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La stampa alternativa e i precedenti storici
Prima dell'entrata in vigore della Legge 26 Luglio 1975, che abbiamo visto nello scorso capitolo, l'informazione all'interno delle carceri era regolarmente sottoposta a censura. I giornali che venivano acquistati o portati ai detenuti durante i colloqui venivano controllati e spesso stravolti dal taglio degli articoli, riguardanti soprattutto processi in corso, disordini all'interno di qualche penitenziario o episodi di cronaca nera.
Prima della riforma del '75, come è già stato sottolineato, anche le attività ricreative o culturali all'interno delle strutture di detenzione scarseggiavano o, nella maggior parte dei casi, non venivano nemmeno organizzate.
In realtà, di "letteratura carceraria" in Italia si parla già alla fine della prima metà del 1800, in seguito alla scrittura e alla pubblicazione da parte di Silvio Pellico de "Le Mie prigioni", diario-autobiografia che racconta il periodo della sua detenzione. E' solo dopo un secolo che troviamo l'altra grande opera carceraria italiana, "I Quaderni del carcere" di Antonio Gramsci, che contengono note, appunti, riflessioni scritti durante la prigionia su quadernini che gli venivano concessi dalle autorità carcerarie.
Pellico e Gramsci sono fra i pochi che hanno potuto lasciare testimonianze scritte della loro detenzione, poiché quasi tutti i detenuti "comuni" dell'epoca sapevano nemmeno scrivere e le loro, in ogni caso, rimangono testimonianze sporadiche. Il problema dell'analfabetismo venne in qualche modo arginato dall'introduzione, intorno agli anni '70, del televisore all'interno di ogni cella.
La nascita del giornalismo carcerario, con l'organizzazione di redazioni permanenti negli istituti, è una conquista relativamente recente, possibile in seguito all'attuazione dell'Ordinamento penitenziario e grazie al nuovo clima culturale creatosi in quel periodo in Italia.
E' infatti solo in seguito alle contestazioni degli anni '60/'70, che portano alla ribalta problematiche sociali fino ad allora poco affrontate da politica e opinione pubblica, che all'interno delle carceri si inizia parlare di corsi di giornalismo o di riviste carcerarie. I detenuti incominciano ad essere coinvolti in attività che permettano loro di trascorrere fuori dalle celle almeno qualche ora delle loro interminabili giornate.
In realtà, ma è un caso assolutamente isolato, il primo giornale italiano scritto da detenuti inizia ad essere redatto all'interno della casa di reclusione di Porto Azzurro, all'Isola d'Elba, nel 1951.
Il vero boom delle pubblicazioni carcerarie risale agli anni '80 e '90. Fra i periodici più "anziani" ricordiamo il fiorentino "Noi e gli altri", uscito per tre soli anni, dal 1975 al 1977 e "Oria d'aria", redatto dal carcere romano di Rebibbia, che ha interrotto la pubblicazione dal 1994.
Per i giornali carcerari, spesso, la sopravvivenza si rivela molto difficile: oltre a dover affrontare la mancanza di fondi dedicati alle attività ricreative, le redazioni devono anche fare i conti con l'estrema mobilità e precarietà dei detenuti, che possono essere trasferiti, per necessità logistiche o giudiziarie, da un istituto all'altro con pochissimo preavviso.
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