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Gli interventi possibili a sostegno delle madri detenute
Sia l'inadeguatezza degli asili nido all'interno del carcere, sia l'inapplicabilità della legge sulle "Misure alternative alla detenzione e tutela del rapporto detenuti e figli minori", hanno disposto la necessità di un sistema di risposte più adeguate proveniente da iniziative poste in essere dai singoli istituti penitenziari.
Esistono in Italia diversi gruppi ed associazioni che da anni si occupano del problema delle madri con figli dentro ma anche fuori dal carcere, per cercare di dar loro un sostegno e aiutare i bambini ad avere una vita serena nonostante le difficoltà che l'ambiente carcerario comporta o che il distacco dalla figura materna ha creato.
Un'iniziativa che merita di essere segnalata in Italia e che contribuisce a favorire lo sviluppo del bambino in carcere è quella posta in essere dall'Associazione "Telefono Azzurro" e denominata "Infanzia in carcere";36
questo progetto prevede due principali iniziative: un asilo nido all'interno del penitenziario, adatto per offrire al bambino positive esperienze relazionali anche grazie alla presenza di personale volontario, il quale, attraverso il gioco, ne sollecita l'attenzione in modo positivo e attivo37. La seconda parte del progetto prevede la creazione di una ludoteca allestita in modo da rappresentare un positivo accoglimento temporale dell'attesa dei bambini per il colloquio con i genitori; il gioco qui rappresenta uno strumento di comunicazione tra bambini e adulti.
Oltre a queste iniziative ideate per i bambini che vivono i carcere, di fondamentale importanza sono anche quelle create per dare la possibilità alle madri detenute di poter usufruire delle alternative alla detenzione.
In diverse città esistono o sono in progetto delle case famiglia, ovvero delle strutture residenziali di tipo familiare per le detenute e i loro bambini, che consentono alle detenute che possono usufruire di misure alternative alla detenzione, di uscire dal carcere e vivere con i loro figli in un ambiente protetto ed adeguato. Il controllo relativo all'esecuzione delle misure alternative è garantito dall'Amministrazione Penitenziaria, mentre la struttura, il finanziamento e la gestione operativa sono assicurati dal Comune. Le potenzialità di queste strutture non si esauriscono nella dimensione alloggiativa. Gli obiettivi della casa famiglia, infatti, sono: aiutare la donna a ricostruire un percorso di autonomia individuale, attivare occasioni e risorse che facilitino la formazione e l'inserimento sociale e lavorativo e, soprattutto, sostenerla nel recupero dei legami affettivi e familiari e nel rapporto con il figlio.
Pertanto, la gestione della casa deve essere affidata a personale professionalmente esperto e con una forte motivazione individuale. Come l'intervento, anche gli spazi e gli arredi della casa famiglia devono essere pensati e realizzati per accogliere mamme con bambini, garantendo sia la necessaria privacy che adeguati spazi per il gioco e per la socializzazione, sia interni che esterni alla struttura.
Si è conclusa questa tesi con l'analisi del carcere di Roma, Milano, Venezia e Pisa per andare a vedere quali sono stati in concreto gli interventi attuati.
Il carcere di Rebibbia (Roma)
A Roma si è affrontato concretamente il problema delle madri detenute con figli che, uscite dal carcere, non hanno un posto dove andare. La legge Finocchiaro, infatti, sembra non aver preso in considerazione il fatto che le madri detenute che sono nelle condizioni di poter usufruire della detenzione domiciliare speciale, nella maggior parte dei casi non hanno una famiglia pronta ad accoglierle né tanto meno una casa in cui poter vivere con i loro figli. È stata creata qualche anno fa una struttura che risolve, anche se solo per poche donne, questo problema: è una casa di accoglienza (una casa famiglia) creata a Roma nel territorio della V circoscrizione (Via Nomentana), nata proprio per venire incontro a questo bisogno. Sono a disposizione, all'interno della casa, alcuni posti per area della detenzione e altri per donne non carcerate che si trovano in particolari situazioni di bisogno. La casa è stata istituita dal Comune di Roma su proposta della V circoscrizione e con i fondi offerti dalla Commissione delle Elette al Consiglio Comunale. Inizialmente ha funzionato solo per l'accoglienza diurna e solo in un secondo momento si è aggiunto il pernottamento delle detenute. Tale struttura- che è ubicata nell'ambito di un centro polivalente - accoglie detenute in permesso semestrale e si occupa dell'inserimento nel territorio circostante dei loro bambini; inoltre, può essere un punto d'appoggio anche per le donne in permesso premio che non sanno dove andare o non possono tornare nelle loro abitazioni.
