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Comicità e Umorismo




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Comicità e Umorismo


La comicità scaturisce da un insieme di tecniche e di trucchi utilizzati dall'autore per suscitare il sorriso o l'ilarità. Le modalità del comico variano a seconda dei tempi o delle mode. La comicità è da sempre presente nelle manifestazioni artistiche dell'uomo, nell'antica Roma erano in voga i fescennini che erano insulti e battute scherzose che venivano scambiate in occasione di festività. Un altro esempio di comicità antica è l'atellana, una forma piuttosto primitiva di commedia, dove la trama si riduceva a un semplice canovaccio e i personaggi avevano caratteristiche stereotipate, ovvero aspetti del carattere che tipicamente si attribuiscono a un personaggio (ad esempio lo sciocco ha un'espressione stolida e si muove goffamente, l'avaro si guarda intorno guardingo timoroso di essere derubato). Per esempio nell'atellana i personaggi erano maschere fisse: Maccus era il servo sciocco, Dossenus era colui che tramava e tesseva inganni e aveva una gobba, Pappus è il vecchio scemo.

Sempre nel mondo latino, in età un po' più recente, troviamo le commedie di Plauto. Queste opere si basano soprattutto su alcuni espedienti che ancora oggi ritroviamo nelle commedie; ad esempio il contrasto tra i giovani e i vecchi (generalmente avviene che il vecchio padre ,che vorrebbe ricondurre sulla retta via il figlio scialacquatore, a sua volta venga circuito e indotto a sperperare denaro per una bella fanciulla, che, inevitabilmente, lo rifiuterà preferendogli il figlio stesso), l'inganno per sottrarre dei soldi (in genere un personaggio giovane aiutato da un servo scaltro inventa un modo per derubare un vecchio avaro), lo scambio di persone (spesso si tratta di due gemelli separati alla nascita fisicamente identici ma con caratteri ed esistenze completamente diverse), l'agnizione o riconoscimento (generalmente avviene che un giovane si innamori di una ragazza dalle origini sconosciute, il padre si oppone all'unione dei due, infine si scopre che la ragazza è di buona famiglia ma che è stata rapita in fasce; a volte si scopre essere la sorella dell'innamorato -vanno in frantumi le nozze- a volte è la figlia del miglior amico del padre)., il tradimento messo in atto da un coniuge nei confronti dell'altro.

Questi, naturalmente, sono solo alcune delle principali situazioni che scatenano l'umorismo e che da Plauto sono giunte fino a noi.

La comicità Platina si riflette nella tradizione italiana, in particolare il sistema del teatro con personaggi fissi, stereotipati e sempre uguali a se stessi viene riproposto nella cosiddetta commedia dell'arte. Le maschere tradizionali del carnevale italiano in realtà nascono proprio come personaggi di questo genere teatrale tradizionale. Ad esempio pantalone corrisponde al vecchio avaro della commedia plautina, Arlecchino è il servitore che di volta in volta si rivela astuto oppure finisce col essere bastonato, Rosaura è la fanciulla di buona famiglia che al termine della commedia in genere convola a nozze, Colombina è la servetta innamorata e civettuola.

Nella commedia dell'arte non esistono copioni interamente scritti, soltanto canovacci sulla base dei quali gli attori improvvisano. La necessità di guadagnare abbastanza da mantenersi sera dopo sera e quindi di strappare la risata ad un pubblico spesso poco colto, quale poteva essere quello delle fiere di paese, finisce con impoverire il teatro dell'arte, riducendolo ad una serie di trovate piuttosto banali e grossolane come la battuta volgare, la bastonata ricevuta da un personaggio o altri espedienti di questo tipo.

