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Il motore a scoppio




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Il motore a scoppio

Tra coloro che fin dal 1678 avevano studiato la possibilità di sfruttare l'accensione di miscele gassose per dare alla meccanica una forza motrice, il milanese Luigi Cristoforis ideò nel 1841 una macchina igneo-pneumatica per il sollevamento dell'acqua

De Cristoforis, coi risultati sperimentali ottenuti, auspicava che si potesse giungere ad applicare come motore la forza esplosiva dei gas.

Barsanti, con povertà di mezzi, bersaglio dell'altrui ignoranza, dopo un decennio di studi, nel 1852, utilizzò l'esplosione per generare il moto e rendere operativa la pressione atmosferica. Evitando urti improvvisi e risparmiando gas, elaborò un meccanismo che non solo rinnovasse, con molta frequenza e nelle dovute quantità, l'introduzione e l'accensione della miscela detonante, ma espellesse i residui e i prodotti della combustione, svincolasse gli stantuffi nella corsa di andata, collegandoli con prontezza e stabilità all'asse motore nella corsa di ritorno.

Barsanti, arrivato a tali dati positivi, si associa all'amico Felice Matteucci, esperto fisico e idraulico, figlio del Cav. Luigi da Lucca e di Angiola Tomei Albiani da Pietrasanta, e, ne volle il nome sempre associato al suo, dicendo di aver lavorato insieme al motore dalla sua origine e nel suo sviluppo.

Nell'Adunanza della Accademia dei Georgofili di Firenze del 5 giugno 1853, i nostri depositarono un plico suggellato (3 sigilli dall'impronta di uno scudo, con aquila a due teste, cinto da ghirlanda e sormontato da corona ed elmo quello del mezzo; di un compasso e di una squadra, egualmente cinti da ghirlanda, quelli laterali) e con scritta l'identificazione 'rapporto risguardante alcuni nuovi esperimenti dei Signori Eugenio Barsanti e Felice Matteucci'. Il plico ricevuto dall'Accademia fu firmato dal Segretario agli Atti Raffaello Busacca . Il 15 Maggio 1854 il Governo Granducale Toscano concesse la prima patente o brevetto.

Nel 1858 gli inventori ebbero notizie di tentativi fatti da altri che confermavano quanto essi ritenevano impossibile ottenere direttamente ed immediatamente un moto regolare continuo da una forza violenta ed istantanea.

Assai più tardi collabora con Barsanti e Matteucci il fiorentino Giovan Battista Babacci. Altre patenti o brevetti, in relazione alle modifiche ed ai miglioramenti apportati, furono ottenuti nel 1858 e nel 1861 e ne ebbero pure in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, in Austria, nella Venezia e negli Stati di Re Vittorio Emanuele 2° nel 1857-58 .

Il brevetto francese del 9 Gennaio-21 Febbraio 1858 N.35009 tra le varie applicazioni dice:

's' agit d' appliquer cette novelle force à une locomotive'. La domanda avanzata il 13 Maggio 1854 al Regno Unito di Gran Bretagna non ebbe seguito immediato, avendo precedentemente concesso brevetti del genere, ma verificato che questi erano per motori atmosferici da pompe, non motori da sostituire la macchina a vapore, dopo nuovi esami, fu concesso un brevetto nel 1854 ed altro nel 1857. Nella domanda del 1854 si accenna ad un'azione indiretta per navi, spinte da un sistema di pale agenti solo durante la corsa attiva dei cilindri nel motore. Per comodità, relativa al tempo ed ai mezzi di cui disponeva, il Barsanti alimentava il motore, predisposto anche per l'uso di liquidi, col gas illuminante, che, aspirato misto ad aria, veniva acceso dalla scintilla elettrica.

COME FUNZIONAVA IL MOTORE DI BARSANTI

Posizione iniziale

Motore Barsanti - Matteucci con stantuffo ausiliario

brevetto francese del 1858

Era un motore a tre tempi.

Fase di aspirazione

In questa fase si muove solo lo stantuffo ausiliario 'G', che scende aspirando aria e gas combustibile, rispettivamente dalle luci 'a' e 'd'.

Fase di scoppio

Questa è la fase di accensione della miscela detonante mediante una scintilla elettrica. Lo scoppio provoca la rapida ascesa dello stantuffo principale 'B', che fa girare la ruota 'C' in modo tale che il nottolino 'E' scorra sui denti del rocchetto 'F' senza farlo ruotare.

Per questo motivo la resistenza, durante l'ascesa dello stantuffo principale, era minima, riducendo lo sforzo sulle pareti del cilindro e permettendo un alto valore del rapporto volumetrico di espansione (cioé, un'espansione dei gas più prolungata).

Fase di scarico

Nella terza ed ultima fase lo stantuffo principale discende, mentre quello ausiliario risale. In questa fase, il movimento della ruota 'C' fa incastrare il nottolino con i denti della ruota, trasmettendo quindi il movimento anche all'albero motore 'D'.

Lo stantuffo ausiliario, risalendo, scopre le luci 'c', 'e' ed 'f', che consentono ai gas combusti, spinti da 'B', di fuoriuscire dalle valvole 'i'.

Queste ultime si aprono verso l'esterno, quando i gas combusti raggiungono e superano la pressione atmosferica.

