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La macchina a vapore
La seconda legge della termodinamica ha un'origine per così dire economica: essa, infatti, si può far derivare dai tentativi di convertire in modo efficiente il calore in lavoro e nel contempo di sviluppare una teoria in grado di spiegare il funzionamento delle macchine costruite a tale scopo. I primi dispositivi ideati per ottenere con continuità una trasformazione di calore in lavoro furono le macchine termiche, che utilizzano per produrre lavoro l'espansione di un fluido.
Lo scozzese Watt, introducendo una serie di perfezionamenti alle rozze macchine dei suoi predecessori, riuscì a realizzare un motore termico a funzionamento continuo. La macchina a vapore è ormai considerata il fattore principale dello sconvolgimento sociale e tecnologico in maniera tale che fu adattata a qualsiasi tipo di lavoro meccanico, dall'industria tessile alle locomotive ferroviarie.
In ogni tipo di macchina alternativa a vapore, il fluido operante è ottenuto per riscaldamento sotto pressione dell'acqua contenuta in un'apposita caldaia (a). Il vapore viene poi immesso, attraverso alcune valvole aperte a tempo (c), in un cilindro a doppia corsa (b) formato da due comparti delimitati da uno stantuffo a perfetta tenuta. L'asse del pistone mobile è collegato con il sistema articolato biella-manovella (d), al fine di trasformare il moto alterno dello stantuffo in moto rotatorio. A ogni ciclo, infine, il vapore, scaricato dal cilindro, si ricondensa nel condensatore (e) per essere nuovamente riciclato in caldaia grazie all'intervento della pompa di alimentazione (f).
La seconda legge della termodinamica: Lavoro prodotto in un ciclo
Secondo il principio di equivalenza, il calore è una forma di energia per cui, almeno teoricamente non dovrebbe esistere alcuna limitazione alle trasformazioni di lavoro in calore e viceversa. In realtà dobbiamo porre dei limiti a tale principio. Infatti almeno in teoria è possibile trasformare completamente il lavoro in calore, ma non altrettanto si può dire per le trasformazioni inverse. Precisamente, dalla relazione:
emergono le seguenti conclusioni:
è impossibile ottenere lavoro in modo ciclico assorbendo calore da una sola sorgente;
il calore può trasformarsi in lavoro soltanto passando da un corpo a temperatura più alta (sorgente di calore) ad uno a temperatura più bassa (refrigerante);
non tutto il calore fornito dalla sorgente si trasforma in lavoro ma solo una parte di esso.
Enunciato di Kelvin
Il fisico e tecnologo Kelvin formulò in modo esplicito il secondo principio della termodinamica:
E' impossibile realizzare una trasformazione il cui risultato finale sia solamente quello di convertire in energia meccanica o elettromagnetica il calore prelevato da una sola sorgente.
In una macchina termica, anche operando in condizioni ideali, il calore Q1 sottratto alla sorgente, a temperatura T1, non si trasforma tutto in energia meccanica, in quanto una parte, cioè Q2, viene ceduta al refrigerante a temperatura T2.
In tal modo, quella che si trasforma in lavoro, cioè in energia meccanica, è solamente la differenza Q1-Q2. Questo ci fa capire che nel campo delle energie quella termica è diversa dalle altre: diremmo quasi che il calore è un'energia 'di serie B', cioè di seconda qualità, in quanto può essere utilizzato solo in parte.
Il rendimento di una macchina termica
In qualunque motore nel quale l'energia si trasforma da una forma ad un'altra, il rendimento rappresenta il rapporto tra l'energia utile e l'energia assorbita. Nel caso di un motore elettrico, l'energia utile è quella meccanica prelevabile dall'albero motore, e quella assorbita è l'energia elettrica.
Nel caso di una macchina termica, il rendimento teorico rappresenta il rapporto tra il lavoro eseguito ed il calore assorbito dalla macchina durante il ciclo:
Poichè:
dove Q1 e Q2 rappresentano rispettivamente le quantità di calore che il gas assorbe dalla sorgente e che cede al refrigerante, possiamo anche scrivere:
CONSIDERAZIONI:
Il rendimento di una macchina termica, indipendentemente dal ciclo utilizzato, può essere calcolato con la formula:
dove T1 e T2 sono rispettivamente le temperature termodinamiche (cioè misurate in kelvin) della sorgente e del refrigerante.
La precedente espressione è valida qualunque sia la sostanza utilizzata nel ciclo. Naturalmente non va dimenticato che il rendimento calcolato con la relazione 1-T2/T1 è quello teorico, cioè riferito ad una macchina ideale, nella quale sono nulle le perdite di calore e di energia meccanica. L'esperienza insegna, però, che in pratica ciò è assolutamente impossibile, per cui il rendimento reale è sempre inferiore al rendimento teorico:
Inoltre il rendimento è sempre minore di 1, in quanto, dovendo essere Q1 diverso da zero, è sempre Q2-Q1<Q2
Da ciò, per ottenere il massimo rendimento da una macchina termica, che lavora fra due sorgenti, sarebbe necessario:
eliminare ogni forma di attrito, poiché esso implica perdita di lavoro utile
stabilire come il rendimento può dipendere dalla sostanza utilizzata per la trasformazione ciclica .
Teorema di Carnot
Il primo che formulò una trattazione scientifica utilizzando il concetto di 'macchina reversibile', prima ancora che fosse enunciato il primo principio della termodinamica, fu Carnot.
Mediante il teorema che poi fu chiamato appunto teorema di Carnot, egli stabilì che:
tutte le macchine reversibili che lavorano fra due termostati hanno lo stesso rendimento e nessun'altra macchina reale che operi fra gli stessi termostati può avere un rendimento maggiore.
Se indichiamo con il rendimento di una macchina di Carnot che lavori fra due termostati caratterizzati dalle temperature T2 e T1, con T2>T1, e con il rendimento di una macchina termica qualsiasi che lavori fra le stesse temperature, si ha:
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