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Le "ragioni" della bassa criminalità femminile
Nel passato la scarsa presenza di donne delinquenti era un dato di fatto che non suscitava particolare interesse: le teorie sulla delinquenza, così come le ricerche empiriche sui soggetti che hanno commesso reati, erano orientate alla spiegazione e all'analisi della sola criminalità maschile; mancava dunque una lettura di genere che ne analizzasse e interpretasse le motivazioni adeguatamente per comprenderne le differenze.
La
posizione subordinata in cui viveva la donna, la presunzione di una sua
inferiorità biologica e intellettuale, portava infatti a ritenere il
sesso femminile come naturalmente incapace di condotte autonome e responsabili.
Inoltre, i delitti di cui in prevalenza si macchiavano le donne erano quelli
strettamente legati alla loro condizione biologica, come la prostituzione,
l'infanticidio, l'aborto, o altri concepiti "a misura d'uomo", come
l'adulterio, considerato reato, in Italia, unicamente se commesso dalla moglie3.
Non meraviglia allora che l'inferiorità statistica della criminalità femminile
venisse interpretata come la conseguenza logica di alcune caratteristiche
bio-psichiche date per certe: debolezza, scarsa coscienza, incapacità di
scelta.
Nei casi rari che vedevano una donna come autrice di reato, la spiegazione era affidata alla presenza di una qualche patologia, ad una alterazione della personalità o a una tendenza "mascolina".
E con queste motivazioni veniva liquidato il dato statistico sulla netta inferiorità numerica delle donne tra gli autori di reato e tra i carcerati.
L'inizio del processo di cambiamento della condizione femminile nelle società occidentali poteva far pensare ad un cambiamento anche per quanto riguarda l'incidenza dei reati compiuti da donne. Invece questo particolare aspetto del comportamento femminile è rimasto immutato.
Tassi di arresti molto bassi, natura banale dei reati commessi, scarsissima presenza nelle prigioni: questi continuano ad essere ancora oggi i dati
della delinquenza femminile.
A questo proposito sono state presi in esame due gruppi di teorie. Al primo gruppo vi appartengono le teorie definite "classiche" le quali evidenziano nella diversità tra i due sessi la posizione di "privilegio" che le donne hanno nell'ambito della criminalità ufficiale: non ci parlano di una reale minore tendenza del sesso femminile a trasgredire, ma dei modi e dei perché non si registra che un esiguo numero di comportamenti devianti connessi alle donne.
Nel secondo gruppo di teorie invece, prevale un'immagine della criminalità femminile "in sviluppo", posticipando i tempi di una probabile parità tra i sessi anche per quanto riguarda questo tipo di comportamenti4.
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