IL GIOCO CHE CI ILLUDE
I giochi
ottici hanno da sempre affascinato molte persone e non solo i numerosi
appassionati di quest'arte che è lecito definire "magica".
Sbalorditi
di fronte ad un' illusione ottica non ci
rendiamo conto dello studio che sta alla base dell'effetto creato,
probabilmente perché impegnati ad osservarlo meglio ed a contemplarlo.
Apparentemente sembra un gioco di trasgressione, in cui le "non regole" sono
alla base dell'immagine.
Invece,
le regole per la creazione di un gioco ottico sono molteplici ed è
importantissimo seguirle per la buona riuscita del capolavoro. Nonostante le
ricerche e gli studi costino fatica, il
duro lavoro viene poi compensato da un magnifico risultato.
Un'illusione
ottica è una qualsiasi illusione che inganna l'apparato visivo umano, facendogli percepire
qualcosa che non è presente o facendogli percepire in modo scorretto, qualcosa
che è presente. Le illusioni ottiche possono manifestarsi naturalmente o essere
dimostrate da specifici trucchi visuali che mostrano particolari assunzioni del
sistema percettivo umano.
'Il disegno è
illusione: suggerisce tre dimensioni sebbene sulla carta ce ne siano solo
due.'
Nell'osservazione
di particolari figure che creano effetti ottici entrano in gioco anche due
organi fondamentali del nostro corpo: l'occhio e il cervello.
Entrambi
inconsapevolmente vengono ingannati, le figure risultano avere più
interpretazioni perché il nostro cervello ha gli elementi che gli permettono di
interpretare la figura come tridimensionale, ma non sono sufficienti a
fornirgli l'esatta disposizione spaziale; quindi esso continua ad 'oscillare'
tra le interpretazioni possibili, ed equamente probabili, senza saper
riconoscere quale sia quella esatta.
Non sempre, dunque, la deformazione della realtà
nell'immagine è frutto di un lavoro appositamente studiato sull'equilibrio di regole e trasgressione ma, a
volte sono i nostri stessi organi sensoriali che ci inducono all'inganno, che
barano con noi.
Molteplici
sono le illusioni ottiche ma ho preferito concentrarmi solo su alcuni esempi
che ritengo più significativi.
A)
Anamorfosi
Il
termine "Anamorfosi" dal greco ana (all'indietro, ritorno verso) e morphe
(forma) sta ad indicare un disegno in cui appare un'immagine distorta che
osservata obliquamente (anamorfosi piana) o riflessa su uno specchio curvo, può
essere vista nella sua prospettiva naturale. Essa segue delle regole
prospettiche ben precise che creano un'immagine che, se vista da un particolare
punto di osservazione, non solo ridiventa di nuovo riconoscibile ma, assume un
particolare rilievo tridimensionale che ha dell'incredibile. Solo osservando
l'immagine da un'opportuna angolazione piuttosto radente il piano, è possibile
vedere correttamente ciò che è rappresentato.
Un
esempio classico è il dipinto "Gli ambasciatori" di Hans Holbein il Giovane, in cui nella
parte inferiore è visibile uno strano oggetto. Si può facilmente capire di che
oggetto si tratta guardando il quadro da alto-destra, con la testa quasi
aderente alla tela.
Questa
tecnica era già nota a Leonardo da Vinci che ne aveva fatto uso in
alcuni suoi appunti.
B)
Illusione di Ponzo
Alla base
di molte illusioni ottiche, usate dagli psicologi per studiare la percezione, è
il fenomeno per cui un oggetto posto in fondo ad una prospettiva viene percepito
più grande. L'interpretazione del mondo in ambito pittorico è una trasposizione
della realtà: il cervello aggiunge, sottrae, riorganizza le informazioni
sensoriali per fornire un'interpretazione il più possibile esatta del mondo
esterno.
