Seneca: De Clementia
I, 1-2:
Nerone, ho deciso di scrivere sulla clemenza, affinché in un certo modo potessi
svolgere il compito dello specchio e potessi mostrare te a te stesso destinato
a giungere ominuim volutatem maximam. Benché infatti il vero frutto delle
azioni rette sia l'averle fatte, né benché non ci sia alcun premio delle virtù
degno all'infuori di esse stesse, è utile scrutare e percorrere intorno alla
propria buona coscienza, quindi mettere gli occhi in questa immensa folla discorde, ribelle, impotente, in
perniciem alienam suamque ugualmente pronta a balzare, se questo giogo
abbia spezzato e giova parlare così: Io dunque fra tutti i mortali sono stato
preferito e scelto per fare in terra la funzione degli dei? Io sono arbitro
della vita e della morte per le nazioni; è nelle mie mani quale condizione
debba avere ciascuno; quello che la fortuna vuole che sia dato a ciascuno dei
mortali, lo afferma attraverso la mia bocca. Da una nostra risposta i popoli e
le città traggono motivo di gioia; nessuna parte e da nessuna parte fiorisce se
non per mia volontà e concessione; tutte queste migliaia di spade che la mia
pace ora fa restare nel fodero ad un mio cenno saranno impugnate; quali popoli
siano da distruggere completamente, quali da trasportare altrove, a quali si
debba dare la libertà a quali togliere, quali re debbano diventare schiavi e a
quali teste si debba dare l'insegna regale, quali città debbano crollare, quali
sorgere, tutto questo dipende da me.