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La struttura del carcere




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LA STRUTTURA DEL CARCERE


LE ISTITUZIONI TOTALI

Per meglio definire che cos'è il carcere, in questo paragrafo, verrà analizzata la sua componente sociologica di maggior rilevanza. Il carcere come istituzione.

L'istituzione è un complesso unitario e durevole di norme.

Queste norme tendono a una finalità comune che risiede nella funzionalità dell'istituzione stessa; il compito di mettere in pratica queste norme spetta all'organizzazione.                                                                                                   Quest'ultima è un insieme di persone che perseguono determinati fini con mezzi appositi e rapportandosi gli uni agli altri secondo schemi stabiliti. Nell'istituzione carceraria l'organizzazione è formata: dalla struttura del carcere, dalle persone che vi lavorano, dalle loro metodologie, tecniche e attrezzature. Anche i carcerati fanno parte dell'organizzazione carcere.

Goffman a tal proposito scrive:

"Ogni istituzione si impadronisce di parte del tempo e degli interessi di coloro che da essa dipendono, offrendo in cambio un particolare tipo di mondo: il che significa che tende a circuire i suoi componenti in una sorta di azione inglobante. Nella nostra società occidentale ci sono tipi diversi di istituzioni, alcune delle quali agiscono con un potere inglobante - seppur discontinuo - piu penetrante di altre. Questo carattere inglobante o totale è simbolizzato nell'impedimento allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo esterno, spesso concretamente fondato nelle stesse strutture fisiche dell'istituzione: porte chiuse, alte mura, filo spinato, rocce, corsi d'acqua, foreste o brughiere. Questo tipo di istituzioni io lo chiamo 'istituzioni totali' ed è appunto il loro carattere generale che intendo qui analizzare."

Le istituzioni totali nella nostra società sono classificate in quattro categorie:                    1) Le istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi (istituti per ciechi, vecchi, orfani o indigenti).

2) Luoghi istituiti a tutela di coloro che, incapaci di badare a se stessi, rappresentano un pericolo - anche se non intenzionale - per la comunità (sanatori per tubercolotici, ospedali psichiatrici e lebbrosari).

Altre servono a proteggere la società da ciò che si rivela come un pericolo intenzionale nei suoi confronti. In questo caso il benessere delle persone segregate non risulta la finalità immediata dell'istituzione che li segrega (prigioni, penitenziari, campi per prigionieri di guerra, campi di concentramento).


Infine, le istituzioni create al solo scopo di svolgervi una certa attività, che trovano la loro giustificazione sul piano strumentale. Con questa classificazione Goffman ci fornisce una definizione concreta e particolare delle istituzioni totali, con un analisi generale del fenomeno, però, ne individua le componenti che sono comuni a tutte le tipologie.

"Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste le sfere della vita sociale. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa, unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito che le porta dall'una all'altra, dato che il complesso di attività è imposto dall'alto da un sistema di regole formali esplicite e da un corpo di addetti alla loro esecuzione. Il fatto cruciale delle istituzioni totali è dunque il dover 'manipolare' molti bisogni umani per mezzo dell'organizzazione burocratica di intere masse di persone Nelle istituzioni totali c'è una distinzione fondamentale fra un grande gruppo di persone controllate, chiamate opportunamente 'internati', e un piccolo staff che controlla. Gli internati vivono generalmente nell'istituzione con limitati contatti con il mondo da cui sono separati, mentre lo staff presta un servizio giornaliero di otto ore ed è socialmente integrato nel mondo esterno. Ogni gruppo tende a farsi un'immagine dell'altro secondo stereotipi limitati e ostili. [.] Benché un certo grado di comunicazione fra i ricoverati e lo staff che li sorveglia sia necessario, una delle funzioni del sorvegliante è il controllo del rapporto fra ricoverati e lo staff più qualificato.   Così com'è ridotta la possibilità di comunicare fra un livello e l'altro, è altrettanto limitato il passaggio di informazioni, in particolare quelle che riguardano i piani dello staff nei confronti dei ricoverati. Il ricoverato è escluso, in particolare, dalla possibilità di conoscere le decisioni prese nei riguardi del suo destino. Che ciò accada nel campo militare (viene allora nascosta agli arruolati la destinazione del loro viaggio) o medico (si nasconde la diagnosi, il trattamento e la lunghezza della degenza prevista per i pazienti tubercolotici) questa esclusione pone lo staff ad un particolare punto di distanza dagli internati, conservando una possibilità di controllo su di loro.
Queste limitazioni di rapporto è probabile contribuiscano a mantenere gli stereotipi di tipo antagonistico.
La frattura fra staff e internati è una delle più gravi implicazioni della manipolazione burocratica di grandi gruppi di persone."

