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La novella è inserita nella seconda giornata, riservata a "chi, da diverse cose infestato, sia oltre sua speranza riuscito a lieto fine".
Il protagonista, Andreuccio, giovane e ingenuo, si trova a Napoli con una borsa piena di cinquecento fiorini d'oro, con i quali avrebbe dovuto comperare un cavallo, visto il buon mercato che Napoli offriva a quel tempo. Ingenuamente mostra i suoi averi palesemente a chiunque passi, attirando l'attenzione di una bella e malintenzionata siciliana che, vista la ricchezza che possedeva quel giovane, decide di sottrargliela escogitando una beffa, funzionale quanto meschina.
La donna si spaccia per sua sorella, della quale lui ignorava l'esistenza, e fornendo una serie di fatti reali e credibili, riesce a persuadere il povero giovane che crede ad ogni parola, convincendolo con astuzia a fermarsi per la notte a casa sua. Andreuccio, convinto della veridicità delle affermazioni della ciciliana, accetta l'invito. La sera stessa, a casa della presunta sorella, Andreuccio compie il primo grande errore: abbandonare incustoditi i suoi denari. Spinto con l'inganno, entra in un luogo buio e inciampando in una tavola sconficcata dai travicelli, finisce nel vicoletto che fa da fondo alla latrina. Approfittando dell'occasione, la donna gli ruba la borsa che lui aveva incautamente lasciato in una stanza.
Il povero Andreuccio, trova una via di uscita dal mal chiassetto scavalcando un muro e, commiserandosi, dice: "oimè lasso, in come piccol tempo ho io perduti 500 fiorini e una sorella!". Trovandosi senza i suoi averi, bussa e grida alla porta svegliando un uomo che, affacciandosi, minaccia il giovane terrificato, che scappa. Urlando e lamentandosi per la disavventura, il protagonista attira l'attenzione dei vicini della siciliana, tra cui quella di due "briganti", ai quali Andreuccio spiega l'intera vicenda. I due, resisi conto dell'ingenuità di costui, decidono di sfruttarlo per i loro fini, convincendolo a prendere parte ad un furto. I due avevano infatti intenzione di profanare una tomba nella chiesta dov'era custodito il corpo di un ricco arcivescovo che si diceva essere stato seppellito con un tesoro, compreso un anello di valore superiore a tutti i fiorini che aveva perso Andreuccio.
Il giovane accetta di prendere parte all'operazione, per potersi rifare del furto subito, ma decide prima di lavarsi in un pozzo vicino, dove viene calato dai due ladri, che lo abbandonano nel momento in cui vedono arrivare dei gendarmi. I gendarmi tirano su il secchio ma appena si accorgono della presenza di Andreuccio scappano impauriti. Egli riesce comunque ad uscire dal pozzo.
Ritrovati i due ladri, si reca alla tomba in questione. Aperto l'uscio, i due costringono Andreuccio a entrare nella tomba che, previdentemente, prende subito l'anello e passa fuori dalla tomba tutto il resto tranne quello, immaginando che l'avrebbero chiuso dentro.
Infatti i ladri, vedendo avvicinarsi un gruppo di persone, fra le quali anche un sacerdote, richiudono la bara con Andreuccio dentro e scappano. Il prete, spavaldo, si introduce nel sepolcro, ma quando si sente afferrare per una gamba, lancia un grido di terrore, spicca un balzo e salta fuori. Tutti scappano terrorizzati, lasciando però la tomba aperta e quindi la possibilità al giovane di uscire.
Il protagonista, "lieto oltre a quello che sperava, subito si gittò fuori e per quella via onde era venuto se ne uscì dalla chiesa", soddisfatto di aver conquistato il tesoro beffando i ladri. Insomma, riesce così ad essere ripagato della truffa subita con uno stupendo anello di valore, ritrovandosi, con un po' di fortuna, più ricco di prima.
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