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Il principio di indeterminazione di Heisemberg




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Il principio di indeterminazione di Heisemberg


La dualità onda-particella, proposta da De Broglie, precisata da Bohr e dagli esperimenti fig.(29-b) di Davisson e Germer fig.(11-b), pose ai fisici problemi del tutto inediti. La fisica moderna dovette rinunciare al concetto di punto materiale esattamente localizzato nel tempo e nello spazio. Nel 1924, Werner Heisemberg, fig.(13-b), dopo aver studiato i problemi della diffusione della luce insieme a Bohr, cominciò a cercare di formulare una teoria in cui entrassero non le orbite degli elettroni e altri concetti modellistici, bensì quantità direttamente osservabili come la probabilità di transizione nei salti quantici. Sperava di andare così più vicino alla realtà delle cose, eliminando concetti spuri. Questa formulazione mostrò la necessità di schemi a due indici , tali schemi davano luogo ad un'algebra che risultava non commutativa. Heisemberg, Born e P. Jordan riuscirono dopo parecchi sforzi a formulare uno schema di meccanica quantistica che dava risultati corretti. Esso era basato su un approfondimento del principio di corrispondenza e sull'uso di matrici per rappresentare le grandezze cinematiche. La condizione fondamentale di quantizzazione prevedeva la forma:



Dove p e q non sono numeri ordinari; sono matrici che rappresentano rispettivamente una coordinata spaziale q e una il suo momento coniugato p. Nel 1927, lo stesso Heisemberg propose, sempre con l'appoggio di Bohr e della sua scuola, di assumere come principio caratteristico della nuova fisica quantistica codesta ineliminabile indeterminazione. Per esempio calcolò la limitazione dell'esattezza raggiungibile nella determinazione della posizione e della velocità di un elettrone appoggiandosi alle relazioni non commutative della meccanica quantica. Conoscere con grandissima precisione la quantità di moto (e, quindi, l'energia) implica quindi la nostra più totale ignoranza circa la sua posizione. La posizione del microstato in questione è determinata a meno di un incertezza , che è la lunghezza del pacchetto d'onda. Per il teorema di Fourier (del quale non forniamo approfondimento) tale onda è descrivibile come la sovrapposizione di infinite onde armoniche di diversa lunghezza d'onda. E ad ogni diversa lunghezza d'onda la formula di De Broglie associa un diverso valore della quantità di moto. In questo caso la lunghezza d'onda è indeterminata tanto più quanto è ampio l'intervallo secondo l'equazione:



Quest'espressione è nota come il Principio di Indeterminazione di Heisemberg. Data l'importanza di questo principio, sia in fisica che per quanto riguarda le ripercussioni a livello filosofico di cui tratteremo più avanti, ne fu fornita anche un interpretazione fisica. Supponiamo di voler determinare la posizione e la quantità di moto di una microparticella in un certo istante. L'operazione più esatta che possiamo fare è di illuminare la microparticella con un fascio di fotoni; avverrà un urto tra la microparticella e il fotone e la posizione della prima sarà determinata a meno di una lunghezza d'onda del fotone impiegato, com'è noto, e quasi intuitivo, all'ottica classica. Converrà impiegare allora fotoni di minima lunghezza d'onda e cioè di alta frequenza e perciò di alta energia , e di grande quantità di moto . Perciò il fotone altera ancora di più la quantità di moto della microparticella. Per avere un'esatta localizzazione della microparticella, la frequenza del fotone dovrà essere infinita, ma allora sarebbe infinita la sua quantità di moto e rimarrebbe assolutamente indeterminata la quantità di moto della microparticella. Viceversa, se si vuole determinare la quantità di moto, con analogo ragionamento, si dovrà concludere che la posizione diventerebbe assolutamente indetrminata. Una seconda formulazione del principio di indeterminazione di Heisemberg assume questo aspetto:



dove rappresenta l'incertezza circa il valore dell'energia posseduta da un sistema fisico e l'incertezza riguardo all'istante di tempo in cui un sistema fisico si trova. In altri termini può essere anche interpretato come l'entità della violazione del principio di conservazione dell'energia purché esso avvenga in un intervallo di tempo molto piccolo, infinitesimo. Più è piccolo l'intervallo di tempo durante il quale viene violato il principio di conservazione dell'energia più grande sarà l'entità della violazione di tale principio. Questa interpretazione ha avuto applicazioni feconde per quanto riguarda la formulazione del modello standard per il quale le forza che interagiscono tra le varie particelle sono ricondotte a scambi tra le particelle stesse di particelle virtuali e durante il periodo di tempo di esistenza di queste particelle virtuali, prima di essere riassorbite, vi è una violazione del principio di conservazione dell'energia che sarà tanto maggiore quanto minore sarà l'intervallo trascorso tra l'emissione e l'assorbimento di queste particelle.



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