BOCCACCIO
Un tenace studio degli antichi è attestato da un componimento poetico,
Bucolicum carmen, dove si raffigurano, al modo delle Bucoliche virgiliane,
eventi contemporanei. Recano traccia di un tentativo di sistemazione storica,
date le innumerevoli fonti usate, il De casibus illustrium virorum in 9 libri,
in cui le ombre dei grandi infelici, da Adamo al cacciato Duca d'Atene e a
Petrarca, in sogno narrano a B. le proprie sventure, e il De claris mulieribus,
dedicato ad Andreina, contessa d'Altavilla, sorella del gran siniscalco
Acciaioli, con biografie di illustri dame, dall'antichità a Giovanna regina di
Napoli. Quest'ultima opera appare come un complemento al De viris illustribus
di Petrarca e ha pagine brillanti e sagaci che vanno collegate con quelle più
tipiche delle opere in volgare per un fresco abbandono alla vita, alla grazia
delle donne e perfino alla loro inimitabile malizia. Meramente erudito ma denso
di riferimenti a tutta l'antichità è il De montibus con un lungo titolo dove
si citano selve, laghi e altri luoghi naturali in una fitta nomenclatura.
PETRARCA
fu attratto dalla lettura dei classici latini, specialmente Cicerone e
Virgilio, e questo spiega perché non conseguì alcun titolo accademico. La
permanenza a Bologna, dove l'aveva accompagnato il carissimo fratello Gherardo,
gli servì per conoscere a fondo la poesia in volgare, specialmente la lirica
del "dolce stil nuovo". Non seppe mai bene il greco, che studiò soltanto molto
più tardi, ma, come tutti gli uomini colti del tempo, P. fu padrone del latino
e vide nell'antichità classica un modello insuperato di vita al quale fare
riferimento per ricostruire una vera cultura. Cicerone, Virgilio e Seneca
furono i suoi maestri ideali e molti furono i testi classici che P. riportò
amorosamente alla luce. In realtà egli unisce in sé due distinte qualità: fu il
primo umanista italiano, legato quindi strettamente alla cultura del suo tempo,
a voler riannodare, oltre la parentesi del Medioevo, i legami col mondo
classico rivissuto con spirito cristiano; e fu poeta d'amore, il poeta del
tormentoso affanno dell'io nelle contraddizioni delle passioni, dei ricordi e
dei rimorsi: in questo, modernissimo e sempre attuale. Ma egli stesso, dei due
personaggi che incarnava, credeva più al primo che al secondo. La sua opera di
scoperta, divulgazione, esaltazione dei testi dell'antichità classica - mossa
dalla medesima venerazione che aveva spinto Dante a scegliere Virgilio come
maestro e guida nel suo viaggio poetico nei tre regni dell'oltretomba - è fondamentale
nella storia della cultura dell'Occidente. P. fu il più convinto assertore del
valore supremo, liberatorio, della poesia. In più precorse appunto l'Umanesimo
nel tentativo di affermare la continuità tra cultura greco-romana e
cristianesimo, considerando il messaggio cristiano il compimento dei valori
etici ed estetici trasmessici dalla classicità: Cicerone, Seneca, Virgilio e
Sant'Agostino sono oggetto per lui di un unico, inscindibile sentimento di
amore quasi filiale. In questo senso, l'impronta che P. ha dato a tutta la
cultura occidentale è di importanza grandissima e decisiva. Nel Quattrocento la
figura del P. umanista è considerata come fondamentale nella nuova cultura
europea ispirata all'umanesimo e al culto dell'antichità e si tien conto della
sua eccellenza di poeta volgare soprattutto a opera dei dialoghi Ad Petrum
Histrum di L. Bruni.