Per spiegare
meglio la teoria della "illusione di Ponzo" osserviamo il Sole all'orizzonte o
la Luna dietro a case lontane, sono l'esempio di come il gioco prospettico,
seppur seguendo regole ben precise, riesca ad ingannare il nostro cervello.
Quando il Sole si trova all'orizzonte, è
notevolmente più grande di quando è in alto nel cielo, perché vicino ci sono
altri oggetti. Vediamo case, alberi, che sappiamo essere rimpiccioliti a causa
della distanza e, dietro di esse il disco del Sole, che al confronto ci sembrerà
molto più grande. Se poi scattassimo delle foto all'astro, nei due momenti
differenti e confrontassimo le immagini, noteremmo che i loro dischi hanno
dimensioni praticamente identiche! Il fatto è che quando la Luna o il Sole si
trovano alti nel cielo, non esistono oggetti con cui poterli comparare e
quindi, risulta più difficile stabilire le giuste proporzioni. Il
nostro cervello è capace di dirci quanto è grande un oggetto solo se
confrontato con altri oggetti vicini.
C) Ci sono semplici regole che servono per indurci
all'inganno, ma è divertente osservare le immagini per renderci conto di quanto
è facile vedere quello che in realtà "non è".
Regola della simmetria vi è la tendenza a percepire come oggetti, degli elementi
che sono simmetrici, piuttosto che altri che non lo siano. Nella figura si
vedono a sinistra delle colonne nere e a destra delle colonne bianche anche se
il disegno è uguale e solo i colori sono invertiti.
Regola
della chiusura: vi è la tendenza a vedere le forme come delineate da un
margine continuo ed ignorare eventuali interruzioni di tale continuità. Nella
parte superiore della figura osserviamo un riquadro delimitato da quattro
cerchi bianchi anche se in realtà non esiste.
Regola
del senso vi è la tendenza dopo aver
percepito l'essenza di un disegno ad osservarlo secondo la nuova
interpretazione e non più come lo si vedeva prima. Ad esempio,guardando la
figura sembra a prima vista un disegno senza senso, ma se si osserva meglio si
potrebbero individuare due gambe di un bambino e il suo ombelico o
semplicemente un calice. Sicuramente ora, scoperta la soluzione, sarà molto
difficile immaginare qualche altra forma strana, in quanto ormai il nostro
cervello ha registrato queste due soluzioni e non ne permetterà altre.
D) . o credere che una figura si muovi, quando
invece è statica;
E) Stereogrammi
Immagini
che all'apparenza non vogliono dire niente, il "non senso" applicato alla "non
regola" che in realtà nascondono un segreto, per giunta tridimensionale. Vedere
l'immagine nascosta in uno stereogramma è semplice ed è un gioco molto
divertente, ci vuole solo un minimo di concentrazione. Si deve posizionare
l'immagine davanti a noi, si avvicinano gli occhi fino a che la punta del
nostro naso non tocca l'immagine, poi, mantenendo questa focale, ci si
allontana lentamente lungo la tangente, senza metterla a fuoco. Ad un certo
punto, ecco il miracolo! Si riuscirà a vedere un'immagine diversa e, come se
guardassimo attraverso una finestra, ci apparirà la tridimensionalità
all'interno della figura. La "magia" è determinata dal contrasto che si ottiene
posizionando zone di chiaro e scuro nel disegno, accuratamente studiato per
produrre un'immagine più chiara.
Uno
dei più grandi artisti della " High -
definition 3D" è Bohdan, un geofisico,
pittore, musicista e artista stereografico. Egli studiò e sperimentò i moduli
di superficie che si vedono prima dell'immagine 3D.
Certamente parlando di giochi ottici non si può non
parlare di un grandissimo artista olandese, padre della tassellatura regolare
del piano: Escher.