Fino ad ora sono state accolte solo donne in permesso premio, mentre è difficile che la Direzione femminile del carcere vi mandi detenute in attesa di giudizio perché questo esigerebbe una sorta di presidio di polizia intorno allo stabile, mentre l'obiettivo è quello di non farne una succursale del carcere, ma una realtà diversa. La Direzione femminile del carcere invia alla casa le detenute che sono state giudicate e che usufruiscono di una misura alternativa; le donne vengono ospitate con i loro figli anche se hanno superato il terzo anno di vita.
Un'iniziativa, per rendere la detenzione "obbligatoria" dei bambini meno traumatica, è quella attuata dall'Associazione di volontariato 'A Roma Insieme" i cui associati, una o due volte a settimana, portano in uscita esterna i figli delle detenute ricoverati presso il nido penitenziario interno.
Tale iniziativa è stata così spiegata da Leda Colombini, presidente dell'associazione ".ogni sabato e domenica vado a Rebibbia dove ad attendermi vi è un agguerrito esercito di massimo "treenni", pronto ad assaltare un compiacente autobus messo a disposizione del V Municipio del comune di Roma. La meta del viaggio cambia di settimana in settimana: se c'è il sole si va al parco, se piove niente di meglio di una visita ai grandi magazzini dove i bambini sembrano divertirsi sempre molto. Ma indipendentemente dalla meta ciò che conta è uscire, vedere, annusare; tutti hanno il naso appiccicato al finestrino, guardano ogni cosa, sono affascinati dalle "moto rosse" e dai "bus blu"."38
Il carcere di San Vittore (Milano)
Anche a Milano era stata prevista una struttura simile alla casa di accoglienza funzionante a Roma, e invece ci sono sei bambini rinchiusi loro malgrado nel carcere di San Vittore, che avrebbero potuto vivere con le loro mamme detenute in una nuova casa tutta per loro e che si devono accontentare di un grande stanzone blindato con giochi donati dai privati, le sbarre del carcere che fanno ombra dalle finestre e una cucina per farli sentire in famiglia.
Il Comune di Milano aveva promesso, e già finanziato, la ristrutturazione di un ex asilo in Via Zama per accogliere le mamme carcerate con i figli minori fino a tre anni. Ma all'improvviso i 1,5 milioni di euro circa previsti per le opere di riqualificazione dell'edificio sono stati accantonati.
Un'Associazione che opera a Milano e che merita di essere menzionata è "Bambini senza sbarre", la quale si occupa del rapporto tra genitori e figli da circa 5 anni.40 Il lavoro di 'Bambini senza sbarre' è un lavoro di mediazione con l'esterno: parte dal genitore detenuto per allargare il proprio intervento all'esterno ai soggetti coinvolti (famiglia, scuola, servizi) avendo al centro l'interesse del bambino, del figlio.
L'intervento si sviluppa attraverso l'individuazione di un percorso di accompagnamento del figlio e del genitore nella loro esperienza di separazione e di necessità di mantenimento della relazione. In questo percorso, scelto ed individuato insieme al genitore detenuto, viene dato ampio spazio al lavoro di sostegno del genitore e del bambino prima e dopo il colloquio, momento centrale per il mantenimento della relazione.
Sono inoltre previsti gruppi d'incontro periodici con i genitori, concepiti come momenti di riflessione, di sensibilizzazione e di sostegno nel mantenimento del ruolo genitoriale e della relazione con i figli. A tali incontri partecipano i volontari dell'associazione ed anche medici, avvocati, giudici, rappresentanti istituzionali e psicanalisti il cui contributo, nell'ambito del lavoro svolto dall'associazione, è molto utile.
Per le madri detenute, in particolare, la direzione di San Vittore si è resa disponibile ad agevolare gli incontri domenicali con i figli con modalità e spazi più idonei: i bambini non devono fare le estenuanti ore di attesa in uno spazio affollato e inadeguato; possono utilizzare giochi, consumare una merenda, socializzare tra loro e creare dei legami di amicizia che permettano di vivere il colloquio e, anche di vivere l'attesa di quel momento durante la settimana, in uno stato d'animo meno ansioso e difficile.
Il carcere della Giudecca (Venezia)
Il nido presente nell'istituto penitenziario di Venezia è una dei pochi strutturato abbastanza bene : 'C'è una grande sala - spiega Giuliana, una delle madri detenute che offre la sua testimonianza - dove i bambini 'potrebbero' giocare e la cucina dove le mamme cucinano i pasti per loro'.41 La sezione nido di Venezia però non funziona come probabilmente era stato previsto quando è nata: è un reparto in cui dovrebbero alloggiare solo le mamme con i bambini, ma a causa del sovraffollamento e della struttura edilizia dell'istituto, nel 'nido' vengono effettuati pure gli isolamenti giudiziari, quelli punitivi e sanitari. Nel 1998, in occasione della Festa della donna, si è tenuta all'interno della Casa di reclusione della Giudecca un'assemblea delle detenute alla presenza del ministro Fassino42.