Motori a combustione interna


Tipo di macchina in grado di trasformare in energia meccanica energia termica prodotta durante la combustione di una sostanza che brucia in una camera a volume variabile, facente parte integrante del motore stesso. Esistono quattro tipi principali di motore a combustione interna: i motori alternativi diesel e benzina, i motori rotativi, le turbine a gas e i motori a reazione. Il motore a benzina detto anche motore a ciclo Otto, viene normalmente utilizzato sulle autovetture e su alcuni velivoli: il motore diesel, che in base a un ciclo termodinamico differente, utilizza invece gasolio e viene usato soprattutto nella propulsione navale, per autobus e autocarri, ma è frequente anche su autovetture. Sia i motori a benzina, sia quelli diesel vengono prodotti in modelli a due e quattro tempi.


Componenti dei motori


I motori diesel e benzina hanno gli stessi componenti essenziali. La camera di combustione è costituita da un cilindro, solitamente fisso e chiuso a un'estremità, in cui si muove un pistone (o stantuffo) ad accoppiamento preciso. Il moto alterno del pistone determina una variazione di volume della camera, tra la testa del pistone stesso e l'estremità chiusa del cilindro. La faccia esterna del pistone è collegata all'albero a gomiti tramite una biella, che costituisce il meccanismo di trasmissione e di trasformazione del moto alterno in moto rotatorio. Nei motori policilindrici l' albero a gomiti presenta una parte a sbalzo - detta bottone della manovella - per ogni biella, in modo che la potenza dei singoli cilindri venga applicata all' albero a gomiti nel punto più adatto durante la rotazione. Gli alberi a gomiti sono dotati di pesanti volani e contrappesi che, grazie alla loro inerzia, riducono al minimo le irregolarità nel movimento dell'albero.


Il sistema di alimentazione del combustibile è costituito da una pompa del carburante e da un dispositivo per la vaporizzazione o la polverizzazione del carburante liquido che nei motori a carburazione viene detto carburatore. Nella maggior parte dei motori pluricilindrici il carburante vaporizzato viene trasferito ai cilindri attraverso opportuni condotti d'aspirazione, e in molti motori è previsto anche un analogo collettore di scarico per l'eliminazione dei gas prodotti dalla combustione. Il carburante viene iniettato nei singoli cilindri e i gas combusti vengono aspirati attraverso valvole a sollevamento o valvole a fodero ad azionamento meccanico. Le valvole vengono normalmente mantenute chiuse da un sistema di molle elicoidali, e l' apertura viene ottenuta al momento opportuno del ciclo di funzionamento per mezzo di un albero a canne o a eccentrici, collegato tramite ingranaggi all'albero a gomiti. A partire dagli anni Novanta alcuni sistemi di  iniezione più sofisticati, adottati anche sui motori diesel, hanno quasi completamente soppiantato questo metodo tradizionale di distribuzione della miscela d'aria e carburante.


In tutti i motori devono essere previsti sistemi di accensione del carburante. Il sistema d'accensione dei motori a benzina comporta una sorgente d'elettricità a bassa tensione e corrente continua, collegata all'avvolgimento primario di un trasformatore detto bobina d'accensione. La corrente viene interrotta diverse volte al secondo da un interruttore automatico (timer) e lepulsazioni prodotte nell'avvolgimento primario inducono una corrente pulsante ad alta tensione nell'avvolgimento secondario. Questa corrente ad alta tensione viene portata alternativamente ai singoli cilindri tramite un commutatore rotante (distributore). Il dispositivo d'accensione vero e proprio è la candela, un conduttore isolato posto sulla parete o nella parte superiore dei cilindri. All'estremità inferiore della candela si trova un leggero traferro tra due fili, nel quale la corrente ad alta tensione innesca un arco che fa scoccare la scintilla, determinando l' accensione della miscela di carburante nel cilindro.

Per via del calore prodotto durante il processo di combustione, tutti i motori devono essere dotati di sistemi di raffreddamento. Alcuni motori aerei e automobilistici, i piccoli motori stazionari e i motori fuoribordo delle imbarcazioni sono raffreddati ad aria. In questo caso le superfici esterne del cilindro hanno la forma in una serie di alette radianti ad ampia superficie adatta per disperdere il calore dal cilindro. Nei motori raffreddati ad acqua i cilindri sono circondati da una camicia d'acqua esterna; negli autoveicoli la circolazione del liquido refrigerante viene ottenuta per mezzo di una pompa e il raffreddamento è prodotto da un radiatore. Alcuni motori di autoveicoli sono dotati anche di raffreddamento ad aria; nei motori marini, invece, viene utilizzata acqua di mare come liquido refrigerante.


Diversamente dai motori e dalle turbine a vapore, i motori a combustione interna non producono alcuna coppia d'

avviamento, per cui devono essere previsti appositi sistemi per azionare l' albero a gomiti e dare così inizio al ciclo di funzionamento. Solitamente i motori degli autoveicoli vengono avviati per mezzo di un motorino elettrico che è collegato attraverso ingranaggi all'albero a gomiti e che viene "staccato" automaticamente una volta avviato il motore. Alcuni motori più piccoli vengono avviati manualmente tramite una manovella oppure tirando una funicella avvolta per alcuni giri attorno al volano. Tra i metodi utilizzati per l'avviamento dei motori di grandi dimensioni figurano gli starter a inerzia, costituiti da un volano che viene fatto ruotare a mano, o mediante un motorino elettrico, sino a quando l' energia cinetica non è sufficiente a far girare l'albero a gomiti, e gli starter a esplosione, che utilizzano l'esplosione di una cartuccia a salve per azionare il volano di una turbina accoppiata al motore. Gli starter a inerzia e quelli a esplosione vengono utilizzati principalmente per l'avviamento dei motori aerei.





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