La vera svolta della comicità nel teatro italiano e poi francese ed europeo è rappresentata da Carlo Goldoni. Siamo nel '700 nell'età dell'Illuminismo, Goldoni è un autore veneziano decisamente geniale che imposta la cosiddetta riforma goldoniana del teatro. Nel suo diario scritto negli anni del suo soggiorno in Francia, i Memoires, nel suo diario l'autore sostiene di aver scritto per il tetro ispirandosi a due grandi maestri: da una parte il teatro comico che lo aveva preceduto, dall'altro il mondo reale, l'osservazione della realtà. Infatti nelle sue commedie troviamo ancora personaggi delle commedie dell'arte, ma questi personaggi perdono le caratteristiche stereotipate e assumono le caratteristiche di un personaggio a tutto tondo, quindi molto vicino alla realtà umana. Goldoni abolisce l'uso della maschera sul volto, che caratterizzava il personaggio in maniera statica, e fa si che gli attori comincino ad utilizzare la mimica facciale, in modo tale che venga esplorata tutta la vasta gamma dei sentimenti e delle emozioni. Anche il canovaccio lascia il posto ad un copione, in cui le parti dei personaggi e gran parte dei movimenti sulla scena sono previsti in anticipo. In questo modo viene abolita la ripetitività dell'improvvisazione dell'attore e ad essa si sostituisce la riflessione crea6tiva dell'autore che cerca di dare una fisionomia diversa ad ogni opera.

La riforma goldoniana incontro notevoli difficoltà perché il pubblico dell'epoca non era abituato a questo tipo di recitazione, e anche gli impresari teatrali erano diffidenti. 




Tito Maccio Plauto (Sarsina240 a.C. circa - 184 a.C.) è stato un drammaturgo latino.

Il suo nome non è certo, infatti in alcune sue commedie si firma come Plautus in altre Maccus. Probabilmente sono tutti e due soprannomi usati dall'autore in momenti diversi della sua carriera, il primo deriva o da Piedi piatti o dai cani plautini, mentre il secondo deriva da un personaggio dell'Atellana, Maccus appunto, il che fa ritenere che Plauto fosse stato anche attore di atellane e che quest'ultime abbiano notevolmente influenzato la sua attività teatrale.

Inizia a rappresentare le sue commedie durante gli anni della seconda guerra punica.

Dopo la sua morte circolarono moltissime commedie intestate a lui (130) di cui buona parte si rivelarono in seguito dei falsi. Marco Terenzio Varrone, 150 anni dopo la sua morte, le analizzò e le classificò in tre gruppi:

21 certamente plautine

19 di attribuzione incerta

90 spurie.

Solo di due commedie sono certe le date di composizione: lo Stichus (200 a.C.) e lo Pseudolus (191 a.C.).


Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio , da una famiglia borghese, trovatasi in difficoltà finanziarie in seguito agli sperperi del nonno paterno. Aveva cinque anni quando il padre si trasferì a Roma, lasciandolo con la madre. Intrapresa la carriera di medico, il padre lo chiamò presso di sé, a Perugia.

Si trasferì a Rimini, per studiare filosofia, ma abbandonò lo studio, sia per nostalgia della madre, sia per seguire una compagnia di comici di Chioggia.

Ebbe così inizio un periodo piuttosto avventuroso della sua vita, seguendo prima il padre nel Friuli, poi riprendendo gli studi a Modena ed elaborò le prime opere comiche, ancora in forma dilettantesca (Feltre, Il buon padre e La cantatrice). La passione per il teatro caratterizzò la sua inquieta esistenza. Con l'improvvisa morte del padre ( ), si dovette prendere carico della famiglia; tornato a Venezia, completò gli studi a Pavia nel modesto convitto Ghisleri ed intraprese la carriera forense.


La casa veneziana di Goldoni ora museo

Nel 1734, incontrò a Verona il capocomico Giuseppe Imer e con lui tornò a Venezia dopo aver ottenuto l'incarico di scrivere testi per il teatro San Samuele, di proprietà Grimani. Seguendo a Genova la compagnia Imer, conobbe e sposò Nicoletta Conio. Con lei Goldoni tornò a Venezia.

Nel 1738, Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia il Momolo cortesan, con la parte del protagonista interamente scritta. A Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia interamente scritta, La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti.

Continuò a lavorare nel teatro durante la guerra di successione austriaca curando gli spettacoli di Rimini occupata dagli Austriaci; poi soggiornò in Toscana.