Sono state molte le richieste fatte dalle detenute per vivere in modo meno traumatico la separazione dai figli: la possibilità di incontrare i loro bambini in colloqui domenicali di tre ore, preparando loro il pranzo e poi mangiarlo insieme, per ricostruire in qualche modo un clima più sereno e più simile a una giornata in famiglia; uno sportello per le famiglie, che sia un valido sostegno per i famigliari dei detenuti, di solito totalmente abbandonati a se stessi; la presenza dei mediatori culturali per le donne straniere, che spesso, al trauma dell'arresto in un paese 'ostile', devono aggiungere quello di non avere nessuno che le aiuti ad occuparsi, anche dal carcere, dei propri figli; la disponibilità di posti in case di accoglienza per le donne, che potrebbero usufruire di misure alternative e non hanno un luogo in cui andare a vivere.
All'incontro le autorità si sono assunte impegni precisi per sviluppare il lavoro per detenute in semilibertà, in affidamento o a fine pena, indispensabile per il reinserimento nella società.
Oggi un primo risultato si è ottenuto con l'apertura di una casa di accoglienza della Caritas, la casa di accoglienza Giovanni XXIII, per le semilibere o le detenute in permesso straordinario durante la detenzione.
La casa di accoglienza risolve un problema importantissimo, quello di avere un ristoro, necessario soprattutto durante le fredde giornate invernali o quelle afose d'estate, durante i permessi da trascorrere in città, con l'assistenza delle suore. Inoltre, questa casa di accoglienza è un punto d'appoggio anche per le famiglie, italiane o straniere (che vivono dunque lontano dal carcere) delle detenute, quando vengono in visita per i colloqui; l'importanza di tale struttura si comprende da una testimonianza rilasciata da una detenuta straniera "Il momento più importante per me è stato l'apertura, annunciata ufficialmente dal Patriarca Marco Cè, della Casa di Accoglienza Giovanni XXIII, che riserva degli spazi alle donne detenute che necessitano di una struttura protetta per poter usufruire di permessi premio, ed è in grado anche di ospitare le famiglie delle ristrette, specialmente straniere, che vengono da lontano a colloquio. Dopo l'apertura della Casa, gestita dalla Caritas, e grazie alla disponibilità del volontariato che opera in carcere, sono riuscita finalmente ad incontrare i miei tre figli e mia madre"
Il carcere Don Bosco (Pisa)
Nel carcere Don Bosco di Pisa, a differenza degli altri istituti penitenziari analizzati, non vi è un asilo nido. Dall'intervista che ho effettuato ad una educatrice, si evidenziano le carenze di tale istituto qualora a scontare una pena sia una detenute madre.
Di norma, le detenute madri vengo trasferite al carcere di Firenze, in cui è presente un asilo nido; tuttavia talvolta ciò non accade e questo soprattutto per evitare di sradicare il bambino dal proprio ambiente.
Negli ultimi anni sono stati "ospitati" quattro bambini, anche se, come si nota dalle parole dell'educatrice, si cerca di evitare tale soluzione, al fine di tutelare sia la madre che il proprio figlio: "20 anni fa c'è stato il caso di una bambina che è stata 3 anni in carcere insieme alla madre in quanto era nata in carcere e la madre era stata condannata per omicidio. (.) visse praticamente tre anni in carcere. In seguito noi abbiamo cercato di evitare questa soluzione e in un caso successivo della donna omicida con due bambine sotto i tre anni, abbiamo attivato i servizi affinché le bambine potessero andare all'asilo nido rientrando in carcere alle 16.30; per cui passavano tutta la mattina e parte del pomeriggio all'asilo quindi con altri bambini e in situazione di libertà. L'ultimo caso è quello di un anno fa di una detenuta-madre tossicodipendente. All'inizio l'idea della direzione era quella, solitamente adottata, di mandare la donna a Firenze.
Tale decisione non è stata attuata (.) per la bambina sarebbe stato svantaggioso e traumatico il trasferimento in quanto viveva a Pisa ed era già inserita nell'asilo nido del territorio. Quest'ultimo caso è comunque stato un' eccezione."
Un' altra struttura che manca all'interno del Bosco è la stanza giochi, la quale sarebbe necessaria anche per i colloqui che le detenute hanno con i propri figli che vivono all'esterno. Nonostante ciò, gli operatori hanno cercato, in qualche modo di risolvere la situazione "Ci manca una stanza giochi; ciononostante siamo in una situazione avvantaggiata, in quanto avendo un centro clinico, la donna con il bambino viene messa in questa sezione, separata dal resto del carcere, in una stanza molto grande e spaziosa. Questo tutela in qualche modo i minori e un po' meno la donna in quanto rimane isolata e non può vivere la detenzione insieme alle altre donne.
Nasce dal Gruppo Carcere Mario Cuminetti presente in carcere, con attività culturali e la gestione delle biblioteche, dal 1985.
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