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Un problema di sicurezza sociale
In una persona detenuta, emarginata, il sentimento di abbandono può innescare un meccanismo di reazione, di risentimento verso il mondo esterno e ciò influenzerà, inevitabilmente, la sua condotta futura.
Il mantenimento e la valorizzazione dei legami personali costituiscono un elemento fondamentale per il reinserimento nella famiglia e nella società: aiutare il detenuto a costruire o ricostruire rapporti è essenziale nel suo percorso di recupero sociale, sulla base dell'assunto che "l'incapacità comunicativa è elemento fortemente criminogenico" , la quale finisce per alimentare la spirale reato-carcere-reato (la recidiva viene infatti stimata intorno al 70 %, aggravata anche dalle condizioni di esclusione sociale, povertà economica e culturale). Il carcere, nell'assenza di stimoli ed opportunità, diviene così promotore di nuova criminalità: se l'insicurezza arriva da chi commette reati, è evidente che il detenuto, privato di sostegno e prospettiva rimarrà fonte di insicurezza.
Le storie personali dei detenuti, sono per lo più caratterizzate da problemi di precarietà sociale. Le caratteristiche psico-sociali aventi un ruolo criminogeno sono individuate nel ricovero in istituti durante l'infanzia o l'adolescenza; nell'appartenenza a famiglie disgregate, inserite in gruppi socialmente emarginati; nella carenza di sviluppo psico-sociale dovuto a disadattamento scolastico, precocità di avviamento lavorativo, provenienza da aree urbane contrassegnate da elevati tassi di criminalità; nella presenza di manifestazioni di irregolarità comportamentale, anche di rilevanza penale, in età evolutiva
Per rompere questa spirale è necessario quindi, uno sforzo e un investimento da parte della società, del volontariato, del mondo del lavoro, degli enti locali, ma soprattutto una
coraggiosa politica legislativa.
Il problema dell'affettività in carcere è pertanto anche un problema di sicurezza sociale. Considerata l'attenzione verso il tema della sicurezza, preoccuparsi del recupero degli affetti dovrebbe risultare ormai un passo obbligato: un tentativo concreto di umanizzare il carcere, una prospettiva non solo per i reclusi e le loro famiglie, ma per la società intera.
Il detenuto non abbandonato a sé stesso, che trova nei suoi affetti un punto di riferimento anche al termine della pena, rappresenta per la società un rischio minore, così come il sostegno ai figli di genitori detenuti, potrebbe contribuire ad evitare di far parte di quella percentuale di ragazzi che sembra essere a rischio devianza. La detenzione di un familiare, infatti, oltre che causa di frattura nel contesto affettivo, può avere gravi ricadute quale fattore fortemente disadattivo a carico dei figli.
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