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La criminalità femminile come disuguaglianza: le teorie attuali




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La criminalità femminile come disuguaglianza: le teorie attuali


Le teorie più attuali e innovative vanno di pari passo con il cambiamento, rapido e intenso della condizione femminile e sono rivolte soprattutto ad individuare il motivo che rende le donne in misura così cospicua meno criminali dei maschi. La criminalità femminile viene qui considerata nel suo sviluppo probabile, in concomitanza con i cambiamenti della condizione femminile nelle società occidentali. Si danno spiegazioni che hanno posto l'accento sull'emancipazione, sulla differenziazione dei ruoli, sulle opportunità: cioè su situazioni strettamente legate alla posizione della donna nella società.

Tra le principali teorie moderne, un posto di rilievo spetta alla sociologa statunitense Freda Adler 7.

Secondo la Adler vi è una interazione tra emancipazione femminile e criminalità femminile. Infatti, se da sempre il maschio è il "protagonista" del crimine, e se anche in quest'aspetto della vita le donne sono cittadini di seconda classe, è per l'ineguaglianza di condizioni in una società che vede il potere egemonizzato dal sesso maschile. Da questo punto di vista, il successo dei movimenti di liberazione delle donne porterà ad un incremento nei tassi di criminalità femminile.

Sintetizzandone il pensiero, "l'incremento della criminalità femminile andrà di pari passo con il processo di 'mascolinizzazione' delle donne".

L'aspetto più interessante di questa teoria, secondo Simonetta Bisi, sta nell'aver distinto il ruolo scaturito dalla posizione sociale acquisita, dal "ruolo di genere" che è dovuto all'assunzione di uno specifico femminile; quindi il vero nucleo della teoria sta in questa distinzione: indipendentemente dal grado di realizzazione sociale raggiunto dalle donne, sono in primo luogo i ruoli tradizionali di genere, trasmessi e supportati dal sistema culturale, che determinano le differenze di comportamento tra i due sessi. È quindi da imputare ai ruoli tradizionali assunti dalle donne il basso tasso di criminalità femminile. Dove invece non viene condivisa la Adler è nelle conseguenze che essa ne trae. Quando le donne si saranno liberate dai ruoli sociali tradizionali e avranno assunto quelli tradizionalmente maschili, afferma la Adler, tenderanno a comportarsi come si comportano i maschi, diventando più aggressive, intraprendenti e determinate. Le donne che manterranno la loro fedeltà ai ruoli tradizionali, continueranno a non commettere crimini, mentre quelle "mascolinizzate" tenderanno a comportarsi in modo simile ai maschi.

Quindi per la donna non c'è scelta: o segue i ruoli di madre e di moglie, o diventa un replicante del maschio.

La Adler sembra accettare, anzi auspicare, un modello unico di comportamento, quasi che il percorso femminile verso l'emancipazione sia obbligatoriamente condizionato a muoversi su un binario già tracciato dai modelli comportamentali e caratteriali dei maschi. Nessuna altra chance sembra venga presa in considerazione, escludendo la possibilità di una emancipazione come ricerca autonoma e originale da parte del mondo femminile.

Fino ad oggi, però, non ci sono sostegni empirici alla tesi della Adler. Ma questa non sarebbe un'obiezione fondante: essendo l'aumento della criminalità femminile un dato "atteso", si potrebbe semplicemente dire che le donne non hanno ancora assunto ruoli tradizionalmente maschili.8

Tra le altre teorie basate sul genere, è interessante la "teoria del controllo del potere" di Hagan9 e dei suoi collaboratori che delinea una nuova prospettiva sulla criminalità e sulla devianza che trova la sua base nella stratificazione sessuale del controllo sociale, e nella disuguale distribuzione delle relazioni di potere. L'assunto fondamentale è il seguente: il controllo sociale formale  (leggi e loro applicazioni) è inversamente correlato con il controllo sociale informale (attività della famiglia e del gruppo di parentela): tanto più forte è il primo, tanto meno lo sarà il secondo. Quindi, più gli individui sono sottoposti a controllo formale, tanto più saranno soggetti alle leggi, come d'altra parte si è storicamente verificato: con lo sviluppo dei mercati e del capitalismo, il controllo informale dei gruppi di parentela ha ceduto spazio al controllo formale dello stato. Ma sono stati soprattutto i maschi ad essere soggetti al controllo formale, e quindi ad essere più esposti non solo al rischio di commettere un reato, ma a quello di incorrere nelle sanzioni determinate dal controllo formale. Il riferimento è alle relazioni familiari e alle relazioni di potere: le prime determinano le esperienze di genere, le seconde differiscono secondo la classe sociale di appartenenza. 

Ma, afferma Hagan, a relazioni di potere differenti corrispondono relazioni familiari differenti, quindi i modelli di socializzazione dei figli variano in base alla classe sociale di appartenenza, e influenzano i ruoli futuri e la predisposizione al rischio in funzione del genere. Quindi, è la struttura di classe della famiglia che modella la riproduzione sociale delle relazioni di genere, e a sua volta la distribuzione sociale della delinquenza. E siccome le famiglie delle classi inferiori mantengono una struttura patriarcale, le ragazze sono soggette ad un alto grado di controllo e non possono usufruire della libertà che in queste stesse famiglie è data ai figli maschi. Quindi, più la famiglia è patriarcale, più verranno tenute lontane le ragazze prima, le donne poi, dalla strada del crimine.

Ma non tutte le famiglie sono così, e c'è una tendenza al progressivo aumento di modelli educativi ugualitari, che renderanno sempre più simili i comportamenti di ragazzi e ragazze, modificando la riproduzione sociale delle differenze di genere anche al di fuori della famiglia.

Con la diminuzione delle famiglie patriarcali e con l'aumento del numero di donne inserite nel mondo del lavoro, anche Hagan si attende quindi una crescita della criminalità femminile, confermando, in modo più articolato, la tesi della correlazione tra emancipazione e criminalità.

L'attenta analisi di Hagan, secondo Simonette Bisi, è corretta, in quanto offre spiegazioni condivisibili; però la critica in quanto dilata il peso delle dinamiche di genere all'interno delle famiglie. In particolare, le sembra eccessivo il valore attribuito al controllo familiare sulle figlie femmine: in un'epoca in cui il ruolo di sorveglianza e supervisione della famiglia viene messo in discussione, appare come una forzatura parlare di figlie che accettano, senza reagire, limitazioni della loro libertà e perpetuano passivamente il modello delle loro madri.10

Questo gruppo di teorie hanno in comune un postulato: se la donna delinque meno del maschio è soltanto per la sua posizione di inferiorità sociale.

Dobbiamo quindi aspettarci un costante aumento della criminalità femminile con il mutamento dei rapporti di potere e delle disuguaglianze, con il progredire dell'emancipazione della donna e del suo inserimento nella società. E quando l'uguaglianza sarà non solo giuridica ma effettiva, ogni differenza scomparirà.

E se scompariranno le differenze, anche la criminalità femminile uguaglierà quella maschile?





Citata in Bisi S., Criminalità femminile e differenza di genere, op. cit.

Bisi S., Criminalità femminile e differenza di genere, op. cit.

Citato in Bisi S., Criminalità femminile e differenza di genere, op. cit.


Bisi S., Criminalità femminile e differenza di genere, op. cit

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