F) Tassellatura e Escher
Scoperta
da Penrose ma spesso utilizzata anche da Escher, la tassellatura è uno schema
di tasselli che ricoprono una superficie infinita in modo aperiodico; questi
devono essere uniti rispettando un'unica regola: nessuna coppia di tasselli
deve essere unita in modo che formi un singolo parallelogramma.
"La divisione regolare del
piano è diventata un'autentica "mania", a cui sono ormai assuefatto, e da cui
talvolta mi è difficile allontanarmi"[2]
A
volte un semplice gioco o un evento casuale può portare ad un'incredibile
scoperta. Si narra che Escher fosse molto scarso in matematica, ma che
attraverso semplici giochi fatti da bambino, sia riuscito a creare e dipingere
delle forme con uno straordinario rigore nel rispetto di qualsiasi regola
artistica. Si dice, infatti, che la tassellatura derivi proprio da uno dei suoi
giochi preferiti; si divertiva spesso a sistemare pezzetti di formaggio sulla
sua fetta di pane, in modo da ricoprirla interamente, senza lasciare spazi
vuoti. Inoltre, faceva spesso strane
connessioni con le parole, partiva da due concetti lontani, tentando poi un
collegamento logico. Ma come si poteva trasformare questo flusso di pensieri in
immagini?
La risposta arrivò qualche anno dopo: lo scopo era
creare figure fantastiche e particolari, che catturassero l'attenzione
dell'osservatore e giocassero con il contrasto di colori per imbrogliare
l'occhio umano; egli capì che doveva approfondire lo studio matematico del
piano e che senza alcuna regola, era impossibile creare effetti sorprendenti.
In realtà, dietro ai suoi lavori, c'è un grandissimo studio matematico e di
regole di costruzione; riguardo ad esempio alla prospettiva egli la sottopose
ad una valutazione critica, di ricerca e furono proprio le decorazioni
dell'Alhambra di Granata che diedero ad Escher l'"input" iniziale. I suoi
disegni quindi non sono altro che provocazioni che egli crea per affinare la
nostra percezione dello spazio, per svelare i limiti e le ambiguità delle
nostre capacità percettive. Sembra strano, ma anche l'uso del colore rientra
nell'ambito della matematica. Chiedersi in quanti modi è possibile colorare una
superficie e quanti colori sono sufficienti a colorare un disegno piano sono
domande a cui nessuno ha dato mai una risposta. Lo stesso Escher aveva lavorato
a lungo e ordinato in sistemi le possibilità trovate in modo sperimentale.
Grazie anche a questi accurati studi egli riusce a
creare delle figure ambigue; passa da illusioni paesaggistiche a prospettive
invertite, i volumi risultano deformati ed i diversi punti della prospettiva
sembrano coincidere inspiegabilmente. Ritroviamo anche figure che nascono dal
nulla, da un semplice schizzo di carta;
Uno dei suoi quadri più sorprendenti è " Rettili". La
"macchia piatta" irritava Escher e a
tale proposito scriveva:
'Sei troppo finta, per
me; te ne stai lì immobile e saldamente incastrata; fa' qualcosa, vieni fuori,
mostrami di che cosa sei capace!'.
Così da una semplice figura piana ricava forme e
volumi. Anche se tutto ciò potrebbe risultare incredibilmente reale, è chiaro
che Escher nei suoi disegni amava barare, usando principalmente luci ed ombre
che suggerivano plasticità sul piano di lavoro.
Nella stessa "Cascata" Escher utilizza le regole come
un baro e crea un risultato molto suggestivo. Improvvisamente il punto più lontano sembra identico a quello più
vicino, suscitando la sensazione di caduta dell'acqua da un piano più alto, che
in realtà non esiste.
