Proposte dal carcere

Proposte dal carcere

I detenuti del carcere di San Vittore , a fronte di questa insostenibile e frustrante situazione hanno formulato una serie di "proposte minime" per migliorare la qualità dei colloqui:

La possibilità di coltivare i propri affetti in modo più civile ed intimo, affinché il rapporto con il coniuge o compagno non debba deteriorarsi coinvolgendo tutta la famiglia.

Diminuire i tempi dell'attesa e rendere più accoglienti le sale d'aspetto e le sale colloquio. E' importante creare dei contesti a misura di bambino, affinché non sia scaraventato ma paracaducato in una realtà così lontana da lui: può bastare un tappeto, un giocattolo, un colore perché la situazione comunicativa sia più naturale, con minori

Fondamentale è dare, quindi, un senso etico anche all'architettura carceraria.

Favorire la qualità degli incontri perché i bambini ne conservino un ricordo sereno, organizzando più frequentemente "Feste dell'affettività" in cui i genitori detenuti possano stare più tempo con i figli; oppure programmare incontri domenicali per svolgere insieme attività ricreative, di gioco, di lettura o per consumare un pasto considerando il cibo un elemento non solo nutritivo ma altresì affettivo.

Aumentare le ore di colloquio: la persona detenuta ha diritto in tutto a 72 ore di colloqui ordinari; è un crudele ostacolo al mantenimento dei propri legami affettivi, a discapito oltre che del recluso, anche dei familiari e soprattutto dei figli.

Il sostegno nell'affrontare il difficile compito di comunicare ai figli la verità sulla propria condizione di carcerati.

Almeno durante le perquisizioni ai familiari sarebbe opportuno per evitare ansie, che gli agenti non vestissero la divisa.

Orari delle telefonate più elastici: il recluso perde spesso la possibilità di sentire la famiglia, perché gli orari fissati dall'istituto non sempre tengono conto dell'orario di lavoro del partner, o scolastico dei figli; lo stesso vale per i detenuti stranieri che hanno problemi di fuso orario.

Favorire per le madri detenute che hanno un partner anch'egli in carcere, la detenzione nello stesso istituto; la pena andrebbe inoltre scontata il più vicino possibile al proprio

luogo di residenza, per evitare alla famiglia ulteriori disagi e costi.

Un'applicazione più estesa della legge 8 marzo 2001, n.40 ("Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori").

In particolare, per quest'ultimo punto, alle detenute non definitive che non possono usufruirne, grandi speranze aveva dato il Protocollo d'Intesa tra la Regione Lombardia e il Ministero di Grazia e Giustizia (Milano - 22 febbraio 1999) il quale al capitolo 2 - "Protezione materno-infantile" - prevedeva l'istituzione a Milano di una struttura a custodia attenuata al posto del nido interno al carcere, offrendo al bambino un ambiente più naturale e sereno. Eccone il testo:

"Per la cura e l'assistenza dei bambini, eccezionalmente tenuti dalle madri presso di sé, sia in custodia cautelare che in esecuzione pena. Il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione Lombardia, secondo le rispettive competenze, si impegnano a realizzare un asilo nido presso un istituto a custodia attenuata e comunque con caratteristiche tali da garantire la sicurezza e una equilibrata crescita del bambino.

La Regione si impegna per l'assistenza socio-sanitaria degli stessi, con particolare riguardo all' accesso ai servizi socio-educativi previsti per l'universalità della popolazione.

La Regione si impegna altresì alla formazione psicopedagogica del personale penitenziario addetto all'istituto e selezionato dall'Amministrazione.

Purtroppo la proposta è rimasta inattuata.

L'amore dietro le sbarre

Nel carcere di San Vittore, con la speranza di sensibilizzare l'opinione pubblica, i detenuti del Gruppo Audiovisivi hanno realizzato un appassionante film proprio sull'affettività in carcere, dal titolo "FINE AMORE: MAI", facendo il verso alla più temuta locuzione carceraria "Fine pena: mai". Coordinati dal noto regista Davide Ferrario, conosciuto nell'ambito di un corso di formazione professionale di montaggio cinematografico, hanno raccontato con grande ironia ed umanità le storie d'amore e di sesso dei detenuti, i loro ricordi della vita esterna, il distacco dai figli, persino i matrimoni celebrati in carcere e mai "consumati".

"Noi detenuti abbiamo messo il nostro impegno affinché gli addetti ai lavori capiscano l'ingiustizia dell'allontanamento dagli affetti, non solo per chi resta dietro le sbarre, ma anche, e molto più drammaticamente, per chi rimane all'esterno ad attendere. Con questo mediometraggio non abbiamo inteso giustificare il percorso di una persona che prende una strada "deviante"; o discutere se sia o meno utile il carcere; ma vogliamo dire che in ogni essere umano vi è la parte buona, quella alla ricerca dell'amore che incomprensibilmente viene negato."