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Analisi de:
"I nostri antenati"
Il visconte dimezzato
Il barone rampante
Il cavaliere inesistente
"Raccolgo il questo volume tre storie che ho scritto nel decennio '50-60 e che hanno in comune il fatto di essere inverosimili e di svolgersi in epoche lontane e in paesi immaginari.". I nostri antenati è un titolo che non è stato scelto a caso, ma che racchiude un significato: l'aggettivo "nostri" allude al presente, al mondo contemporaneo, dove viviamo ora, noi, discendenti degli "antenati", che invece è un sostantivo che cerca un legame col presente, pur sempre riferendosi al passato. Dalle parole di Italo Calvino si capisce che i tre racconti hanno le stesse caratteristiche: spiegando meglio l'introduzione, i libri sono stati scritti nello stesso periodo, sono tutte e tre storie fantastiche e inverosimili, si svolgono in epoche lontane dalla nostra e fra di loro, e in paesi diversi e inventati. Oltre a quello che dice Calvino tutti i romanzi sono narrati da un personaggio interno alla storia che racconta i fatti; solo ne "Il cavaliere inesistente" la voce narrante si chiama esterna alle vicende, ma scopriremo alla fine la sua identità all'interno della storia.
La trilogia viene definita araldica; aggettivo che riassume la condizione dei protagonisti, che sono tutti nobili, con più o meno importanza in ambito sociale. Sempre riferendosi ai personaggi e al legame fra passato e presente espresso nel titolo, la loro caratteristica comune è quella di essere tre protagonisti allegorici, simboli della situazione dell'uomo moderno e del difficile rapporto fra uomo e società. Ciascuno di loro può anche essere visto come un antenato di un particolare aspetto dell'uomo moderno: "Il visconte dimezzato" rappresenta il conflitto fra bene e male, o meglio la lacerazione dell'uomo e allegoricamente dei due sentimenti basilari e opposti, che se separati non sono in grado di fare niente di buono in quanto, secondo Calvino, ogni forma di estremizzazione è dannosa; nel "Il barone rampante", che è il più verosimile dei romanzi, vista l'assenza di situazioni sovrannaturali, troviamo sta volta un protagonista intero e completo, dal punto di vista sia fisico che mentale, ma con dei limiti fisici, imposti dalla sua mente, riferendoci all'indole ribelle del barone, che decide, fin da bambino, di vivere sottomesso a delle regole che lui stesso si è dato, non per auto punirsi ma per poter osservare meglio la vita dell'uomo, che è un po' quello che fa Calvino, sotto l'aspetto di scrittore, che può tranquillamente identificarsi in Cosimo, non tanto per il suo carattere, quanto per la sua posizione nei confronti della società; l'ultimo dei personaggi, "Il cavaliere inesistente", è un cavaliere che c'è ma non esiste, che si comporta solo in base ai propri ideali di cavaliere perfetto e non è in grado di provare sentimenti umani; sembra più un automa che un uomo, ma è solo un esempio di un modo di essere, motivo per il quale si dissolve dopo essere rimasto ferito, proprio nei suoi ideali: sentimento non concessogli di provare, in quanto privo di personalità. Un'altra caratteristica dei personaggi è il loro modo di pensare, che coincide col modo di pensare dell'autore, e questo si nota da quello che dicono, o meglio, da quello che l'autore fa loro dire: Calvino fa infatti delle riflessioni sulla condizione dell'uomo contemporaneo, nelle quali c'è molto della situazione politica in Italia al suo tempo, trasferisce loro il suo modo di pensare, di persona colta che sa ragionare, trova risposte alle domande che si fa e tutto questo ce lo trasmette attraverso la voce dei personaggi, coinvolti nei vari eventi.
La trilogia è un'opera aperta: sono infatti tre racconti filosofici, con un messaggio nascosto sotto una forma divertente; sono scritti in chiave fantastica e divertente in modo da poter rispondere alle esigenze di un pubblico più ampio; possono essere semplicemente letti come una raccolta di storie inverosimili, oppure interpretati sotto un aspetto allegorico come stiamo facendo. Se leggiamo i tre testi, anche in ordine cronologico notiamo un altro aspetto, rispetto a quelli precedenti, che è quello del pessimismo di Calvino, e più precisamente, l'aumentare del pessimismo man mano che andiamo avanti nella lettura: "Il visconte dimezzato" si conclude infatti con la ricongiunzione delle parti, lasciando trasparire un certo ottimismo da parte dell'autore, col messaggio che se l'uomo moderno (che poi è riferito all'uomo ai tempi di Calvino, negli anni '50) vuole, è possibile che riesca a stabilire un equilibrio fra bene e male, anche se questo non sarà mai completamente possibile, a causa dell'incompletezza di ogni uomo, dovuta alla sua tendenza a completare solo una parte di se stesso, senza per forza "lacerare" la propria persona; già ne "Il barone rampante" si vede un cambio di pensiero in peggio, in quanto Cosimo, trova sì l'armonia con la natura, ma secondo l'autore, questo oggi non è più possibile; il pessimismo è invece totale ne "Il cavaliere inesistente" perché, il messaggio che vuole essere trasmesso, è che per l'uomo non è possibile allontanarsi dal suo essere, vista la conclusione del racconto, col dissolvimento di Agilulfo, in seguito a un sentimento che non avrebbe mai dovuto provare.
".Vorrei che potessero essere guardate come un albero genealogico degli antenati dell'uomo contemporaneo, in cui ogni volto cela qualche tratto delle persone che sono intorno, di voi, di me stesso."
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