Come ho
accennato prima, la matematica fu per Escher fondamentale per i suoi studi,
perché gli diede un rigore logico e un' impostazione precisa. Tuttavia la
domanda che più lo assillava era : Come si può comprendere l'infinito? Esiste
un confine tra due o tre dimensioni? L'infinito possiamo immaginarlo, ma mai sperimentarlo. E' difficile
imbattersi nell'infinito, perché non lo si conosce; l'obbiettivo di Escher era
di catturarlo. La sfida consisteva nell'imprigionarlo in una composizione
chiusa ed era proprio la divisione regolare del piano, il mezzo per raggiungere
il suo obiettivo.
" disegneremo forme chiuse e
confinanti che si definiscono reciprocamente e riempiono il piano in ogni
direzione fino a dove lo si desideri ".
Gli scienziati catturano l'infinito in formule che
descrivono e misurano; Escher cercò di rappresentarlo per immagini.
In questo
disegno è rappresentato lo spazio iperbolico. In realtà, anche se non sembra,
ogni pesce ha la stessa grandezza e il bordo circolare è a distanza infinita
dal centro del disco. Escher ottiene questo effetto comprimendo i pesci lontani
affinché lo spazio infinito possa entrare nel cerchio finito. Se provassimo a
riprodurre lo stesso disegno senza compressione, lo spazio ottenuto avrebbe
molte curvature in cui ogni piccola regione ha una forma a sella con ulteriori
pieghe. Per capire meglio l'effetto che Escher voleva trasmettere
all'osservatore, proviamo a fare un piccolo gioco: poniamoci al centro del
disegno e supponiamo di voler camminare fino al bordo di esso. Mentre
camminiamo ci restringiamo sempre di più, proprio come accade ai pesci della
figura. Per raggiungere il bordo quindi dovremmo percorrere una distanza che ci
sembrerà infinita, ma essendo immersi in questo spazio, non ci parrà subito
ovvio che vi sia qualcosa di inusuale.
Un'altra rappresentazione dell'infinito è data dal
"ciclo". Come tutti sappiamo il simbolo dell'infinito è proprio un anello
chiuso: e lo spunto
principale per l'opera "Cavalieri" o più semplicemente per il "Nastro di Möbius II", fu proprio il
cosiddetto nastro, realizzato da Möbius. Egli crea così un'illusione di
tridimensionalità dell'immagine bidimensionale.
Nell' opera "Cavalieri" lo scopo principale era
mostrare che le forme congruenti, che apparentemente si muovevano verso destra
o sinistra, non erano altro che il riflesso speculare dell'una sull'altra cioè,
se tra le due strisce dell'anello ponessimo uno specchio, otterremmo
esattamente la stessa immagine.
Quello che invece rende così particolare il "Nastro di
Möbius II" è che osservando attentamente l'immagine, ci si accorge che le
formiche poste sulla superficie non stanno camminando su lati opposti, come
potrebbe sembrare al contrario, esse proseguono in fila sull'unica faccia di
quella superficie, percorrendo così una strada senza punto di arrivo né di
inizio, insomma, una strada infinita.
L'utilizzo della matematica per sorprendere, è
stato forse una delle più grandi innovazioni. Quello che probabilmente portò al
successo questo grande artista fu proprio il fatto che, pur seguendo delle
regole ben precise, barava sempre, facendo credere una
cosa, quando invece la realtà era un'altra. Egli riuscì sempre a giocare con l'osservatore, il suo scopo era quello
di ingannarlo, ammaliandolo.
Non deve apparire strano che il matematico sia
in qualche modo collegato al pittore; entrambi giocano con le forme, seppur in
modo diverso.
" Il matematico, come il
pittore o il poeta è un creatore di forme. E se le forme che crea sono più
durature delle loro, è perché le sue sono fatte di idee."
E' per questo che la scienza non può essere
vista come un fatto a sé. Moltissimi furono gli scienziati che, attraverso il
gioco e il caso, arrivarono alle scoperte più importanti.
"Nastro di
Möbius II"
Se consideriamo le numerose illusioni nel campo
scientifico, non si può non citare la parallasse annua; non è forse anch'essa
un gioco ottico?