchio: Pin e Antonia vengono 'marchiati' per colpe non loro e, per questo marchio, emarginati dalla società che li circonda.

Per Antonia la tragedia è strettamente legata alla sua condizione di esposta: già alla nascita è definita 'un mostro', è considerata peccatrice in quanto frutto del peccato (e del peggiore, come dice don Teresio) le è proibito essere bella (e invece lo è) dovrebbe accontentarsi del minimo che la vita le può offrire (e invece si permette persino, lei, un' esposta, di rifiutare proposte di matrimonio!) dovrebbe, in sostanza, passare la vita ad espiare un peccato non suo.

Anche l'adozione e l'amore dei coniugi Nidasio non bastano a salvarla: non appena arriva a Zardino, è subito definita 'stria' e il suo destino è segnato: Antonia è la vittima predestinata (e forse per questo Vassalli non sente il bisogno di soffermarsi più di tanto sulla sua descrizione) e non finisce sul rogo per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto: non si è rassegnata a espiare un peccato non suo. 

Non rassegnandosi, non capisce il perché dell'ostilità che la circonda e reagisce come può, ignorandola ma, in certo qual modo, anche sfidandola (basti pensare al fatto che, pur rendendosi conto che il ballare coi Lanzi è un atto di pura follia, in realtà non le dispiace farlo) guadagnandosi, di conseguenza, ulteriore odio.

A disagio nella società che la circonda, Antonia trova rifugio nei sogni: sognare è tipico dei bambini e degli adolescenti, ma è anche uno strumento di difesa per chi si sente circondato dall'ostilità.

Antonia è giovane ed è facile per Gaspare sedurla coi suoi racconti di città e di luoghi sconosciuti e meravigliosi: durante la prigionia, nel tentativo di consolarsi e di evadere dalla realtà, la ragazza se li fa tornare alla mente. Davanti ai suoi occhi si presentano paesaggi stupendi (il mare, la grande Genova) che lei attraversa nelle sembianze di una principessa, come in una fiaba. E ha paura di svegliarsi, perché, pensa "se mi sveglio torno ad essere quella che tutti credono la strega, e che morirà bruciata entro pochi giorni!" Ma quei tutti, in una società dove l'essere umano è considerato semplicemente una "macchina da lavoro" (gli uomini debbono stare nei campi, le donne fare figli)  la credono strega anche per questa sua capacità di fantasticare e l'abbandonarsi ai sogni le porta sì un conforto momentaneo, ma è anche tra le cause della sua morte.

Pur essendo un personaggio certamente meno tragico, anche Pin attraversa momenti di grande infelicità, per il marchio che gli deriva dall'essere il fratello "della Nera di Carrugio Lungo' e per il fatto che, a differenza di Antonia, non conosce il conforto dell'amore dei genitori. Questi, infatti, non ci sono più: la madre è morta persino nei suoi ricordi, il padre lo ha abbandonato molto tempo prima e ha "un'altra famiglia di là dal mare". 

Questo stato di abbandono e di solitudine, questo desiderio mai appagato di affetto sono alla radice dei comportamenti provocatori e del linguaggio sboccato di Pin, che a causa di ciò viene mal sopportato dei suoi coetanei e dalle loro famiglie ("i ragazzi lo lasciano a parte, e a un certo punto cominciano a picchiarlo.e le madri richiamano i ragazzi.non devi andare con quel ragazzo così maleducato!.) ma sono anche gli unici strumenti che Pin, che "non sa giocare" ed è rifiutato da chi dovrebbe condividere con lui il mondo dell'infanzia, ha a disposizione per cercare rifugio in quello degli adulti.

Anche qui, però, non trova la comprensione che lo aiuti  "a smaltire la nebbia di solitudine che gli si condensa nel petto", ma il rifiuto: da una parte sente che i 'grandi' lo disprezzano proprio perché è piccolo, dall'altra si vede strumentalizzato (gli adulti si servono spesso di lui, per portare a termine i loro progetti o per sedare i momenti di tensione).

Pin, invece, è alla ricerca di qualcuno che lo accetti per quello che è e reagisce con l'odio, la sfiducia (".i grandi sono una razza ambigua e traditrice.") il desiderio di diventare il più forte e il più potente di tutti , per essere temuto dai grandi, ma anche per giocare con gli altri ragazzi, perché i sentimenti che nutre nei confronti degli adulti sono due: da una parte li ama, vorrebbe essere come loro, dall'altra li trova incomprensibili (come Antonia del resto, anche se per motivi diversi) e li odia, perché, come qualunque ragazzino abbandonato a sé stesso, li teme.

Egli, a differenza di Antonia, non ha un rifugio, non ha una casa dove sentirsi protetto dall'amore dei genitori: si rende conto di essere debole e dei pericoli che questo comporta. Trova forza (e quindi sicurezza) solo nel luogo magico e segreto nel quale fanno i nidi i ragni, ma, costretto a vivere ai margini della società degli adulti, si difende da questa  realtà sognando un mondo ideale, nel quale sarà accettato, rispettato e, soprattutto, potrà avere un amico, ".un vero amico, che capisca e che si possa capire, e allora, solo a quello, mostrerà il posto delle tane dei ragni".

A differenza di quanto accade ad Antonia, la capacità di sognare si trasforma nell'arma vincente di Pin, perché il sogno lo aiuta a non perdere mai la speranza in un futuro migliore (anche  se attraversa spesso momenti di confusione, dolore, odio e rabbia) a non arrendersi mai davanti alle difficoltà e questa tenacia gli verrà ripagata dalla società che sta per nascere e che, per Calvino, sarà migliore.

Le vite di Pin e Antonia sono quindi per certi aspetti simili, ma, per i motivi detti all'inizio, i loro destini sono molto diversi: alla fine del romanzo, infatti,  il primo va via tenuto per mano da Cugino (nella notte, certo, ma in una notte rischiarata dalle lucciole) la seconda, invece, come dice Vassalli "non fu più" e al suo posto rimane "il nulla".












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