Goldoni non aveva abbandonato i contatti con il mondo teatrale: fu convinto dal capocomico Girolamo Medebac a sottoscrivere un contratto come scrittore per la propria compagnia che recitava a Venezia al teatro Sant'Angelo; nel 1748 tornò a Venezia.

Tra il 1748 e il 1753 Goldoni scrive per la compagnia Medebac una serie di commedie, in cui, distaccandosi dai modelli della commedia dell'arte, realizza i principi di una 'riforma' del teatro. A questo periodo appartengono L'uomo prudente, La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La famiglia dell'antiquario: qui emergono le polemiche sulla novità del teatro goldoniano e la rivalità con l'abate Pietro Chiari, che lavora per il teatro San Samuele. Realizza inoltre sedici commedie, tra cui Il teatro comico, La bottega del caffè, Il bugiardo, La Pamela, tratta dal romanzo di Samuel Richardson, Il giocatore, La dama prudente, L'avventuriero onorato, I pettegolezzi delle donne. L'attività per il Medebac continuò poi con Il Molière, L'amante militare, Il feudatario, La serva amorosa, fino a La locandiera e a Le donne curiose.

Dopo aver rotto con il Medebac, Goldoni assume un nuovo impegno con il teatro San Luca, di proprietà Vendramin. Comincia quindi un periodo travagliato in cui Goldoni scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell'arte: fra le tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le commedie si possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il campiello. Goldoni era ormai una celebrità nazionale.

Tornato a Venezia, ebbe dei grandi risultati artistici con Gl'innamorati, commedia in lingua e in prosa, con I rusteghi, in dialetto e in prosa e con La casa nova e La buona madre. Nel 1761 Goldoni fu invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie Italienne, al quale accettò.

Vitale fu l'ultima stagione per il San Luca, prima della partenza, ove produsse La Trilogia della villeggiatura, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.

Giunto a Parigi nel 1762, Goldoni aderì subito alla politesse francese, dovendo anche affrontare varie difficoltà a causa dello scarso spazio concesso alla Comédie Italienne e per le richieste del pubblico francese, che identificava il teatro italiano con quella commedia dell'arte da cui Goldoni si era tanto allontanato.

Goldoni riprese una battaglia di riforma: la sua produzione presentava testi destinati alle scene parigine e a quelle veneziane; si possono ricordare le due commedie in francese che vogliono confrontarsi con Molière e con la tradizione comica francese, Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux.

Goldoni insegnò l'italiano alla famiglia reale a Versailles e nel 1769 ebbe una pensione di corte. Tra il 1784 e l'87 scrisse in francese la sua autobiografia, Mémoires. La rivoluzione francese sconvolse la sua vita e, con la soppressione delle pensioni di corte, morì in miseria il 6 o il 7 febbraio 1793. Le sue ossa sono andate disperse.

[modifica] L'opera

I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l'autore si rivolgeva, con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a quello che frequentava i teatri.

Le commedie goldoniane furono raccolte per la prima volta dall'editore veneziano Bettinelli tra il 1750 e il 1755. Un'ulteriore edizione uscì presso l'editore fiorentino Paperini, poi presso l'editore fiorentino Pitteri e nel 1761 presso l'editore Pasquali.

Un'edizione definitiva e completa delle Opere teatrali uscì presso l'editore veneziano Zatta tra il 1788 e il 1795.

L'opera di Goldoni è piena di contraddizioni. L'intera opera goldoniana si offre come un'ininterrotta serie di situazioni, si svolge attraverso un 'quotidiano parlare'. Il linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto nei loro incontri e si mostra indifferente alle tradizionali prospettive letterarie e formali.

Passando continuamente dalla lingua al dialetto e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, misto al dialetto e ad elementi settentrionali, lungi dalla purezza della tradizione classicistica toscana, è quello del mondo borghese. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano.

Il francese usato da Goldoni negli ultimi anni, in particolare nei Mémoires, presenta un interesse notevole.


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