SVILUPPO CRITICO DELL'IDEA DI TEMPO
Il tempo, nel modello
meccanicista, era considerato, parimenti allo spazio, un grande contenitore nel
quale collocare tutti gli eventi fisici. Il tempo era considerato, inoltre, assoluto, ovvero sciolto, slegato, da
ogni condizionamento riconducibile agli enti fisici stessi. La linearità del
tempo stesso, infine, non era messa nemmeno in discussione; in questo grande
contenitore, infatti, gli eventi fisici venivano ordinati e il concetto di simultaneità era anch'esso indipendente
in modo assoluto dall'osservatore: due fenomeni ritenuti simultanei per un
osservatore lo erano necessariamente per tutti gli infiniti osservatori
possibili. Solo alla fine del XIX secolo fu messa radicalmente in discussione
la natura del tempo. Infatti, come con lo spazio, la pubblicazione della
Relatività Ristretta di Einstein, distrusse tutte le determinazioni attribuite
al tempo dalla nascita dell'uomo: esso divenne da contenitore degli eventi
esterno a questi ultimi un ente connesso intimamente allo spazio, come un
tessuto continuo, tanto da far definire dai fisici un continuum quadridimensionale nel quale collocare gli eventi.
Quest'immagine ricorda l'attenzione di Liebniz posta verso la struttura del
continuo, secondo la quale ogni grandezza è in intima relazione, o meglio, in
funzione di un'altra. Possiamo leggere in questa chiave la dipendenza del tempo
dallo spazio: il tempo è una funzione dello spazio e viceversa. Tenendo come
punto di riferimento ancora Liebnitz, notiamo che la sua intuizione circa la
definizione di massa come un condensato di energia è a dir poco strepitosa e
quasi profetica: la famosa equazione di Einstein rende pienamente ragione al
matematico-filosofo fondatore del calcolo infinitesimale. Il tempo perse il suo
carattere assoluto per assumere
quello relativo: oltre a dipendere
dallo spazio il tempo risulta essere differente se percepito da un osservatore
piuttosto che da un altro; la maestosa conseguenza di tutto ciò è la relatività della simultaneità. Infatti,
due fenomeni che risultano simultanei per un dato osservatore non lo sono
necessariamente per un altro. Inizia a incrinarsi il concetto di causa-effetto che sorresse la Fisica dai
suoi albori. Nel XX secolo venne così smentita, almeno da un punto di vista
scientifico, l'intuibilità del concetto di tempo così come fu posta da Immanuel
Kant. In ogni caso la teoria della
relatività del tempo non giunse in ambito filosofico come un fulmine a ciel
sereno, sebbene lontano dal significato fisico che attribuì Einstein al
concetto di relatività del tempo, ritroviamo nel pensiero di Henri Bergson fig.(20-b) una distinzione, se pur in
termini qualitativi, della percezione del tempo. Per Bergson, infatti, esiste
un tempo fisico (visse quasi
contemporaneamente ad Einstein e perciò non era all'oscuro del pensiero del
grande scienziato), esprimibile quantitativamente e un tempo psichico, qualitativo e soprattutto relativo al soggetto che
lo percepisce. Risulta chiaro, allora, che sussiste un'intima relazione e una
differenza tra i pensieri di Einstein e Bergson: nella Relatività Einsteiniana
la relatività del tempo, per Bergson attribuibile soltanto al tempo psichico in
modo qualitativo, risulta esprimibile matematicamente e quantitativamente e
descrive alla perfezione i fenomeni fisici.