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Cicerone trattò di retorica (=scienza e tecnica della persuasione) in diverse opere tra cui le più importanti sono il De oratore, il Brutus e l'Orator.
DE ORATORE: in 3 libri, fu scritto nel 55 a.C. E' un dialogo di tipo platonico-aristotelico, cioè un'opera in cui l'autore affida la trattazione degli argomenti a diversi interlocutori, inseriti in una cornice finta, ma comunque in un contesto storico. I protagonisti sono Lucio Licino Crasso e Marco Antonio, che erano stati dei grandi oratori e avevano guidato il giovane Cicerone quando ancora frequentava il Foro, per questo Cicerone li ammirava molto.
Egli immagina che la scena si svolga nella villa di Crasso a Muscolo, nel 91 a.C., pochi giorni prima dell'improvvisa morte di Crasso, che Cicerone rievoca con commozione.
I libro: Crasso espone e sviluppa le tesi di fondo dell'opera:
<<nessuno potrà essere riconosciuto un oratore perfetto se non avrà acquisito una conoscenza approfondita di tutti gli argomenti più importanti e di tutte le discipline>>
Cicerone si scaglia contro quegli oratori greci che pretendevano di formare l'oratore perfetto soltanto attraverso regole ed esercizi, ma anche contro quelli che, come Antonio, ritengono che siano sufficienti le doti naturali. Cicerone afferma che un oratore debba essere dotato di una grande conoscenza che gli permetta di spaziare su più argomenti con abilità..
II libro: Antonio tratta delle "parti della retorica" che sono:
La inventio: ricerca degli argomenti da svolgere; in questa parte è anche inserito un excursus detto de ridiculus a proposito delle reazioni psicologiche che l'oratore deve saper suscitare;
La dispositio: ordine secondo cui vanno disposti gli argomenti;
La memoria: tecniche per memorizzare ciò che si deve esporre;
III libro: Crasso svolge i precetti relativi alla elocutio, cioè lo stile. Egli parla dell'ornatus, ossia dell'elaborazione artistica del materiale linguistico. I capitoli finali sono dedicati all'actio, ossia il modo in cui l'oratore deve tenere un discorso (dizione, tono della voce, gesti).
BRUTUS: scritto nel 46 a.C., sotto la dittatura di Cesare, in forma dialogica, ha come interlocutori Cicerone stesso e gli amici Attico e Marco Giunio Bruto, il futuro cesarida, a cui è dedicata l'opera.
Dopo un breve excursus sull'oratoria greca, Cicerone si dedica della storia di quella romana, dalle origini della repubblica fino all'età contemporanea, presentando circa 200 oratori in ordine cronologico. Nell'ultima parte Cicerone presenta se stesso come una sorta di punto di arrivo di un processo di perfezionamento dell'eloquenza romana, rievocando gli inizi della sua carriera, quando riuscì a battere Ortensio, il più grande oratore di quei tempi. In quest'opera, inoltre Cicerone si scaglia contro il neoatticismo, che era un movimento che si stava affermando tra i giovani (come lo stesso Bruto), rimproverando loro la povertà dello stile, esaltando di contro la grande eloquenza di Demostene, suo grande modello.
ORATOR: è dedicato sempre a Bruto ed è scritto in prima persona. Vi è ripresa la trattazione sullo stile dell'oratoria. Gli argomenti nuovi sono:
Nel 54 a.C. Cicerone compose una vasta opera di filosofia politica nel quale discusse dei problemi che gli stavano più a cuore:
organizzazione dello Stato;
miglior forma di governo;
istituzioni politiche romane
Protagonista è Publio Cornelio Scipione Emiliano, l'uomo politico più ammirato da Cicerone. Egli è impegnato in una conversazione con un gruppo di amici, tra cui l'amico Gaio Lelio, nel 129 a.C. poco prima della sua morte.
I libro: Scipione dà le sue definizioni di
Presenta e discute le tre forme di governo:
.e le loro degenerazioni:
Secondo Scipione la costituzione migliore è quella mista che evita i difetti ma conserva i vantaggi. Esempio eccellente è la costituzione romana in cui il potere monarchico è affidato ai consoli, quello aristocratico al senato e quello democratico al popolo.
II libro: tratta delle origini e dello sviluppo dello Stato romano, da Romolo in poi.
III libro: parla della giustizia, la virtù politica per eccellenza. L'autore riporta le argomentazioni di un filosofo greco, Carneade, che riteneva che non esiste nell'uomo un fondamento naturale della giustizia ma che i popoli dominatori fondano il loro impero sulla sopraffazione di quelli più deboli. Se i Romani fossero stati un popolo giusto, afferma Carneade, avrebbero dovuto restituire agli altri popoli ciò che avevano privato loro con la forza, ritornando alla miseria delle origini.
Lelio, invece, controbatte sostenendo la legittimità morale dell'impero romano che viene esercitato a vantaggio dei popoli sottomessi.
IV e V libro l'uno dedicato alla formazione del buon cittadino e l'altro alla figura del governante perfetto, sono andati quasi interamente perduti.
VI libro: si conserva solo il finale (Somnium Scipionis) in cui Scipione racconta un sogno nel quale l'avo adottivo Scipione l'Africano gli preannuncia le future imprese gloriose e la morte prematura. Inoltre, illustrandogli magnifiche sfere celesti, gli rivela che l'immortalità e la dimora in cielo, nella Via Lattea, sono il premio che gli dei riservano ai grandi uomini politici ed ai benefattori della patria.
DE LEGIBUS: è un altro trattato sulla politica che Cicerone scrisse a complemento del De repubblica. Si conservano tre libri ma l'opera doveva essere più ampia. Gli interlocutori sono: Cicerone, suo fratello Quinto e l'amico Attico. L'opera tratta dell'origine del diritto e le sue forme e commenta molte leggi romane.
DE OFFICIIS: trattato filosofico a sfondo politico. Intento dell'autore: utilizzare gli strumenti della filosofia greca per difendere le istituzioni dell'oligarchia romana, contro le spinte rivoluzionarie che avrebbero ben presto portato alla formazione dell'Impero.
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