L'originalità del lavoro di Goffman sta innanzitutto nella sua metodologia di analisi, basata sull'osservazione attenta, quasi la partecipazione, alla vita dei soggetti osservati. Questo è, per lui, il modo migliore per verificare se le finalità delle istituzioni totali (cura, rieducazione, ecc.) vengono perseguite con efficacia o meno.

2 IL CONCETTO DI PANOPTICON

Il concetto di "panoptico" è stato elaborato dal filosofo Bentham per definire il carcere perfetto. Ovvero un modello ideale di sorveglianza applicabile non solo al carcere ma a tutti gli apparati istituzionali della società.

Verrà di seguito riportata una pagina di Sorvegliare e punire di Foucault.


Il concetto [del panopticon] è noto: alla periferia una costruzione ad anello; al centro una torre tagliata da larghe finestre che si aprono verso la faccia interna dell'anello; la costruzione periferica è divisa in celle, che occupano ciascuna tutto l o spessore della costruzione; esse hanno due finestre, una verso l'interno, corrispondente alla finestra della torre; l'altra, verso l'esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. Basta allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, ed ogni cella rinchiudere un pazzo, un ammalato, un condannato, un operaio o uno scolaro. Per effetto del contro luce, si possono cogliere, dalla torre, stagliarsi esattamente, le piccole silhouettes prigioniere nelle celle della periferia. Tante gabbie, altrettanti piccoli teatri, in cui ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile. Il dispositivo panoptico predispone unità spaziali che permettono di vedere senza interruzione e di riconoscere immediatamente. Insomma il principio della segreta viene rovesciato; o piuttosto delle sue tre funzioni -rinchiudere, privare della luce, nascondere- non si mantiene che la prima e si sopprimono le altre due. La piena luce e lo sguardo di un sorvegliante captano più di quanto non facesse l'ombra, che alla fine, proteggeva. La visibilità è una trappola.

È visto, ma non vede; oggetto di una informazione, mai soggetto di una comunicazione. La disposizione della sua cella, di fronte alla torre centrale, gli impone una visibilità assiale, ma le divisioni dell'anello, quelle celle ben separate, una invisibilità laterale, che è garanzia di ordine. Se i detenuti sono dei condannati, nessun pericolo di complotto, o tentativo di evasione collettiva, o progetti di nuovi crimini per l'avvenire, o perniciose influenze reciproche; se si tratta di ammalati, nessun pericolo di contagio; di pazzi, nessun rischio di violenze reciproche; di bambini, nessuna copiatura durante gli esami, nessun rumore, niente chiacchiere, niente dissipazione. Se ritratta di operai, niente risse, furti, coalizioni, nessuna di quelle distrazioni che ritardano il lavoro, rendendolo meno perfetto e provocando incidenti. La folla, massa compatta, luogo di molteplici scambi, individualità che si fondono, effetto collettivo, è abolita in favore di una collezione di individualità separate.

Di qui, l'effetto principale del panopticon: introdurre nel detenuto uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento automatico del potere. Far si che la sorveglianza sia permanente nei suoi effetti, anche se è discontinua nella sua azione; che questo apparecchio architettonico sia una macchina per creare e sostenere un rapporto di potere indipendente da colui che lo esercita; in breve, che i detenuti sia presi in una situazione di potere di cui sono essi stessi portatori. Per questo, è nello stesso tempo troppo e troppo poco che il prigioniero sia incessantemente osservato da un sorvegliante; troppo poco, perché l'essenziale è che egli sappia di essere osservato; troppo, perché egli non ha bisogno di esserlo effettivamente.

Perciò Bentham pose il principio che il potere doveva essere visibile e inverificabile. Visibile: di continuo, in detenuto avrà davanti agli occhi la sagoma alta della torre centrale dove è spiato. Inverificabile: il detenuto no deva mai sapere se è guadato, nel momento attuale; ma deve essere sicuro che può esserlo continuamente. Bhentham, per render impossibile il decidere sulla presenza o sulla assenza del sorvegliante, per far si che i prigionieri, dalla loro cella, non possono scorgere neppure un'ombra o cogliere un controluce, previde non solo persiane alla sale centrale di sorveglianza, ma all'interno, delle divisioni che la tagliavano ad angolo retto, e, per passare da un settore all'altro, non delle porte, ma delle chicanes[2]: poiché il minimo battimento, una luce intravista, uno spiraglio luminoso, avrebbero tradito la presenza del guardiano.

