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INTRODUZIONE
Orazio Flacco, Quinto (Venosa 65 - Roma 8 a.C.), poeta lirico e satirico, tra i principali esponenti della letteratura latina di età augustea. Figlio di un esattore delle aste pubbliche e piccolo proprietario terriero di origine servile, fu educato a Roma e ad Atene, dove studiò la filosofia e la poesia greca all'Accademia. Poco dopo l'assassinio di Giulio Cesare nel 44 a.C., si unì a Marco Giunio Bruto, uno dei congiurati, che lo nominò tribuno militare, al comando di un'intera legione. La sconfitta dell'esercito repubblicano a Filippi nel 42 a.C., a opera delle forze congiunte di Marco Antonio e Ottaviano (il futuro imperatore Augusto), fu un duro colpo per Orazio, che si trovò esposto alla vendetta politica e privato dei beni di famiglia. Tuttavia, grazie all'amnistia concessa da Ottaviano, Orazio poté fare ritorno a Roma, impiegandosi come segretario di un questore (scriba quaestorius). In quegli anni cominciò a scrivere versi. Le sue poesie attrassero l'attenzione di Virgilio, che intorno al 38 a.C. lo presentò a Mecenate, amico di Ottaviano e patrono delle arti, il quale introdusse il giovane autore nei circoli letterari di Roma e provvide alla sua tranquillità economica concedendogli una proprietà in Sabina.
LE SATIRE E LE ODI
Orazio scrisse satire, epodi, odi ed epistole. Le Satire (il primo libro fu pubblicato nel 35 a.C.; il secondo nel 30 a.C.), che prendono spunto dall'opera di Lucilio, hanno forma di dialoghi in esametri e originano da un intento morale, quello di colpire, con ironia quasi sempre benevola, i più comuni vizi umani quali l'ambizione, l'avidità di ricchezza, la brama di ascesa sociale. Gli Epodi, diciassette componimenti pubblicati nel 30 a.C., adottano il modello retorico dell'invettiva, in particolare di quella classica greca che ha i suoi più celebri esponenti in Archiloco e Ipponatte: il bersaglio polemico sono in questo caso le ingiustizie sociali e le discordie politiche che, sfociate in sanguinose lotte intestine, avevano sconvolto la repubblica dalla morte di Cesare fino a tutto il decennio seguente. Nella sua opera principale, le Odi (tre libri pubblicati nel 23 a.C., il quarto successivamente), seguendo l'esempio dei maggiori lirici greci, Anacreonte, Alceo e Saffo, Orazio sceglie di cantare la pace, l'amore, l'amicizia, la convivialità, le gioie della vita semplice e i piaceri della campagna. La materia umana e morale è la stessa delle Satire, ma il tono è qui più elevato e meno confidenziale, mentre il pensiero costante della precarietà della vita conduce a valorizzare e dominare l'attimo che fugge (carpe diem, letteralmente 'cogli il giorno', espressione entrata poi nell'uso corrente, è l'esortazione che si legge nella seconda satira del libro primo), secondo i dettami filosofici di Epicuro.
LE EPISTOLE
Intorno al 20 a.C. Orazio pubblicò il primo libro delle Epistole, lettere personali in esametri, contenenti osservazioni sulla società, la letteratura e la filosofia. Convinto che la vera saggezza si identificasse con l''aurea mediocrità', Orazio consigliava la moderazione anche nel perseguimento della virtù. Dal tono intimo e riflessivo delle lettere, si direbbe che il poeta stesse compiendo una verifica dei principi che fino ad allora avevano regolato la sua vita: non intendeva più sentenziare o accusare, ma imparare a trovare la via della felicità. Alla morte di Virgilio, nel 19 a.C., Orazio gli succedette nella fama di maggior poeta dell'epoca. Due anni dopo, su incarico di Augusto, compose il carme per i ludi saeculares indetti per celebrare l'inizio del nuovo saeculum, cioè la nuova età aurea del mondo preannunciata dagli oracoli. Tra il 17 e il 13 a.C. scrisse il quarto libro delle Odi, forse il secondo delle Epistole e infine l'Ars Poetica (o Epistola ai Pisoni), manuale in versi sullo stile, sui caratteri e gli scopi della poesia.
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