L'effetto Compton
E' noto che se una
radiazione colpisce un corpo, in generale una parte dell'energia è sparpagliata
in tutte le direzioni o, come si dice, è diffusa, conservando la stessa
frequenza, cioè lo stesso colore, della radiazione incidente. La teoria di
Lorentz spiega questo fenomeno dicendo che gli elettroni del corpo investito
dalla radiazione entrano in risonanza ed emettono a loro volta onde sferiche
che diffondono in tutte le direzioni parte dell'energia dell'onda primaria.
Secondo la teoria classica, dunque, le onde diffuse devono avere la stessa
frequenza dell'onda incidente. Ma nel 1922 il giovane fisico americano Arthur
Holly Compton dimostrò che nella diffusione dei raggi X, accanto al fenomeno
classico di diffusione senza cambiamento di frequenza, si ottiene anche la
diffusione di una radiazione di frequenza minore. Inoltre l'elettrone urtato,
da Compton denominato elettrone di rinculo, varia la sua velocità per aver
acquistato una parte dell'energia del fotone. L'esperimento allestito da
Compton consisteva nel bombardare con
un fascio monocromatico di raggi X, di lunghezza d'onda , un bersaglio di grafite e nel misurare la lunghezza d'onda dei raggi X diffusi a
diversi angoli rispetto alla
direzione incidente. Considerando la fig.(27-b)
e trattando le particelle in gioco con la Relatività Ristretta
si ottiene il seguente sistema:
svolgendolo si
ottiene la legge che descrive il cambiamento di lunghezza d'onda tra radiazione
incidente e diffusa:
La conclusione a
cui giunse Compton fu esente da dubbi: i fotoni esistono realmente e, in certe
condizioni interagiscono con la materia in modo individuale, subendo urti
elastici che obbediscono alle stesse leggi che regolano le interazioni tra
particelle relativistiche, purché si tenga conto che un fotone si muova sempre
alla velocità della luce c.