Il panopticon è una macchina per dissociare la coppia vedere-essere visti: nell'anello periferico si è totalmente visti, senza mai vedere; nella torre centrale, si vede tutto, senza essere mai visti.

Dispositivo importante, perché automatizza e individualizza il potere. Questo trova il suo principio meno in una persona che in una certa distribuzione programmata dei corpi, delle superfici, delle luci, degli sguardi; in un apparato i cui meccanismi interni producono il rapporto nel quale gli individui vengono presi. Le cerimonie, i rituali, i marchi per mezzo dei quali il più-di-potere viene manifestato dal sovrano, sono inutili. Esiste un meccanismo che assicura la di simmetria, lo squilibrio, la differenza. Poco importa, di conseguenza, chi esercita il potere. Un individuo qualunque, quasi scelto a caso, può far funzionare la macchina; in assenza del direttore, la sua famiglia, gli amici, i visitatori, perfino i domestici. Così com' è indifferente il motivo che lo muove: la curiosità di un indiscreto, la malizia di un bambino, l'appetito di sapere di un filosofo che vuole percorrere questo museo della natura umana, o la cattiveria di coloro che provano piacere a spiare e punire. Tanto più numerosi sono questi osservatori anonimi passeggeri, tanto più aumentano, per il detenuto, il rischio di essere sorpreso e la coscienza di essere osservato. Il panopticon è una macchina meravigliosa che, partendo dai desideri più diversi, fabbrica effetti omogenei di potere.[3]









3 LA VISIONE SOCIALE DEL CARCERATO

Il detenuto è la persona che subisce la pena detentiva; dunque il criminale che ha commesso un atto che è in contrasto con le leggi dello Stato, verrà punito con la limitazione delle sue libertà. Questo fatto causa molte patologie dovute alla condizione carceraria. Inoltre la ghettizzazione di questi individui li ha resi invisibili e lontani dalla struttura sociale. Il detenuto che si reinserisce nella società trova infinite difficoltà a farlo in modo completo. Ciò accede perché nella società sono insiti meccanismi di rimozione che causano l'estraniamento del detenuto.

Premessa fondamentale per l'analisi della visione che la società ha del detenuto, è un meccanismo sociale, detto teorema di Thomas, Quest'ultimo afferma che se gli individui ritengono vera una determinata cosa, questa accadrà realmente nelle sue conseguenze. La società crea la realtà. Questo principio può essere applicato a tutta la società. Ad esempio se la figura del detenuto straniero viene stereotipata attraverso un tipico pregiudizio xenofobo, si formerà la convinzione che tutti gli stranieri sono delinquenti. Questa convinzione si dimostrerà vera nelle sue conseguenze; non poiché gli stranieri siano effettivamente delinquenti, ma perché questi ultimi faticheranno a trovare lavoro e saranno emarginati dalla struttura sociale e dunque saranno spinti a commettere atti delittuosi per la loro sussistenza.  Il teorema di Thomas si realizza attraverso gli stereotipi, i pregiudizi e i biases.







5 IL CARCERE COME ESPERIENZA

In questo paragrafo è presentata un'intervista nella quale ho voluto: mettere in forma pratica nozioni teoriche studiate nel corso dei cinque anni scolastici, nonché applicare uno degli strumenti d'indagine.      Di conseguenza, questo mi ha consentito di ampliare e arricchire la mia tesina dal punto di vista dei contenuti. Ma soprattutto, riportando un'esperienza diretta del carcere, ho potuto ricostruire la vita pratica del detenuto, e allo stesso tempo, ho potuto meglio chiarire la visione sociale del carcere che a mio parere contribuisce a renderlo degradato e malsano; il fenomeno della cecità sociale c'impedisce di vedere ciò che è per noi scomodo. Come il solito la società crea una visione distorta dove la verità è travisata; i problemi vanno risolti alla radice. Dunque l'intervista che segue non ha solamente l'intento di descrivere la vita in carcere; ma cerca di dare anche una risposta alle due domande che muovono il mio interesse attorno all'argomento. Siccome si vuole rispettare la privacy dell'intervistato, quest'ultimo rimarrà anonimo. Si forniranno però i dati necessari per analizzare la posizione dell'intervistato: un ragazzo, maschio, di circa 25 anni, toscano, con un livello di istruzione medio-basso e una posizione sociale media. Per vari reati, che vanno dall'aggressione allo spaccio, ha scontato una pena detentiva di circa due anni.

L'intervista inizialmente era stata pensata per non essere strutturata, in altre parole l'intervistato lasciato libero di parlare e soffermarsi su punti ritenuti rilevanti, spiega l'accaduto in modo autonomo, senza che gli vengano poste domande. Le uniche domande che vengono fatte in questo tipo di intervista sono sonda: vanno ad approfondire un argomento che agli occhi dell'intervistatore è maggiormente rilevante, questo perché chi pone l'intervista ha nella testa già l'obiettivo della stessa. Per questo motivo deve cercare di non influenzare in nessun modo l'intervistato. Quest'ultimo risentendo della desiderabilità sociale, è portato a mentire influenzato dai valori della comunità.                                                                        L'intervista doveva anche essere incentrata su entrambi i poli: soggettivo e oggettivo. L'intervistato in alcuni punti doveva fornire la visione personale dei fatti;

Cercando anche di arricchire il racconto con il significato personale della vicenda e offrendo giudizi su ciò che era giudicabile. Allo stesso tempo però si chiedeva su alcuni argomenti di mantenere una visione oggettiva che rispecchiasse il più possibile uno sguardo distaccato e disinteressato.                                                              Quelli che erano gli obiettivi dell'intervista, però, non sono stati capiti dall'intervistato; anche se nella parte del contatto iniziale ho cercato di chiarire i miei intenti. Purtroppo però l'intervistato non ha potuto collaborare in modo ottimale, non avendo la possibilità di comprendere ciò che è una tesina oltre che un liceo, delle scienze sociali. Dal punto di vista comunicativo però, l'intervista, è molto interessante; infatti, ciò che emerge da un'attenta analisi della comunicazione è completamente l'opposto di ciò che effettivamente l'intervistato vuole comunicare; a mio parere, influenzato dalla desiderabilità sociale. Questo è verificabile in alcuni punti: nella prima parte, dove si parla della gerarchizzazione del sistema; questa viene negata dall'intervistato che però risponde alla domanda dicendo "basta farsi le amicizie giuste e gli affari propri e vai tranquillo." Questo però è incoerente con l'affermazione che il sistema carcerario non è gerarchizzato. Dalla sua comunicazione emerge anche una certa rilevanza che da al suo crimine, enfatizzando ciò che ha fatto, definendosi al di sopra dei ladri di polli; dunque da qui emerge un'ulteriore gerarchizzazione del sistema carcerario, questa colta però, basato sulla gravità del crimine. Si può inoltre notare che: quando l'intervistato parla del suo/suoi crimini, durante tutta l'intervista, sembra essersi pentito di ciò che ha fatto, ricorrendo sempre a rilevare la gravità del suo crimine. Sul finire però, alla domanda se avesse intenzione di reiterare il suo comportamento, lui risponde, che in parte la fa usando un po' di più il cervello. Queste due affermazioni, il pentimento e la reiterazione del comportamento, si trovano in contrasto. Infine, durante l'intervista, alla domanda chiave di come si arrivi alla devianza la colpa viene addossata alle brutte compagnie; invece, l'intervistato, fuori dalla registrazione, raccontando come aveva iniziato a spacciare, dice di aver trovato un barattolo con mille pasticche, in un giardino. Con queste era riuscito a guadagnare più di 10.000 euro in tre settimane. Questa cifra che inizialmente sbalordì anche lui, gli consentì di proseguire sulla strada ormai tracciata; questa logica tipicamente imprenditoriale capitalista applicata a un business delle pasticche. Verrà da seguito integralmente riportato il testo dell'intervista:

.....Non so come iniziare...allora.praticamente ti ritrovi in quel posto li..e ti piglia proprio male...non male di più..stai li.stai chiuso..fai niente. Il mangiare fa schifo, neanche i cani se lo mangiano. Stai sempre chiuso li, quasi tutto il giorno, esci un'ora.


--Si. questo è importante, puoi spiegarmi come funziona?-


Si, un'oretta la mattina e due ore il pomeriggio.e basta. Cioè, la giornata è sempre uguale:

alzati, fai il caffè.


--quindi è possibile anche essere autonomi in alcune cose?-


Te lo puoi fare, te lo portano, tipo il caffè è acqua nera, un bicchiere, sembra gasolio, uno..

..è un troiano. Io mi facevo la spesa.mi compravo tutto.


--Al meno in fatto di nutrizione uno è indipendente, come è organizzata questa cosa?-


Si, c'è lo spesino, te c'hai un libretto, e viene, non so, tua mamma, quando fai i colloqui e ti lascia i soldi, però te soldi in mano non ce n'hai.


--capito-


Eh..niente ti arriva lo spesino, tu gli dici che vuoi, la pasta, caffè, sigarette, tutta sta roba qui;

E ti fa la spesa, te la tieni li e se ti puoi fare qualcosa, tu te lo fai.

Ti alzi la mattina, ti pigli il caffè, aspetti che ti vengano ad aprire. Poi. ti guardi un po' di televisione. E cerchi sempre di non pensarci.


-- e se ci pensi?--


Se ci pensi ci svalvoli, ci svalvoli.


( il discorso viene cambiato a causa di un suo messaggio non verbale che faceva intendere disagio.)

-- All' interno del carcere hai trovato una struttura gerarchizzata? Ovvero c'è tra i detenuti una scala di potere?--

..No, ..no.li lo sai come funzionava, io mi facevo i cazzi mia e punto. Basta farsi le amicizie giuste e farsi li affari propri; e vai tranquillo. Oddio, gente esaurita c'era, parecchi...... Pazzi, esauriti.


-- quindi tu pensi che sia utile, questo, come metodo per il recupero dei detenuti ?-


Le possibilità sono due: o ti raddrizzi del tutto o ti storgi ancora di più. Non c'è la via di mezzo.


-- ma la possibilità c'è?!?--


Si!! La possibilità c'è, la maggior parte. O ti raddrizzi del tutto, nel senso che sei un altro; è difficile, se no ti storgi ancora di più, fai ancora più danno, appena esci fai danno e basta. La maggior parte delle volte è così.


--il rapporto con le guardie?-


Eh. c'è il buono e il meno buono..ci sono quelli bastardi proprio di brutto ci sono anche quelli più tranquilli, cioè, dipende dalla persona.


PAUSA


-- pensi che il carcere venga anche usato per comodità da qualcuno o chiunque cerca di evitarlo?--


Certa gente ci va anche per comodità, extracomunitari, d'inverno sono fuori casa, stanno male fuori;

allora si mettono a fare qualche furtarello, qualche minchiata, si fanno arrestare prendono tre o quattro mesi, cinque. Aspettano l'estate e escono.

Gente che ci stà bene c'è, anche. Io no.

-- pensi che la gente, quando esce, intenda continuare a commettere reati?--


Qualche d'uno si, qualche d'uno no.


-- insomma secondo te questo sistema carcerario non permette il recupero dei detenuti?

No.

-- e dal punto di vista dell'organizzazione, la pena può ancora consistere in questo?--


No, a me garba poco; si diciamo.. È una punizione ma ti porta a fare ancora peggio.

Tipo sai come funziona?

Te entri li no?.all'inizio ti spaventa, poi dici: "a me mica mi fa più paura stare li, mangio bevo dormo, non  faccio nulla dalla mattina alla sera, spesato, paga lo stato." C'è gente che non la spaventa più il fatto di andare li.se prima faceva 1 con la paura poi fa 10 alla grande.


-- avevi la possibilità di studiare?--


Dipende dai carceri, tipo a Firenze, Torriciano c'era la scuola..ma chi è che va a scuola?


-- non sei obbligato--


No, se ci vuoi andare bene se no ti devi fare tutta la mattina di..c'è la palestra, c'è la scuola, c'è tutto.


-- c'è criminalità in carcere? Come spaccio.


Si, droga? Hai voglia!!!!..Quanta te ne pare. C'è ne più che fuori.


--.prostituzione?-


No, questo no, proprio no. Ma neanche con il cannocchiale le vedi.


-- fra extracomunitari e italiani c'è rivalità, ci sono risse, discriminazioni dovute alla razza?--


qualche volta si. si scannano per una cipolla, ma davvero, c'è di tutto. Per una cipolla, una sigaretta si scannano.


-- secondo te come si arriva al crimine?--


Eh la motivazione.vai fuori ma di  brutto. Cioè io mi alzavo, la mattina pasticche, pomeriggio pasticche, sera pasticche e dopo parti con la testa e inizi a fa' danno. L'esagerazione.


-- dipende anche dalle compagnie di amici?--


Si, son cresciuto un po' con gente.


-- aspettando il processo sei rimasto dentro?--


Si da subito,  ho aspettato il processo per cinque, sei mesi;

prima c'erano le indagini, poi dovevan fissare la data del processo e alla fine tu devi aspettare il verdetto.


-- Sei riuscito ad ottenere qualche sconto sulla pena: tipo condizionale ecc. --


No, io la condizionale me la sognavo proprio, no no non, son coglionate. Quella la danno ai ladri di polli, a gente...PAUSA...troppi acidi.


-- quindi il tuo è un accumulo di cose o c'è un fatto particolare?--


No,  accumulo, parecchi reati: uno fa questo, quello.


-- come ti hanno preso?--


Mi sono stati dietro un anno, telefono controllato, cimici.

Una mattina ero a letto, sento suonare il campanello alle quattro e mezza, le cinque; nel sonno ho pensato che fosse la mia ex.

"PUO' APRIRE?"

gli ho chiesto: "certo" -in borghese, no?- "buongiorno, che volete?".ehehehehehe

"POLIZIA, POLIZIA: DOVE LE HAI MESSE LE PASTICCHE?"

"non c'ho nulla infatti."

Mi hanno buttato all'aria tutta la casa, poi mi portarono in questura e dalla questura via...


-- quindi tu assolutamente non te lo aspettavi, per te è successo da un giorno all'altro?--


No: è così, una mattina ti vengono a chiappare.aspettano così tanto tempo anche per avere più cose contro di te, poi vengono la mattina presto così son sicuri di trovarti in casa.

-- insomma: il carcere lo vedi come una cosa negativa sia dal punto di vista dell'organizzazione che della funzione che svolge?--

No no no. Sai comè; una volta mi faceva male la gola vado dall'infermiera e non mi da la pasticca per il mal di gola, sai che m'ha  dato?, tachipirina, supposta. Le ho detto: "Ma che ci devo fa', ho mal di gola." Eheheheheheheheh. Loro fanno tutto.quadrato. Danno la tachipirina per tutto. Il dentista.mammamia. A me m'ha rifatto questo dente qui.ma io son stato fortunato. Io ho visto gente. Tipo tu vai perché ti fa male un dente non è che te lo ottura, o che. Te lo strappa e basta, come niente. Sangue, tamponi dappertutto. Stavo facendo la fila e c'era uno prima di me, mi guarda e mi fa: "tanti auguri". Eheheheheheheheheh. Sono entrato da sto qui e gli ho detto: "oh, non mi toccare". Volevo torna' indietro.

-- E' possibile anche lavorare all'interno del carcere?--

Si, puoi lavorare li dentro, scopino, che ne so, il porta vitto o sennò lo spesino.             Puoi lavorare in cucina: gente più privilegiata.

-- E dopo: quando sei uscito?--

Quando sono uscito: son stato un anno e mezzo chiuso in casa, agli arresti domiciliari; non mi passava più. Però già era meglio, perché, c' avevi il computer, la televisione.                                                                                                                          Non potevo neanche vede' la mia ragazza; veniva di nascosto, la chiudevo dentro l'armadio. Non c'è verso. All'inizio non potevo vedere nessuno poi pian piano.

-- Come ti tengono sotto controllo?--

E..vengono a suona' il campanello, veniva la pattugli a controllare se sei in casa. Mi trovavo la pattuglia sotto casa certe volte e fin che non ti affacci rimangono lì.

-- pensi che il verdetto sia stato imparziale?--

Mi è andata di lusso: io dovevo essere condannato a nove anni. Poi giovane età, incensurato ecc. ecc. me ne son presi cinque. Ho preso l'indulto che mi mancavano due anni, dieci mesi e ventisei giorni.

Io, quando ha vinto l'Italia ero in carcere, me la stavo guardando. Vedevo tutta la gente divertirsi fuori, io lì come uno scemo chiuso là.

-- in quel momento ti sei pentito?--

Logico. Però quella è la testa.quando parte. È l'esagerazione su tutto. Sei fuori, mamma mia.

-- quindi tu non lo rifaresti?--

No, certo che così no, un po' ma sempre col cervello. Senza fa' danno.

-- e ora per trovare la voro pensi di essere svantaggiato?--

No, no. Lavoro già. Anche perché ero obbligato.




[da Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza, Einaudi, 1968, con introduzione di Franco Basaglia].

In francese, "deviazioni" e, translamente "varchi", "passaggi"

M. Foucault, Sorvegliare e punire, trad. it. Di A. Tarchetti, Einaudi, Torino 1976, pp. 218-220

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